Papa Francesco © Depositphoto
La morte di papa Francesco e la celebrazione del Bene. Perché la cristianità rimane l’unico baluardo di civiltà in un mondo malvagio. L’amato papa Francesco, all’anagrafe Jorge Mario Bergoglio, ha lasciato la vita terrena lo scorso 21 aprile, il giorno dopo pasqua. A tradirlo il cervello, con un fatale ictus, e non i polmoni, da mesi sofferenti a tal punto da richiedere, a metà febbraio, il ricovero in una struttura ospedaliera - il Policlinico Gemelli di Roma -. Giorni di sofferenze, una polmonite bilaterale che faceva presagire il peggio, e l’ossigenoterapia a alti flussi. E poi la ripresa, lenta, guidata forse dalla potenza divina che voleva il suo più alto rappresentante ancora qui, in questo mondo sconvolto dalle guerre, per compiere ancora azioni degne di un uomo di dio.
L’apparizione dal terrazzo dell’ospedale un mese prima della morte, con il saluto ai fedeli e il pollice alzato, a testimonianza della sua voglia di continuare a compiere la missione evangelica, faceva ben sperare. Le ultime immagini da vivo lo ritraggono in Piazza San Pietro, nel giorno di pasqua, tra la folla che amava tanto. Era provato, gonfio in volto, quasi assente. Ma c’era. Poi, poco dopo le 7 del giorno dopo, la notizia della sua morte. Per tre giorni il corpo di Bergoglio è stato esposto nella Basilica di San Pietro. Sabato scorso i funerali in Piazza San Pietro, che ha raccolto 250.000 persone, accorse per dare l’ultimo saluto al papa venuto quasi dalla fine del mondo.
Presenti delegazioni di 166 paesi, e personalità influenti della politica mondiale, primo fra tutti il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump. E poi la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen; il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky, che prima del funerale ha avuto un dialogo con Trump sulla guerra con la Russia all’interno della Basilica (stavolta è andata decisamente meglio rispetto all’incontro avvenuto due mesi prima alla Casa Bianca, al limite della rissa. Potrebbe essere il primo miracolo di Francesco); il presidente dell’argentina Milei, della Francia Emmanuel Macron, dell’India Droupadi Murmu, della Germania Steinmeier, del Brasile Lula, delle Filippine Marcos. I regnanti presenti erano dodici, i capi di governo ventitré, tra cui la presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, Giorgia Meloni. Assenti, per ovvie ragioni, Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu.
Il papa è così riuscito a riunire in una piazza la maggior parte degli esponenti più importanti della terra. La commozione è tanta, non solo da parte del mondo cristiano, ma anche di quello di altre confessioni e addirittura del laico. E’ un fatto che ha dell’incredibile, dal momento che oggi i modelli di riferimento di maggior successo sono individui lontani dalla moralità cristiana di carità. La deriva in Occidente dell’ultradestra, contraria all’immigrazione clandestina e spesso xenofoba, ne è un esempio lampante, e anche se i suoi esponenti si dichiarano cristiani, in realtà fanno l’esatto opposto di quanto predicato nei Vangeli. Lo stesso possiamo dire guardando al mondo della musica, dove artisti inneggianti la droga e la violenza vendono migliaia di copie e vengono emulati dai giovani, che in conseguenza dell’età ancora acerba non riescono a scindere l’arte dalla realtà.
Se la violenza è sempre esistita, a differenza del passato oggi ci viene proiettata giorno dopo giorno, e si ha l’impressione che sia ineluttabile. La distruzione, il sangue e la fame di Gaza, pur lontani, ci sembrano vicini. Lo stesso le bombe sull’Ucraina, con i palazzi sventrati, i crateri in terra e i civili crivellati dai proiettili nella cittadina di Bucha. