1849. Tumulti a Ronta con zappe forconi.... © n.c.
Dal nostro lettore e collaboratore Pier Tommaso Messeri, riceviamo e pubblichiamo questa interessante ricostruzione storica:
Dopo la sconfitta di Novara nel Marzo 1849, la difficile decisione di Carlo Alberto di abdicare a favore del figlio creò un certo sconcerto nell’opinione pubblica; uno sconcerto poco dopo amplificato in Toscana dalla frettolosa criticata dittatura del livornese Francesco Domenico Guerrazzi.
Anche nel nostro Mugello, pur essendo i paesani meno implicati nelle complesse vicende risorgimentali delle grandi città, gli animi furono accesi e più di una volta dovette intervenire la forza pubblica per raffreddare i bollori politici. Così come accadde a Ronta nel Marzo 1849, dove, dopo la messa domenicale, le semplici critiche e scambi d’opinione si trasformarono in qualcosa di ben più serio e dalle parole si passò ben presto ai fatti.
Per futili motivi quattro o cinque contadini iniziarono a spintonare, ingiuriandolo pesantemente, un membro di casa Pananti che, essendo conosciuto come fervente repubblicano, rispose con pugni e calci agli assalitori. I “codini”, provocati dall’atteggiamento non proprio remissivo del ricco Pananti, atterrarono a furor di popolo “l’albero della libertà” simbolo in quei tempi innalzato in molti centri urbani; la rissa immediatamente si espanse a macchia d’olio e ben presto le poche e spaurite guardie civiche di Ronta iniziarono a darsela a gambe e quasi inermi si rivolsero a chiedere rinforzi mandando dei ragazzi a invocare l’aiuto dei colleghi a Borgo San Lorenzo.
Era già scesa la sera, la luna splendeva in cielo mentre cinquanta uomini comandati dal capitano Ulivi appena avvertiti, si diressero frettolosamente e mezzi svestiti verso la piccola frazione, appena giunti nei pressi del Salto sentirono le campane di Pulicciano suonare a stormo e i rintocchi, ogni tanto intercalati da sonori scoppi di fucile, si facevano sempre più stonati.
Le grida, i tafferugli e gli spari ebbero maggior furore nei pressi della Piazza sotto l’antica villa Magnani. Il giovane Giovanni Gatti, della famiglia del più famoso Dott. Angelo, essendosi recato alla finestra di casa sua per vedere quel tripudio di forconi e zappe librate come armi contro le forze avverse, venne leggermente ferito da una palla di archibugio che gli sfiorò la testa strappandogli un po’ di capelli e facendo prendere al giovane una enorme paura.
Il Pananti rincorso dalla folla si nascose in casa sua, e continuando a minacciare tre tra le maggiori teste calde del piccolo paese, ricevette numerose sassate e ad alcune finestre furono rotti i vetri. Un suono di tromba squarciò la notte, i civici erano arrivati, combatterono per ore ed ore per riportare la calma.
Alla fine degli scontri solo il prete di Pulicciano che non si era reso conto del cessate il fuoco ordinato tra il popolino ormai esausto e continuava imperterrito a suonare le campane a martello, fu arrestato dal capitano e inviato in custodia in villa Pananti, proprio in casa di colui che aveva dato la scintilla ad una rivolta. La cosa incredibile, come riportano le cronache, è che nessuno morì nè fu ferito in modo grave, anzi al suolo rimase forse solamente la ciocca di capelli del fortunato Giovanni.
Piccoli miracoli di una realtà posta ai piedi dell’Appennino nel periodo risorgimentale toscano quando la politica divideva ma non distruggeva, e dove, dopo una tal buriana, tornava sempre il sereno.
Pier Tommaso Messeri


