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Palestina: l’ipocrisia senza limiti dell’occidente non farà che acuire il conflitto

Non sempre il male è inteso da tutti alla stessa maniera. Capirlo è fondamentale per arrivare alla pace. Un esempio ci arriva da un evento storico fiorentino.

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Israele - Palestina Israele - Palestina © OKM
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Siamo tutti d’accordo nel sostenere che l’azione terroristica di Hamas va fermamente condannata, e i governanti di Israele hanno avuto il plauso di tutto l’occidente quando hanno dichiarato che i terroristi della mattanza avvenuta il 7 ottobre scorso la pagheranno cara. Il terrorismo non ha, e non avrà mai, alcun tipo di legittimità, qualunque sia la sua difesa. La controffensiva israeliana - per ora solo via aerea - è stata fulminea, e l’esercito ha già fatto fuori alcuni dei molti organizzatori e protagonisti dell’attacco. A perdere la vita Osama Mazini, capo del Consiglio della Shura di Hamas, che avrebbe diretto e coordinato la missione. A essere colpiti anche punti strategici dell’organizzazione: quartier generali, depositi di armi e una banca.

Tuttavia è impossibile non notare che da noi, in occidente, la narrazione dell’attacco partito dalla Striscia di Gaza prenda una sola direzione, che comprende frasi e discorsi di condanna nei confronti di Hamas e di vicinanza al popolo israeliano. Tale, comprensibile atteggiamento, non è erroneo, bensì limitante sia per quanto riguarda la mera ragionevolezza che per la risoluzione del conflitto. Le ragioni di ciò sono da ricercare nel fatto che entrambe le parti in guerra sono convinte di essere nel giusto, e che i portatori del male si trovano quindi rispettivamente dall’altra parte del muro che divide in due il territorio conteso.

Il vezzo dell’occidente è che si ferma al fatto compiuto, senza indagarne i precedenti e il contesto. Jung affermava che i disturbi mentali si manifestano soprattutto entro ambienti insani. Il mondo ha un’anima, come ciascuno di noi, e può manifestare sintomi patologici. Chi professa e attua il terrorismo viene influenzato dal luogo che abita, dai maestri e dalle letture che lo hanno formato, dalla propaganda a cui non può sottrarsi. La storia insegna che i regimi totalitari si sviluppano e trovano consenso in territori dove vige l’ingiustizia, il disordine, la povertà, la mancanza di un senso profondo per il quale vivere. Non a caso, il nazionalsocialismo nacque dopo la Prima guerra mondiale in una Germania alle prese con lo scontento generale della popolazione per via delle gravose condizioni imposte dal trattato di Versailles, stipulato nel 1919. La tragedia del secondo conflitto mondiale ha inizio nella rabbia dei cittadini tedeschi.

Hamas è un’organizzazione politica e paramilitare che fu fondata nel 1987 a Gaza, la principale città della Striscia di Gaza e la più popolosa della Palestina. Nulla può giustificare il suo antisemitismo e la sua volontà a risolvere il conflitto con Israele tramite la Jihad, ovvero la guerra santa contro gli infedeli. Ma Hamas ha messo le radici in un enclave delimitato da alti muri e sorvegliato ventiquattr’ore su ventiquattro da Israele, che ne controlla le merci di entrata e di uscita - il così detto blocco israeliano -. A Gaza tutto dipende da Israele, persino la corrente elettrica, infatti il governo di Netanyahu nei giorni scorsi ne ha emesso il blocco totale. Immaginiamo per un attimo quanto grande possa essere il disagio provocato dalla mancanza di energia elettrica in un territorio abitato da più di due milioni di persone.

Per la maggioranza degli abitanti della Striscia di Gaza - che col tempo si sono radicalizzati, così come la popolazione israeliana, sempre più tendente verso l’estrema destra - il cattivo nella loro storia di lacrime e sangue è Israele, colpevole di fondare nuove colonie in territori che non gli appartengono, di violenze indicibili da parte del suo esercito, di far vivere i palestinesi in un regime di apartheid. Qualcuno può obiettare che agli ebrei dopo la shoah andava consegnata la terra da cui furono cacciati secoli e secoli fa, che le violenze storicamente sono state provocate dagli arabi, che Israele è circondata da paesi che non vedono l’ora di farla a pezzi e che quindi il suo pugno di ferro è motivato. Ma queste sono parole futili che ci riportano al punto di partenza. Le ragioni di Israele - onnipresenti in tutti i programmi italiani odierni che trattano di politica - non cambieranno la visione dei palestinesi. Per gli abitanti di Gaza, Israele è come la Germania di Hitler per gli Alleati: una potenza da sconfiggere in quanto diabolica, e sono disposti a farlo anche a costo di unirsi a un’organizzazione terroristica come Hamas. Il particolare che ci sfugge quindi è che per molti palestinesi ogni mossa è valida, anche la più turpe, pur di conquistare il loro diritto alla libertà.

