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Forteto: la Corte Europea respinge 15 richieste su 16. Lo Stato italiano deve risarcire solo una vittima

Sentenza choc. L'unico risarcimento ammesso per 35mila euro per l'unica maggiorenne al tempo dei fatti.

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Forteto. Forteto. © N. C.
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La sentenza emessa dalla Corte Europea sulla richiesta di risarcimento presentata dall'avvocato Giovanni Marchese per le 16 vittime del Forteto suscita perplessità.

Secondo Strasburgo, solo una di queste vittime merita un risarcimento da parte dello Stato Italiano, quantificato in 35mila euro, per i soprusi, le violenze e i maltrattamenti subiti per 30 anni.

"Incredibile, peraltro", come racconta l'avvocato Marchese, "che l'unico ricorso accettato sia stato quello meno fondato, riguardante una disabile che al tempo dei fatti era già maggiorenne."

La Corte Europea ha respinto tutti e 15 i ricorsi riguardanti i minori che sono stati violentati e soggiogati fisicamente e psicologicamente dalla setta messa in piedi da Fiesoli, motivandoli in poche righe incomprensibili, dove si citano solo articoli e commi.

La somma riconosciuta da Strasburgo a una persona disabile rimasta trent'anni in quell'inferno appare, peraltro, ridicola. Fa davvero venire i brividi leggere la storia di Maria (nome di fantasia) così come è stata raccontata anche ai giudici europei.

La storia di Maria è toccante. Figlia di una ragazza madre deceduta quando aveva solo sei anni e con un grave deficit mentale, è entrata al Forteto a 23 anni. Nessuno aveva voluto prendersi cura di lei quando era bambina. Dopo essere cresciuta in un ospedale psichiatrico, dove aveva sviluppato un legame speciale con il direttore che considerava come un padre, si decise che l'ambiente del Forteto sarebbe stato il luogo adatto per il futuro di Maria.

Nel giugno del 1978, Maria varcò le porte di quell'inferno, dal quale fuggì soltanto trent'anni dopo, nel 2008. Sin dall'inizio, qualcosa non sembrava giusto, come comprese il medico che aveva affidato Maria alla comunità. Quando cercò di visitarla, fu accolto con freddezza, gli fu impedito di vederla e gli fu imposto di non tornare mai più, prima di essere allontanato. Maria raccontò agli inquirenti di quel periodo che dalla finestra aveva visto il suo amato dottore essere cacciato via malamente, e mentre cercava di seguirlo correndo, fu ripresa e picchiata da Grazia Vannucchi, una delle fondatrici del Forteto. Molti anni dopo, Maria venne a sapere che il dottore era profondamente dispiaciuto per averla inserita al Forteto e le riferirono che quando parlava di lei aveva le lacrime agli occhi.

In eredità a Maria erano rimasti dei terreni e sua madre, prima di morire, aveva raccomandato agli zii di venderli e di dare i soldi alla bambina quando sarebbe diventata adulta. Tuttavia, quei soldi finirono nelle mani di Rodolfo Fiesoli perché li utilizzasse per il Forteto, dove comprò addirittura due automobili.

La vita dentro il Forteto per Maria era un vero calvario e tanti nel tempo i suoi tentativi di fuga. Non ce la fece mai e sempre veniva ripresa nel grande bosco che circonda la comunità e poi massacrata di botte per punizione. Il Fiesoli la portava spesso con sé ai convegni per “esibirla” come un buon esempio delle capacità del Forteto; e spesso - ha raccontato Maria - la portava anche a Barbiana sulla tomba di Don Lorenzo Milani dove gli veniva raccontato che il priore violentava i bambini. E poi botte a ancora botte ogni qualvolta cercasse di ribellarsi o faceva qualcosa che era ritenuto sbagliato. Ricorda di aver raccontato al magistrato Carlo Casini (colui che aveva fatto arrestare Fiesoli nel 1979) di aver saputo che l'uomo abusava sessualmente dei ragazzini affidati al Forteto e per questo testimonianza rischiò la morte. Per punizione venne chiusa in una ghiacciaia e lasciata lì per circa dodici ore finché un ragazzo aprì la porta per prendere dei prodotti e la trovò per terra mezza congelata.

