La vera storia del 'Passatore'. E sabato la corsa... © n.c.
'Passatore' o 'Passator Cortese' (secondo Pascoli) o Stefano Pelloni (secondo la legge) curata dal nostro collaboratore Pier Tommaso Messeri. Ne approfittiamo per ricordare che l'ultramaratona partirà alle 15 da Firenze ed attraverserà il Mugello alla volta di Faenza (clicca qui per info sulla gara). Buona lettura:
C’era un tempo, quando per i poggi e le giogaie del nostro Appennino si aggirava un uomo che faceva tremare i viandanti ed i signorotti locali. Un uomo alto, bruno di capelli, dai lineamenti regolari e col volto incupito da una cicatrice sotto l’occhio sinistro. Aveva tanti soprannomi, ma il più conosciuto era sicuramente quello di Passatore, in riferimento al mestiere di suo padre, traghettatore sul fiume Lamone.
Il suo nome di battesimo, impercettibilmente pronunciato da qualche ragazza assorta in adolescenziali pensieri amorosi sulla soglia d’un casolare e ripetuto con voce stentorea nelle gendarmerie toscane e romagnole era: Stefano Pelloni. Egli, nato nel 1824 nelle vicinanze di Bagnacavallo (RA), si mise in mostra fin da giovane per la sua baldanzosa ostilità nei confronti del potere costituito.
Conseguentemente a piccoli fatti criminali ed al furto di due fucili da caccia, Stefano fin da giovanissimo conobbe la prigione. Ma la vita dietro le sbarre non faceva per lui e ben presto riuscì rocambolescamente ad evadere, relegando così la sua vita alla macchia. Spirito battagliero e carismatico, divenne ben presto il caporione di un gruppo di malavitosi che per sbarcare il lunario si “dilettavano” in violenze e bravate nei boschi vicino Faenza, territori all’epoca sotto il controllo dello Stato Pontificio. Le sue prodezze brigantesche da sporadiche divennero continue ed egli acquistò ben presto la celebrità, diventando sempre più astuto e imprendibile, nè disdegnando di sconfinare spesso e volentieri anche nell’alto Mugello.
Enumerare tutte le sue avventure sarebbe impossibile in questa sede ed il Pelloni, pur essendo un efferato brigante, si fece ben volere tra alcuni popolani, distribuendo ogni tanto parte dei suoi ladrocini ai più bisognosi. Le vittime preferite dei sui crimini furono gli esponenti della classe agiata e durante i suoi colpi amava presentarsi con nome, cognome e soprannome.
Stefano era famoso - tra l’altro - per aver occupato interi paesi come fece in una gelida nottata di gennaio del 1851 a Forlimpopoli - ricca cittadina romagnola – dove, essendosi asserragliato con i suoi sgherri armati nel teatro comunale, con la forza si appropriò dei soldi e dei gioielli dell’impaurito e malcapitato pubblico presente allo spettacolo.
Queste gesta, assieme ad altre efferatezze commesse quella notte dai suoi compagni, innalzarono la taglia che le autorità pontificie avevano posto su di lui. Così che, poco dopo un mese, tradito da un suo sottoposto, venne raggiunto in un suo nascondiglio vicino al paese di Russi (RA) ed a seguito di un lungo scambio di fucilate, venne colpito ed ucciso. Il suo corpo ormai esanime, dopo essere stato raccolto dai gendarmi, fu deposto in un carro e fatto circolare davanti alle aie delle abitazioni del circondario - come in quello della famiglia Dirani - col mal celato fine di mostrare alla popolazione quale fine spettasse a tali fuorilegge.
Alla sua figura di temerario brigante si sono ispirati poeti come il Pascoli, che essendo romagnolo lo immortalò ai posteri con l’appellativo di Passator Cortese. Stefano Pelloni, chiamato anche il Re del Lamone, venne ricordato da parte della popolazione come un mitico eroe e pur essendo stato l’incubo dei più, ricercato per anni dalla legge, ucciso e infine sepolto in terreno sconsacrato, la sua memoria ha resistito negli anni assumendo un’aura romantica, tanto da suggerire il tema a svariate opere teatrali e cinematografiche.
Prende il suo nome una famosissima ultramaratona, che si svolge dal 1973 ogni sabato di fine maggio da Firenze a Faenza, la celebre 100 km del Passatore.
Ad oggi, l’immagine iconografica di questo personaggio è impersonificata dalla figura stilizzata di un truce e scuro faccione con folta barba e cappellone sulle ventitré, sebbene la sua vera fisionomia fosse ben più gentile, meno attempata e sbarbata.
Rimangono di lui le storie appena sussurrate sui nostri crinali.


