Alcune immagini diffuse dall'Associazione Precari in Rete © Associazione Precari in Rete
I dati aziendali più recenti di Poste Italiane delineano un quadro allarmante riguardo alle condizioni di sicurezza dei lavoratori, in particolare nel settore del recapito. A fronte di un’immagine pubblica improntata all’efficienza e all’innovazione, emerge una realtà segnata da un elevato numero di infortuni, precarietà diffusa e scarsa attenzione alla tutela del personale. Tra il 2021 e il 2023 sono stati registrati 14.590 infortuni, di cui 3.704 gravi e 12 mortali. Nel triennio precedente i casi erano stati quasi 18.000, con 14 decessi: una riduzione solo apparente, che conferma la persistenza di rischi strutturali nel lavoro quotidiano dei portalettere.
Secondo le elaborazioni, oltre il 70% degli incidenti avviene nel comparto del recapito postale. Le cause principali riguardano l’esposizione ai pericoli della circolazione stradale, gli incidenti dovuti a scivolamenti o cadute e l’utilizzo frequente di mezzi a due ruote, spesso in condizioni meteorologiche difficili. L’intensità dei ritmi di lavoro e le pressioni derivanti da tempi di consegna sempre più stretti aggravano ulteriormente la situazione, inducendo comportamenti rischiosi e aumentando la possibilità di errori.
Un elemento critico è rappresentato dal massiccio utilizzo di contratti a tempo determinato, che negli ultimi anni ha coinvolto oltre 110.000 lavoratori. La formazione iniziale, prevalentemente teorica e limitata a pochi giorni di affiancamento, risulta inadeguata a garantire la sicurezza operativa. L’elevato turnover, dovuto a contratti di breve durata e proroghe successive, impedisce la creazione di personale stabile e esperto, con conseguenze dirette sulla prevenzione degli infortuni e sulla qualità del servizio offerto ai cittadini.
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Le ripercussioni non si limitano al piano umano. La precarietà sistemica genera costi sociali rilevanti, scaricati sugli enti previdenziali e assicurativi, e mina la sostenibilità del modello organizzativo. In questo contesto, appare ancor più sorprendente il silenzio dei principali media nazionali, che raramente dedicano spazio a una questione di tale rilevanza pubblica.
Le associazioni dei lavoratori precari denunciano un sistema che, in nome dell’efficienza e della flessibilità, sacrifica la sicurezza e la dignità dei propri dipendenti. Chiedono maggiore trasparenza, investimenti in formazione e stabilizzazione del personale, nonché una più ampia assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni e dell’opinione pubblica.
Dietro la facciata di uno dei più grandi datori di lavoro italiani, dunque, si cela un problema strutturale di sicurezza e precarietà che necessita di attenzione e interventi urgenti. Solo un confronto aperto e informato potrà garantire che le migliaia di lavoratori coinvolti possano operare in condizioni di reale tutela e rispetto dei propri diritti fondamentali.


