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HIKIKOMORI. Quando il mondo scompare

di Cristina Ghezzi Psicologa - Psicoterapeuta

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hikikomori hikikomori © depositiphoto
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Il termine Hikikomori, un vocabolo della lingua giapponese, deriva dall'unione di due verbi, “hiku” (tirare, trattenere) e “komoru” (chiudersi) e significa “la tendenza di un adolescente a isolarsi dal mondo” (Vocabolario Zanichelli, 2013). Ma chi sono gli Hikikomori? Si tratta di ragazzi che si isolano dal mondo, passando tutto il loro tempo chiusi nella loro camera, fino ad eliminare completamente i contatti con i familiari e il gruppo dei pari; nei casi meno gravi i ragazzi accettano di condividere con i genitori gli spazi della casa o di fare acquisti, ma mai con i coetanei. L'insorgenza è graduale: prima viene abbandonata la frequenza scolastica, poi vengono tagliate fuori le amicizie, per cui la socialità rimane confinata allo scambio su Internet. Di solito, dopo un lungo periodo di ritiro, compare una forte aggressività nei confronti dei genitori.

In Italia l'età dei soggetti che vengono considerati hikikomori va dai 13-14 anni fino ai 19, secondo alcuni fino a 30, ma talvolta il fenomeno è presente già a 11-12 anni; la maggior parte dei ragazzi ritirati è di sesso maschile, ma il numero delle ragazze è in aumento. Come avviene per altre patologie, questi ragazzi invertono il ritmo sonno-veglia e passano la notte dedicandosi ai giochi di ruolo su Internet. In Italia gli hikikomori sono circa 50.000 (risultato di uno studio condotto nel 2023 dal Consiglio Nazionale delle Ricerche insieme al Gruppo Abele).

Sappiamo ormai con certezza che l'essere umano è sociale per natura; fin dalla nascita il bambino cerca, infatti, il rapporto con la madre, non solo per il bisogno fondamentale di essere accudito a livello materiale, ma come necessità di una relazione fatta di amore, calore, affetti, carezze. Se chi si occuperà di lui saprà accoglierlo con amore e interesse il bambino crescerà sicuro e sereno, mentre se qualcosa è andato storto in questo primo legame relazionale, si produrranno dei disagi e delle difficoltà che si manifesteranno proprio durante l'adolescenza, magari creando relazioni amicali disadattive o ritirandosi nell'isolamento per la perdita di quella naturale socialità con cui tutti nasciamo, che porterà all'attiva esclusione dell'altro o ad un vissuto di distacco doloroso, tormentato e subìto.

L'interesse per l'altro, il piacere di stare con i coetanei viene meno e i rapporti diventano molto difficili e faticosi. Il vissuto di distacco doloroso e tormentato può portare a una profonda depressione; a differenza della situazione precedente, in cui l'affettività, la sensibilità, le emozioni sono andate perdute, in questo caso esse sono ancora presenti, ma sono ingestibili, motivo per cui non vengono portate nelle relazioni con gli altri; ci si sente incompresi e capaci di combinare solo guai e arrecare sofferenza, per cui l'isolamento sociale diventa l'unica via di fuga anche se estremamente dolorosa.

Per quanto riguarda la prevenzione e la cura, sappiamo che gli adolescenti difficilmente comunicano a parole i loro stati d'animo e le loro difficoltà, ed è, dunque, necessario fornire gli strumenti di conoscenza alle famiglie, ma anche agli insegnanti o ad altri adulti significativi che possono cogliere i primi segnali di disagio e chiedere aiuto a un esperto. La questione “tempo” è fondamentale, infatti, come sappiamo, prima si interviene è meglio è. Poiché, come abbiamo visto l'insorgenza del disturbo è graduale, è molto importante prestare attenzione ai primi segnali di disagio che possono manifestarsi attraverso il corpo con dolori fisici o con sensazioni di estraniamento o di pericolosità da parte degli altri, questo perché l'hikikomori non chiede aiuto ed è silenzioso nel suo ritirarsi.

A livello di prevenzione sono importanti una corretta e diffusa informazione sul malessere psichico e la sua cura, con progetti rivolti a ragazzi,insegnanti e genitori attraverso dibattiti, libri, corsi o convegni; ma anche gli sportelli d'ascolto che, per fortuna, dopo la pandemia, sono aumentati di numero nelle scuole, e a cui i ragazzi possono rivolgersi per un aiuto.

Una volta che il problema si è manifestato, la strada da seguire è fondamentalmente una, infatti tutti gli interventi danno rilievo alla presa in carico dei genitori, senza i quali è quasi impossibile entrare in contatto con questi ragazzi che rifiutano con forza qualsiasi tipo d'aiuto; in particolare sono le madri a rivolgersi ad un esperto, ma anche la presenza dei padri è molto forte e sempre più attiva.

È necessario, quindi, iniziare un percorso con la famiglia per capire la specifica situazione e trovare le soluzioni più adeguate al caso, attraverso la terapia o il sostegno che può essere fornito alla coppia genitoriale, all'intero nucleo familiare o agli individui. In seguito, sarà possibile avvicinarsi al giovane con contatti telefonici, visite nello studio o a domicilio, che permetteranno la costruzione di una relazione finalizzata alla risoluzione del disagio attraverso il recupero della socialità.

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