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Una pianta dimenticata. La storia del baccellone nostrale del Mugello

Questa varietà quasi scomparsa è stata recuperata da un nostro lettore di Imola, dopo una vicenda avventurosa tra i due versanti dell’Appennino

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La pianta dimenticata La pianta dimenticata © OKMugello
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Oggi OKMugello vi racconta una storia. Quella di una pianta dimenticata e quasi scomparsa: il baccellone nostrale del Mugello, che veniva coltivato nella zona di Firenzuola e il cui seme è stato ‘salvato’ e recuperato grazie a una vicenda ‘rocambolesca’, a un anziano signore e alla passione del suo barbiere.

C’è la racconta Mauro Lavezzi, di professione autista soccorritore del 118 di Imola ma per passione dedicato alla conservazione e recupero di antiche specie e varianti orticole.   “L'importante - spiega Mauro - è la passione per ciò che si crea e si produce per se e per i propri cari, gli amici i vicini... L'orto crea un legame. Sono nato o cresciuto nell'orto di famiglia, ascoltando consigli e segreti provenienti da tradizioni vecchissime, che ora magari in due secondi le trovi in rete”.

L’altro protagonista di questa storia, come detto, è Giorgio Masi, classe 1937. Spiega Lavezzi: “Siamo diventati grandi amici e non c'è giorno che, in tanti anni, non ci siamo scambiati informazioni "ortolane" sottobanco”. Mauro ci racconta di aver conosciuto Giorgio perché questo ha l’orto vicino al punto di sosta della sua ambulanza. E racconta che la fiducia reciproca è nata gradualmente, passando per piccoli gesti come lo scambio di qualche verdura, il regalo di un pugno di fagiolini all’infermiera o ancora tre fragole passate tra la rete. 

Poi entriamo nel vivo della nostra storia: “Giorgio Masi - ricorda Mauro - era un bravissimo barbiere di paese ed ha lavorato per tanti, tanti anni. Parlando di orto circa 12 anni fa dissi a Giorgio: quei piselli così buoni, dammene un po' a fine estate che provo a piantarli a casa”. E così anche lui li ha piantati. E ricorda: “Mi aveva detto che era una semente sua, che coltivava da più di 40 anni. Piante che rampicanti che diventano alte anche più di due metri nelle annate giuste”.

Questa la storia più nel dettaglio: Il seme sarebbe stato donato a Giorgio da un cliente che lo ebbe in dono da un vecchio ortolano Che tra Ottocento e Novecento faceva i mercati da Imola a Firenzuola. Poi Giorgio lo ha sempre piantato nel suo orto dal 1978  non mescolandolo con nessuna nuova varietà (poiché i piselli per impollinazione possono ibridarsi con altre varietà). 

Aggiunge: “Sono passati alcuni anni.. ed in curiosità, durante le pause di lavoro navigando in rete ho scoperto le origini. Siccome mia suocera ha la casa ed è Originaria di Qualto San Benedetto Val di Sambro, le ho chiesto di poter approntare un grande orto.. di collina, come faceva il nonno trenta anni prima. Ho quindi - aggiunge - pensato ai piselli di Giorgio che già coltivavo a casa,  leggendo tantissime schede dei prodotti a rischio di erosione genetica e  varietà antiche toscane ho trovato la corrispondenza! Tutti i particolari corrispondono: È il pisello Mugellano! In quel momento mi si è aperto un mondo fantastico ed ho intensificato le ricerche come potevo”.

Aggiunge di aver cercato informazioni in Toscana presso le istituzioni dedicate, ma di aver scoperto che quasi nessuno lo coltiva più e che, almeno stando a quanto riportato dalla Regione Toscana, non c’è nessun agricoltore custode.

E aggiunge: “L’amico espertissimo dottor Fabio di Gioia mi ha riferito in una telefonata però che quello che sarebbe presente nella banca del germoplasma a Lucca, e che dovrebbe essere propagato saltuariamente nell'azienda Agricola Alberese”.

Non solo. Da altre ricerche avrebbe scoperto che qualche anziano in qualche famiglia a Scarperia a Palazzuolo e a Firenzuola lo coltiverebbe ancora, forte di una tradizione culturale e sociale su coi si fondano le comunità montane di qua e di là dalla Futa. .

In conclusione Mauro afferma: “Il pisello mugellano, che è il pisello che ho salvato con Giorgio, ha un valore molto più grande della semplice curiosità botanica. Ha bacello doppio e una abbondantissima produzione, resistente alla neve, si rialza e in primavera darà produzione ancora maggiore”. Unica avvertenza, deve essere accolto al momento giusto per avere il giusto sapore e dolcezza”.

E conclude: “Sono disposto a prendere contatti con le istituzioni dedicate a questo argomento, ma per credo che sia giunta l'ora di diffondere la notizia sia sul territorio alle comunità montane Emiliane e soprattutto mugellane, magari scopriremo, come hanno fatto in Romagna, nuovi semi” 


 

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