I single pagano una "tassa" nascosta: a cosa si riferisce - okmugello.it © N .c.
Essere single è spesso una scelta di libertà, ma in Italia si rivela un lusso difficile da sostenere: tra affitto, bollette e spese quotidiane, vivere da soli nel 2025 può costare fino a 1.972 euro al mese
Nel 2025 sono quasi 9 milioni gli italiani che vivono da soli. Secondo gli ultimi dati ISTAT, il numero è cresciuto del 35% rispetto al 2021, segnando un cambiamento culturale che racconta tanto la società quanto l’economia del nostro Paese. In oltre quattro casi su dieci, si tratta di persone che hanno scelto volontariamente l’indipendenza abitativa. Gli altri sono vedovi o divorziati, spesso sotto i 35 anni. Una generazione che non solo posticipa il matrimonio, ma che si confronta con un mercato che penalizza le scelte individuali.
Perché sì, vivere da soli costa molto di più. Anche se può sembrare paradossale, il single spende più della coppia, perché non condivide nulla: non l’affitto, non le bollette, non la spesa. E il conto finale può superare i 560 euro al mese di differenza. Una cifra che pesa in modo significativo su stipendi che, per molti giovani e adulti soli, restano spesso al limite della sopravvivenza.
Quanto costa davvero vivere da soli nel 2025
Le ultime stime ufficiali parlano chiaro: chi vive da solo in Italia affronta spese medie mensili di 1.972 euro, cifra che comprende affitto o mutuo, utenze, spesa alimentare, trasporti e altri costi ricorrenti. L’incidenza più alta riguarda ovviamente la casa: in una città medio-piccola si spendono 500-600 euro al mese, mentre nelle grandi metropoli si supera facilmente quota 1.000.

A questi importi si aggiungono le utenze, con una media di circa 150 euro mensili per luce, gas e acqua, cui vanno sommate Tari, Internet, abbonamenti vari e trasporti (altri 30-40 euro). La spesa alimentare, secondo Coldiretti, costa 337 euro al mese per un single, contro i circa 220 euro a persona in un nucleo di tre componenti. Un divario che si spiega anche con la mancanza di formati adatti ai consumi individuali, spesso più costosi a parità di quantità.
Il problema non riguarda solo i beni materiali: anche il tempo incide. Chi vive da solo ha meno occasioni per cucinare, compra spesso prodotti pronti, paga di più per ogni acquisto. Anche l’acquisto di una casa resta complicato: i monolocali e bilocali nelle città sono più cari al metro quadro e più ricercati, alzando ancora di più il costo per chi è senza coinquilino.
Stipendi minimi, bonus possibili e perché in Italia non è un Paese per single
Con tutte le spese calcolate, vivere dignitosamente da soli nel 2025 richiede almeno 1.600-1.800 euro netti al mese. Considerando affitto, bollette, spesa, trasporti e una piccola quota per emergenze o risparmi, lo stipendio minimo sostenibile non può scendere sotto quella soglia. Eppure, la retribuzione media in Italia resta al di sotto di questa cifra per una larga fetta di lavoratori, specie tra i giovani.
Esistono dei bonus che i single possono richiedere, ma la maggior parte delle agevolazioni statali è pensata per le famiglie numerose o per chi ha figli a carico. Le possibilità concrete per chi vive solo sono poche, anche se qualcosa si muove: bonus ristrutturazione, detrazione affitti per under 31, bonus bollette con ISEE inferiore a 9.530 euro annui, e in alcuni casi sconti sulla Tari o voucher per il supporto psicologico. Chi ha perso il lavoro può accedere a misure come l’Assegno di Inclusione o l’indennità di disoccupazione, ma si tratta di soluzioni transitorie.
Il vero problema è sistemico. Gli stipendi stagnano, il costo della vita cresce, gli affitti si impennano e il mercato immobiliare ignora le esigenze dei single. Anche nei supermercati, mancano spesso prodotti adatti a chi vive da solo: si è costretti a comprare confezioni grandi, a buttare ciò che avanza, a spendere di più. Tutto costa di più. E dividere le spese con qualcuno – amico, partner o coinquilino – rimane la strategia più efficace per sopravvivere.
La conseguenza è chiara: i giovani restano a casa più a lungo, spesso oltre i 30 anni, in attesa di un contratto stabile, di una sicurezza minima, di un affitto accessibile. L’Italia è tra i Paesi europei con l’età media di uscita più alta dalla famiglia d’origine.


