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Gli stracci di Salvatore Vinci: il mistero chiarito dalle analisi scientifiche. Nella serie tv Netflix sbaglia ancora

Le perizie scientifiche smentiscono le ipotesi sull’incontro tra quegli stracci e i delitti del Mostro di Firenze: nessuna compatibilità con armi o vittime

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gli stracci di Vinci gli stracci di Vinci © OKMugello
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di Paolo Cochi: Il ritrovamento di alcuni stracci macchiati di sangue e residui sospetti nella casa di Salvatore Vinci sembrò aprire una pista clamorosa sul “Mostro di Firenze”. Ma le successive analisi balistiche ed ematologiche hanno fatto chiarezza: quegli stracci non avevano nulla a che fare con i delitti. Poco dopo il duplice omicidio di Vicchio, nel 1984, gli investigatori rinvennero, all’interno di un armadio nella camera da letto di Salvatore Vinci, una borsa di paglia nascosta sotto alcune coperte. Al suo interno, tre stracci di tela: due decorati con fiorellini e uno bianco, macchiato da aloni grigio-giallastri e da chiazze di colore rosso cupo. 

Su disposizione del giudice istruttore Mario Rotella, gli oggetti vennero sequestrati e sottoposti a una perizia chimico-ematologica e merceologica. Quello che inizialmente sembrava un dettaglio marginale, si trasformò presto in un possibile indizio contro Vinci, già noto alle cronache per i suoi legami con ambienti sospetti. 

Le prime analisi: residui compatibili con spari

La prima perizia, redatta il 23 ottobre 1985 da un’équipe di specialisti romani e del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche, accertò la presenza sul tessuto di tracce di carboniobarioantimonio e piombo — i tre elementi tipici dei residui di sparo. Il test di Lunge, utilizzato per rilevare nitrati da inneschi di cartucce, diede esito positivo, confermando che lo straccio era stato a contatto con un’arma da fuoco. Secondo il perito balistico Andrea Allemandi, lo straccio avrebbe probabilmente “custodito un’arma che aveva esploso cartucce con antimonio nella miscela d’innesco”. 

Tuttavia, proprio l’antimonio divenne il punto chiave per escludere un collegamento diretto con le armi del “Mostro di Firenze”. Infatti, le cartucce Winchester serie H, utilizzate negli omicidi, non contengono antimonio.

Le macchie di sangue: prove decisive

Le analisi successive, affidate a vari esperti tra il 1985 e il 1987, si concentrarono sulle macchie rosso cupo presenti sul tessuto. 
Il dottor Marini rilevò la presenza di sangue umano di gruppo 0, mentre la dottoressa Matilde Angelini Rota, specialista in medicina legale, individuò due gruppi differenti: 0 Rh+ e B. Tali risultati non coincidevano con il sangue delle vittime di Vicchio né con quello dei due turisti tedeschi uccisi nel 1983. L’ultima perizia, datata dicembre 1987, confermò la presenza di solo sangue umano di gruppo B, non compatibile con nessuna delle vittime note.

Le conclusioni: nessun legame con i delitti

Combinando i risultati balistici ed ematologici, gli esperti giunsero a una conclusione inequivocabile:  quello straccio non aveva alcuna relazione con le armi o le vittime del “Mostro di Firenze”.  I residui di sparo derivavano da cartucce diverse, le winchester cl. 22 non producono antimonio nell'innesco trovato invece nei residui sollo straccio, e le tracce ematiche appartenevano a soggetti estranei ai delitti. Le macchie giallastre, inoltre, risultarono composte da sostanze chimiche utilizzate per il trattamento del legno, ulteriore indizio della loro estraneità ai fatti di sangue. 

Un falso indizio in un’inchiesta complessa

Quel frammento di stoffa, a lungo ritenuto potenzialmente decisivo, si rivelò invece un falso indizio, un dettaglio che per anni ha alimentato sospetti infondati. Grazie alle indagini scientifiche, la verità è emersa con chiarezza: gli “stracci di Vinci” non avevano nulla a che fare con il Mostro di Firenze, ma restano come testimonianza delle tante piste e delle tante ipotesi che, nel corso del tempo, hanno reso questo caso uno dei più intricati della storia giudiziaria italiana.

 

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