L’occidente non ha mai colpito civili?  E gli abitanti di Hiroshima e Nagasaki cos’erano? E quelli di Dresda? E della Serbia nel 1999? In nome del bene abbiamo compiuto noi stessi atrocità che oggi condanniamo, perciò sarebbe anche l’ora di finirla con questa imperante ipocrisia che insiste nel farci sembrare gli unici buoni in un mondo di demoni. I missili lanciati da Israele in questi giorni e piombati sulla Striscia di Gaza hanno causato quasi tremila vittime e migliaia di feriti. Come Israele considera questi suoi attacchi legittima difesa, lo stesso fanno i palestinesi nei confronti di quello compiuto da Hamas.

Smetterla di pensare in termini di buono/cattivo è un passaggio necessario per comprendere le ragioni dell’una e dell’altra parte, arrivando a intavolare una pace che sia duratura, e non una semplice quiete prima della tempesta. Ma se per noi occidentali i cattivi continueranno a essere unicamente i membri di Hamas - che, ribadiamo, hanno compiuto un’azione immonda -, allora avremo violenze buone e violenze cattive, cittadini di serie a e cittadini di serie b, un territorio abitato da individui malvagi e uno abitato da individui buoni. Se la Striscia di Gaza è alla stregua della Germania del 1940, allora le bombe e i carri armati sono l’unica risoluzione possibile, ma sappiamo non essere così in quanto Israele non è esente da gravi colpe, denunciate non soltanto dai palestinesi, ma da innumerevoli giornalisti, intellettuali, ministri, presidenti, organizzazioni non governative come Amnesty International.

Il male compiuto da personaggi come Hitler è radicale. Non ci può essere alcun dialogo con loro, e la violenza è l’unica soluzione possibile. Riprendendo per un attimo il tema psicologia, sono come le malattie mentali genetiche, a cui la psicoterapia serve ben poco e bisogna ricorrere necessariamente ai farmaci. Hitler non aveva alcuna ragione per invadere, e sottomettere al suo regime, territori indipendenti europei; non aveva alcuna ragione per ridurre in schiavitù e trucidare milioni di ebrei, handicappati, omosessuali, dissidenti politici, rom; non aveva alcuna ragione per far scoppiare una guerra che aveva come fine la dominazione del mondo.
Nella questione tra Israele e Palestina invece le ragioni si mescolano ai torti e viceversa, e quando si pensa di aver individuato i carnefici e le vittime, un attimo dopo ci accorgiamo di avere sbagliato. Un evento come quello del 7 ottobre, per quanto brutale sia, verrà sommato a un’infinità di eventi brutali passati e fasi storiche complesse, e non è sufficiente per l’identificazione definitiva dell’orco cattivo.

Bisogna perciò cercare il dialogo, fare mea culpa, comprendere le ragioni dell’altro lasciando sfumare la dicotomia buoni/cattivi. Un grande personaggio fiorentino dell’età moderna riuscì in questo intento. Sto parlando di Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze appartenente alla famiglia dei Medici. Il papa dell’epoca, Sisto IV della Rovere, desiderava creare un più potente stato pontificio, e tra le sue mire c’era anche Firenze. Avvenne quindi la così detta congiura dei Pazzi, famiglia vicina al papa, che culminò il 26 aprile 1478 con il tentato assassinio di Lorenzo e di suo fratello Giuliano. Nello scontro quest’ultimo morì, mentre Lorenzo si salvò. Le truppe di Sisto IV assaltarono la città, prendendone il controllo.
Il Magnifico, da grande stratega politico quale era, non cercò nuove alleanze per ricacciare indietro il papa, rischiando oltretutto un’ulteriore sconfitta, ma si recò dal re di Napoli, Ferrante, che aiutò il papa nella conquista di Firenze. Lorenzo venne ospitato nella sua dimora per tre mesi, e alla fine accolse le sue richieste di pace. Si racconta che le trattative durarono a lungo e che furono impegnative, ma alla fine la spuntò e i fiorentini lo accolsero come salvatore della patria.

Il Magnifico si recò dal suo nemico con lo scopo di trattare, un comportamento che, come vediamo anche nella guerra tra Russia e Ucraina, sta diventando sempre più raro. In passato Israele e Palestina hanno indetto accordi che col tempo si sono rivelati inefficaci. Che fare allora? La soluzione è rimettersi attorno a un tavolo nuovamente, come fece il Magnifico durante quei tre mesi di permanenza a casa del nemico, e evitare così spargimenti di sangue. E se per trovare un accordo Israele deve rinunciare a qualcosa, che lo faccia: è preferibile a piangere vittime innocenti.

Autore: Paolo Maurizio Insolia

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