Fu così portata all’ospedale in stato di assideramento ma della sua cartella clinica si sono perse le tracce. Tornata a Il Forteto fu minacciata. Doveva mentire e raccontare che era finita all'ospedale perché era matta ed era stata tante ore sotto la pioggia. Ancora oggi i suoi bronchi e l’asma che la tormentano gli ricordano quell'episodio.

Come ricorda perfettamente anche di quando Goffredi l'ideologo della "famiglia funzionale s'infilò nel suo letto con la piccola bimba down che aveva avuto sciaguratamente in adozione nonostante fosse già stato condannato a sei anni di reclusione insieme a Fiesoli per abusi nei confronti di minori e disabili) e la masturbava davanti a lei. Ricorda anche di quando fu costretto ad assistere al teatrino di alcuni membri della comunità che cercavano di convincere una bambina di 8 anni che la sua mamma era colpevole degli abusi da lei subiti da amici di famiglia quando invece ne era totalmente all’oscuro.

Flash di vita vissuta drammaticamente, fra violenze fisiche e psicologiche, come quando, ripresa dopo l'ennesimo tentativo di fuga, Mauro Vannucchi (condannato nel recente processo a 3 anni e 6 mesi di reclusione per maltrattamenti), per castigo e rabbia, le ruppe tutti i denti davanti con uno schiaffo, facendola svenire. Le fu poi attaccata da Luigi Goffredi una dentiera trovata in un’officina meccanica, provocandole grandi dolori e fastidi, e le venne ricucito anche un taglio molto profondo sulla testa; mentre un’altra volta le venne conficcato un vetro nel braccio che ancora le è rimasto dentro.

Maria, "la matta," ha raccontato anche che il Forteto era frequentato da giudici e avvocati tutori dei minori, e venivano organizzati pranzi e cene, alla fine dei quali gli invitati se ne andavano via con le borse piene di prodotti della comunità. Poi, di quando Fiesoli si vantava che al Tribunale dei Minorenni comandava lui e mentre lo diceva sbatteva forte i pugni sul tavolo in segno di potere. "Per gli onorevoli, parlamentari e ministri che arrivavano al Forteto, questa comunità doveva sembrare il paradiso in terra, dove avrebbero voluto far crescere i loro figli", parole dell’onorevole Di Pietro, che al Forteto ha dedicato la prefazione di un libro.

Lì non esistevano le domeniche, le ferie, Natale, Pasqua; la vita era solo lavoro, per di più non pagato. Ai bambini che lavoravano prima di andare a scuola, se avevano segni di botte, veniva messo il fondotinta perché le maestre non si accorgessero di niente. All’ennesimo tentativo di fuga andato a male, Maria fu messa nella “stanza della morte,” che era il terrore di tutti, soprattutto dei bambini, e lì la riempirono ancora di botte, calci e pugni.

Riuscì a scappare definitivamente, come detto, solo nel 2008, andando a Dicomano, dove trovò aiuto dalla maestra che per tanti anni aveva lottato contro la setta. Quest'ultima si era accorta dal comportamento di alcuni alunni affidati alla comunità che evidentemente non era quello che riusciva a far apparire all’esterno.

Non ripercorreremo qui di seguito, per brevità, tutta la lunga e dolorosa vicenda del Forteto (raccontata nella sua interezza, anche giudiziaria, ai giudici della Corte Europea).

Tuttavia, la storia di Maria viene ben specificata nella relazione ed è esemplificativa delle responsabilità di questo scempio, che sono da addebitarsi principalmente non solo alla setta, le cui deliranti teorie erano già state cristallizzate nella sentenza del 1985, ma soprattutto alle Istituzioni dello Stato Italiano che per circa 40 anni hanno permesso tutto questo.

Non c'è mai stato un controllo da parte di chicchessia, ma addirittura sono stati concessi finanziamenti a fondo perduto di milioni di euro, e soprattutto c'è stata una continua e incessante opera di accreditamento, che è continuata anche dopo la sentenza del 2000, di una struttura comandata da due pregiudicati, per gravissimi danni in danno di minori e disabili.

Magistrati, politici e personaggi dello spettacolo erano tutti coinvolti in questa passerella in quella che veniva definita “un’eccellenza” della Toscana. Nulla è stato fatto dall’Italia per riparare il gravissimo danno provocato, e l'Europa liquida questa vita rovinata in tre righe e pochi spiccioli.

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