Marco Carrai © Facebook
A pochi mesi dalla scadenza del mandato di Marco Carrai, presidente della Fondazione Meyer, il governatore della Toscana Eugenio Giani ha aperto all’ipotesi di un cambio ai vertici. Intervistato da Novaradio, Giani ha parlato della necessità di individuare “una figura che possa tranquillizzare rispetto al sentimento complessivo”, pur precisando che la nomina non dipende direttamente da lui: “Non è una scelta che spetta al presidente della Regione”. La posizione ha immediatamente innescato un acceso dibattito politico e sociale, con schieramenti contrapposti tra chi vede nella fine del mandato di Carrai una vittoria etica e chi invece denuncia un attacco politico al console onorario di Israele.
Le reazioni del fronte pro-Palestina e del Movimento 5 Stelle
Le parole di Giani sono state accolte positivamente da diverse realtà pro-Palestina. Tra queste, il sindaco di Sesto Fiorentino Lorenzo Falchi (Alleanza Verdi e Sinistra), che ha definito “difficile immaginarsi che Carrai prosegua il suo mandato” in un contesto così delicato. Anche il Movimento 5 Stelle ha espresso soddisfazione. La capogruppo regionale Irene Galletti ha definito la decisione di non rinnovare Carrai “un passo fondamentale verso la coerenza etica e istituzionale”, frutto di interrogazioni, mozioni e mobilitazioni sostenute insieme a comitati e operatori del Meyer.
Secondo Galletti, non era accettabile che la guida di un’eccellenza pediatrica dedicata all’infanzia fosse ricoperta da un console onorario di Israele, Paese il cui governo è sotto inchiesta presso la Corte Penale Internazionale. “La Fondazione Meyer deve incarnare valori di pace, neutralità e tutela dei diritti dei bambini”, ha ribadito, ricordando anche la partecipazione sua e del deputato Andrea Quartini alla cerimonia in memoria delle vittime palestinesi organizzata da Donne Insieme per la Pace.
Le critiche da sinistra: Toscana Rossa e Sinistra Progetto Comune
Più dura la posizione di Toscana Rossa. La candidata alla presidenza regionale Antonella Bundu ha accusato Giani e il centrosinistra di voler solo prendere tempo: “Aspettare la fine del mandato non è una soluzione, ma un modo per proteggere il campo larghissimo di Giani. Il consolato onorario deve essere chiuso e i rapporti economici con chi sostiene i crimini di Israele devono interrompersi subito”.
Sulla stessa linea anche Sinistra Progetto Comune, con il consigliere comunale Dmitrij Palagi, che critica l’indecisione della giunta regionale: “Non ha senso aspettare, l’inopportunità è già evidente per il massacro in corso”. Palagi ha ricordato che Carrai ricopre altri incarichi pubblici, tra cui la presidenza di Toscana Aeroporti, e ha chiesto una revisione più ampia delle relazioni istituzionali ed economiche con lo Stato di Israele.
La difesa di Carrai da parte delle associazioni filo-israeliane
Sul fronte opposto, l’associazione fiorentina Amici di Israele ha duramente contestato le dichiarazioni di Giani, definite “sconcertanti”. Il presidente Kishore Bombaci ha parlato di un “attacco personale reiterato contro Marco Carrai”, ritenendo che il presidente della Fondazione Meyer debba essere valutato esclusivamente per le sue capacità gestionali e non per il ruolo diplomatico.
“Non vi è alcun sentimento da tranquillizzare, se non un evidente antisemitismo che colpisce una figura rispettabile – ha affermato Bombaci –. Carrai è stato parte attiva nell’accoglienza di bambini palestinesi all’ospedale Meyer. Spiace che Giani si presti a una campagna di strumentalizzazione che rischia di demonizzare un intero popolo”.
Gli Amici di Israele hanno chiesto alle istituzioni di porre fine a quello che definiscono un attacco ingiustificato, ribadendo la loro solidarietà a Carrai.
Una vicenda che pesa sulla campagna elettorale
Il futuro della Fondazione Meyer si intreccia dunque con la campagna elettorale regionale. Se da un lato il M5S rivendica un successo politico e Toscana Rossa chiede dimissioni immediate, dall’altro le associazioni filo-israeliane denunciano una deriva discriminatoria e chiedono che Carrai resti valutato solo sul piano manageriale.
La vicenda mette in evidenza le forti divisioni politiche e sociali che attraversano la Toscana sul tema del conflitto israelo-palestinese e sul ruolo delle istituzioni regionali nella difesa dei diritti umani e della coerenza etica.


