Mare sempre più caldo - okmugello.it © N. c.
Le acque del Mediterraneo, in particolare quelle dell’Adriatico, hanno raggiunto temperature paragonabili a quelle di un atollo tropicale: si superano ormai spesso i 30 gradi. Ma dietro questa apparente piacevolezza si cela un quadro allarmante, che coinvolge ecosistemi, salute umana e stabilità climatica.
Il Mediterraneo è considerato uno dei punti caldi del cambiamento climatico. Essendo un mare quasi chiuso, con scambi limitati con l’oceano Atlantico, è particolarmente sensibile agli effetti del riscaldamento globale. L’alta pressione africana, sempre più presente nei mesi estivi, accentua il fenomeno, portando a un riscaldamento rapido e prolungato delle sue acque.
Regioni come la Liguria, la Toscana e l’intero Sud Italia sono tra le più colpite, ma l’Adriatico sta diventando il simbolo di questa crisi: le sue acque stagnanti e poco profonde favoriscono la proliferazione di alghe, visibili persino dai satelliti. Le coste di Emilia-Romagna, Veneto e Marche stanno assistendo a veri e propri boom di cianobatteri, noti per il loro potenziale tossico.
Rischi per la salute
Con l’aumento della temperatura marina, crescono anche i rischi per la salute umana. I frutti di mare, in particolare quelli raccolti in zone salmastre, possono ospitare batteri pericolosi come i vibrioni, causa di infezioni intestinali e cutanee. In parallelo, creature marine come il “verme di fuoco” – un tempo presenti solo in aree tropicali – ora popolano le coste del Sud Italia. I suoi aculei urticanti rappresentano un pericolo concreto per chi nuota o pesca.

Anche la fauna marina tradizionale è in sofferenza: la scarsità di ossigeno nelle acque, fenomeno noto come anossia, sta causando morie di pesci in aree come la laguna di Orbetello. Le specie aliene, più resistenti al caldo e alla scarsità di ossigeno, prendono il sopravvento, alterando gli equilibri ecologici.
Le meduse sono in forte aumento, favorite dalla scomparsa dei loro predatori naturali, come le tartarughe marine e alcuni pesci pelagici, decimati dalla pesca eccessiva. A questo si aggiunge il declino di ambienti fondamentali per l’ecosistema, come le praterie di Posidonia oceanica. Questa pianta marina è essenziale non solo per proteggere le coste dall’erosione, ma anche per catturare milioni di tonnellate di CO₂ ogni anno.
La morte di organismi simbolo del Mediterraneo, come la Pinna nobilis o le gorgonie, è un altro segnale evidente di un sistema in forte sofferenza. Il riscaldamento marino ha conseguenze anche sulla terraferma. L’innalzamento del livello del mare e la diminuzione del flusso dei fiumi stanno causando un fenomeno chiamato “intrusione salina”, che porta l’acqua salata a infiltrarsi nelle falde acquifere costiere. Questo compromette l’approvvigionamento di acqua dolce per l’irrigazione e per l’uso domestico, mettendo a rischio intere produzioni agricole.
Le acque marine più calde immagazzinano una quantità maggiore di energia, che viene poi rilasciata nell’atmosfera, alimentando eventi meteorologici estremi. Le previsioni indicano un aumento di fenomeni violenti come temporali, grandinate e trombe d’aria nei mesi autunnali. Si tratta di una tendenza già osservata negli ultimi anni, ma che potrebbe diventare la nuova normalità se non si interviene in modo deciso.
Secondo le proiezioni climatiche, entro il 2050 la temperatura del Mediterraneo potrebbe aumentare di quasi due gradi rispetto ai livelli attuali. Se ciò accadrà, assisteremo a una continua acidificazione e deossigenazione delle acque, con effetti devastanti su pesca, turismo e biodiversità.


