OK!Mugello d'estate. Per i lettori una leggenda sulle origini di Casaglia © n.c.
Il nostro Appennino è ricco di “suggestioni”. Ogni stagione è foriera di nuove ed ogni personalità reagisce a queste a suo modo. Dopo questa frase poetica ….. permettetemi di spendere “due” righe su di un paesino, adagiato a cavallo dei nostri monti. Un campanile, una chiesa, poche case e tanti prati. Casaglia, adagiata a 700 m. s.l.m., pur essendo l’ultima frazione a nord del Comune di Borgo San Lorenzo, la si può definire “Romagnola” come inclinazione, dato anche il dialetto dei suoi abitanti che, stante la vicinanza con Marradi, inizia a differire dal “toscanaccio”. Questo agglomerato si trova a poca distanza - direzione Faenza - dall’omonimo passo della Colla di Casaglia (913 m. s.l.m.) e, fin dai tempi più antichi, fu ritenuto un luogo strategico utilizzato anche dalla potente quanto scorbutica famiglia degli Ubaldini come sede di una turrita “Rocca”. La moderna chiesetta di S. Pietro in Vinculis, così appellata in ricordo del famoso intervento divino nella fuga di S. Pietro dalle carceri, è relativamente recente, inizi del novecento, sebbene anticamente in quei paraggi sorgesse una chiesa abbastanza importante il cui “Popolo”, dislocato tra numerosi casolari sparsi nei poggi circostanti, era composto in prevalenza da pastori, boscaioli e minatori, che in diversi periodi storici emigrarono nel nord Europa contribuendo - col loro lavoro - alla costruzione di varie ed efficienti infrastrutture. L’ambiente circostante a questo abitato era adibito all’allevamento, come testimoniano ancora i nomi dati ad alcune località. Fin qui niente di strano; questa potrebbe essere la storia comune a molti centri appenninici o alpestri tanto di moda in questi tempi anche per fiction televisive. Ma c’è una curiosità, una leggenda, che fa distinguere la piccola Casaglia da altre simili località. Si diceva - nei tempi addietro - che gli abitanti di questo minuscolo circondario fossero famosi per i loro tratti somatici “indianeggianti”, con capelli scuri e ricci e che soprattutto le “signore” fossero dotate di un’avvenenza a dir poco esotica. Questo perché si raccontava che il paese fosse stato rifondato sui resti del precedente da saltimbanchi “zingareschi”, i quali, chissà da quale angolo di mondo, in uno dei loro girovagare piantarono le “tende” in questo fazzoletto di terra, restandoci e mettendo su “casa”. Non mi è dato sapere se questa “credenza” corrisponda al vero; sicuramente, come in tutte le cose, un fondo di verità ci dovrà essere, ma è un’ennesima suggestione – appunto - il pensare che tra quei poggi, in una determinata epoca, funamboli, mangiafuoco, addestratori di orsi e belle ragazze dagli occhi neri, si esercitassero per i loro spettacoli.


