Presidente dell’Istituto Viesseux - Riccardo Nencini, © In consiglio
Nel corso della seduta solenne tenutasi a palazzo del Pegaso, il presidente dell’Istituto Viesseux, Riccardo Nencini, è intervenuto per celebrare la Festa della Toscana, ricorrenza dedicata all’abolizione della pena di morte sancita da Pietro Leopoldo. Con toni partecipati, Nencini ha ricordato come questa celebrazione, istituita venticinque anni fa, rappresenti un riferimento identitario per la comunità regionale, richiamando valori di civiltà e progresso giuridico.
Ripercorrendo le origini della ricorrenza, il senatore ha evidenziato come già nel dicembre 2000 il Consiglio regionale decise di valorizzare l’opera riformatrice del granduca, anticipando una legge formale e dedicando attenzione a un periodo storico spesso poco conosciuto. Richiamando le parole del poeta Mario Luzi, Nencini ha definito l’abolizione della pena di morte un “atto fondante” per la Toscana e per lo Stato moderno. Ha ricordato inoltre il 30 novembre 2001, quando tutte le campane della regione suonarono per celebrare la ricorrenza, in un contesto nazionale segnato da forti divisioni politiche: un gesto che testimoniò l’unità istituzionale toscana e il valore simbolico delle riforme leopoldine.
Nencini ha poi ricostruito il quadro complessivo degli interventi portati avanti da Pietro Leopoldo, dalle bonifiche alla riforma agraria, fino all’introduzione di principi innovativi come la distinzione tra giustizia e polizia, la mitezza della pena, l’abolizione della confisca dei beni e del reato di lesa maestà divina, nonché la tutela immediata dell’accusato. Riforme che, come sottolineato dall’oratore, furono possibili grazie alla consapevolezza del giovane sovrano riguardo al livello di civiltà raggiunto dalla Toscana del tempo.
Conclusivamente, Nencini ha richiamato l’attualità della Festa della Toscana, sottolineando la necessità di continuare a difendere diritti che mantengono un valore universale. La celebrazione, secondo il senatore, non è solo un momento di memoria storica, ma un monito affinché la regione continui a impegnarsi nella tutela della democrazia, della libertà e dell’inclusione, ispirandosi allo slancio riformatore di Pietro Leopoldo e al suo gesto simbolico di abolizione delle forche.


