Attento a questo disturbo del sonno, aumenta il rischio di Parkinson e quasi nessuno lo sa - okmugello.it © N. c.
Questa patologia del sonno potrebbe aumentare il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson. I dati arrivano da un nuovo studio su oltre 11 milioni di pazienti.
Uno studio pubblicato su JAMA Neurology ha individuato una connessione rilevante tra apnea notturna e morbo di Parkinson, evidenziando un rischio doppio per chi soffre del disturbo del sonno. A firmarlo sono i ricercatori dell’Oregon Health & Science University e del Veterans Affairs Portland Health Care System, che hanno analizzato le cartelle cliniche di 11,6 milioni di persone. Tra i pazienti con apnea notturna, il 14% ha ricevuto una diagnosi di Parkinson nei sei anni successivi, rispetto a un tasso decisamente più basso tra chi non soffriva di questo problema respiratorio notturno.
Il dato è emerso da un’osservazione longitudinale che non dimostra una relazione causale diretta, ma suggerisce una connessione concreta e statisticamente significativa. Lo studio, pur non essendo randomizzato, apre una nuova strada per la prevenzione delle malattie neurodegenerative e pone l’accento sull’importanza della diagnosi precoce e del trattamento dell’apnea.
Trattare l’apnea notturna può ridurre il rischio: il ruolo della terapia CPAP
La terapia CPAP (pressione positiva continua delle vie aeree) è già nota per i suoi effetti benefici sulla qualità del sonno e sulla funzionalità respiratoria, ma lo studio ha suggerito un possibile effetto protettivo anche a livello neurologico. I dati raccolti indicano che chi utilizza regolarmente il dispositivo CPAP mostra un’incidenza inferiore di diagnosi di Parkinson rispetto a chi non lo utilizza. Una delle ipotesi è che il trattamento aiuti a preservare una sufficiente ossigenazione cerebrale notturna, limitando i danni a lungo termine sui neuroni.

Il dott. Danny Eckert, citato dal Washington Post, ha spiegato che le persone che scelgono la CPAP potrebbero anche essere quelle più propense a uno stile di vita sano. Eppure, come aggiunge il dott. Lee Neilson, autore dello studio, il dato rimane sorprendente: “Solo avere l’apnea notturna non significa essere destinati al Parkinson, ma il rischio c’è e va considerato con attenzione”.
Lo stesso Neilson ha sottolineato che già in fase preclinica le persone affette da Parkinson manifestano problemi con il sonno, e questo avrebbe spinto il team ad approfondire se il disturbo respiratorio notturno potesse precedere la diagnosi vera e propria. I risultati sembrano indicare di sì. Il danno neuronale legato a ipossia cronica notturna potrebbe, nel tempo, aumentare la vulnerabilità del sistema nervoso centrale.
La ricerca non stabilisce un nesso causa-effetto, ma il campione numerico elevato e la coerenza statistica dei dati conferiscono una certa solidità alle conclusioni. Per i medici, diventa quindi ancora più importante rilevare i segnali dell’apnea notturna, diagnosticarla e trattarla per tempo, anche in chi non presenta ancora disturbi neurologici.
I sintomi dell’apnea notturna e perché riconoscerli può fare la differenza
L’apnea notturna è un disturbo spesso sottovalutato, ma i suoi effetti possono essere gravi. Si manifesta con interruzioni ripetute della respirazione durante il sonno, episodi che a volte passano inosservati. Le pause respiratorie durano in genere pochi secondi, ma si ripetono anche decine di volte ogni ora. Con il tempo, questa condizione può compromettere non solo il riposo notturno, ma anche la salute cardiovascolare e cerebrale.
Secondo HelpGuide, una piattaforma internazionale che si occupa di salute e benessere, tra i segnali da monitorare ci sono il russare forte e frequente, il senso di soffocamento durante il sonno, mal di testa al risveglio, e una sonnolenza persistente durante il giorno. Altri sintomi ricorrenti sono il senso di bocca secca, la necessità di alzarsi spesso per andare in bagno, e risvegli improvvisi con il fiato corto.
Molte persone non si rendono conto di avere l’apnea finché non viene segnalata da chi dorme accanto. Riconoscere i sintomi è il primo passo per accedere a una valutazione medica specifica, che può includere una polisonnografia notturna. In caso di diagnosi confermata, la terapia CPAP resta la più efficace, ma non è l’unica. In alcuni casi, la perdita di peso, modifiche nello stile di vita o l’intervento su anomalie anatomiche possono migliorare il quadro clinico.
L’interesse crescente della comunità scientifica per l’interazione tra sonno e neurodegenerazione non è casuale. Disturbi come Alzheimer e Parkinson mostrano una forte correlazione con la qualità del sonno. E proprio per questo, la diagnosi precoce dell’apnea notturna potrebbe diventare, negli anni a venire, una delle chiavi per prevenire o ritardare l’insorgenza di queste patologie.


