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Barberino - Tagliaferro. Il viaggio (e la vita) di una sposa....

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Barberino - Tagliaferro. Il viaggio (e la vita) di una sposa.... Barberino - Tagliaferro. Il viaggio (e la vita) di una sposa....
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Nuova puntata di 'C'era una volta in Mugello', a cura della nostra collaboratrice Matilde Colarossi. Un Mugello che era reale fino solo a pochi decenni fa; dipinto così bene da sembrare ancora attuale. Buona lettura:

Punto dopo punto, ricamo dopo ricamo, la vita, come il tempo, scorre per la signora Ida, ma quel lontano 1949, quando la giovane sposa lasciò la casa dei genitori a Barberino del Mugello per andare a vivere a Tagliaferro, non le sembra tanto lontano.

"L'altra settimana" dice "Sono tornata a vedere la mia vecchia casa. Era come tornare indietro nel tempo. Non era cambiato nulla. Le stesse mura; era tutto uguale..."

Nata appena sopra Barberino, la signora Ida ha vissuto più di sessant'anni a Tagliaferro prima e Campomigliaio poi.

Quando arrivò alla fine degli anni '40,. a Tagliaferro non c'era nulla, come, del resto, in quasi tutti i piccoli borghi del Mugello.

"C'era una bottega" dice "Una fornace, un gruppo di case, e un unico padrone. Sette famiglie tutte a lavorare nei poderi. La mia casa era a piano terra nelle 'case di sopra'. La porta si apre proprio sulla strada. Oggi ti porterebbero via le macchine, tanto vanno veloci. Hanno tutti fretta oggi, ma allora..."

 Mi colpisce questa sua trasferta da Barberino a Tagliaferro, a una nuova casa, una nuova vita lontana dalla famiglia, lei che era figlia unica, in un tempo dove nessuno aveva il telefono e dove le distanze erano moltiplicate dalla mancanza di mezzi. Non posso immaginare la solitudine di questa giovane sposa. Ma Ida non ci trova niente di strano. Era così, per tutti, ripete. Si lasciava la casa del babbo e si entrava in quella del marito. Se si aveva la fortuna di rimanere vicino ai genitori, bene, sennò si aspettava tutta la settimana per poter prendere la corriera, quando passava, per andarli a trovare. Si metteva qualche punto a giorno, si faceva qualche ricamo in attesa della prossima visita.

E il giorno del matrimonio, chiedo, e il pranzo e il vestito da sposa? E' stato bello? Mi guarda divertita, non capisce. Era come oggi, insisto, una grande festa?

"O, lei" mi apostrofa,  "Era il dopoguerra! C'era il necessario. Dopo il matrimonio la mattina si passò a casa della 'mi gente' per prendere qualche dolcetto e da bere, poi con tutti i parenti si venne a pranzo a casa nuova dove il tavolo era stato imbandito. Si preparava per settimane e settimane prima. Quanto lavoro, ma si faceva tutti così, mica solo noi...S'era gente semplice, contadini, ma ognuno cercava di sistemarsi come meglio poteva quel giorno. Io indossai un vestito rosa antico..."

Bello, dico. La signora Ida alza le sopracciglia e mi guarda.

"Macché. Un vestito normale. Non ricordo bene com'era,  ma aveva una giacca sopra. La gonna aveva le pieghine, ero magra allora. Certo, con tutto il lavoro che si faceva dentro e fuori casa, con la pioggia e con il sole come si faceva a non essere magri?" scuote la testa, "Ancor'oggi non sopporto la vista dell'olio d'oliva. Mi ricorda quei giorni sulle piante, con le mani fredde, sfinite. O in ginocchio nel fango a raccogliere le olive cadute. Altro che artrosi!"

Quando le chiedo come erano arrivati a Tagliaferro da Barberino, mi guarda interdetta: "In macchina! Una macchina noleggiata a San Piero, mica si poteva venire a piedi da Barberino?"

Ride, poi aggiunge: "I confetti si tenevano in un sacchetto e si distribuivano così, a pugni un po' ciascuno. Ricevetti una Madonnina di ceramica da mettere sul cassettone, non ricordo da chi".

Eppoi? chiedo.

"Eppoi nulla. Si lavorava. La casa , la cucina, il ricamo. Il pane si faceva nel forno, fuori, quello di tutti, la stufa a legna non si aveva. Si cucinava tutto nel camino, per la maggior parte fagioli... Una volta ogni quindici giorni passava il merciaio e si poteva prendere un pezzo di stoffa. Veniva a piedi dalla Cavallina. All'inizio portava le stoffe sulle spalle, pover'uomo, ma poi si fece un furgoncino bianco".

Prima le sette famiglie che occupavano la piccola località di Tagliaferro lavoravano il podere. Tutti operai con giovani moglie come la signora Ida, dividevano una vita difficile di duro lavoro.

"Oggi si lamentano di gamba sana" dice ridendo, "Lo sa cosa significa?"

Faccio cenno di sì.

"Ma allora...Che tempi. Non si andava neanche dal dottore se non si era più morti che vivi. Era un brav'uomo, il dottore Facibeni. Bastava chiamarlo e veniva, anche di sera. Certo, chiamarlo era difficile. Stava a San Piero. Si doveva andare a piedi o in bicicletta..."

Un bellissimo sorriso illumina il suo viso quando ricorda la bicicletta che il marito le aveva regalato da sposina.

"Era celeste. Da donna. Prima di allora ero andata solo su quelle da uomo, sbattendo qua e la prima di imparare. Ma la mia era proprio bella".

I mariti uscivano a lavorare, e, d'estate, le mogli si facevano compagnia, sedute fuori dall'uscio, ma d'inverno no. L'inverno era lungo e freddo. La solitudine si faceva sentire, piegata sopra un ricamo aspettando la prossima corriera per andare a trovare i suoi a Barberino.

"Meno male sono arrivati i figli: che gioia! Mio marito, poi, com'era felice".

E piano piano la vita migliorò. Le cose cambiarono.

"Mio marito trovò un lavoro a Prato. Andava in corriera. Partiva alle 6 e tornava alle 8 di sera, tutti i giorni. Si lavorava anche di sabato allora. Ma di domenica andava a Vaglia, dove c'era un macellaio, a comprare un po' di carne. Non si poteva mica mangiare fagioli tutti i giorni! Si era comprato un piccolo motorino, Woods, forse si chiamava. Non ricordo...Io avevo la mia bicicletta celeste e lui il suo motorino".

Sorride.

 

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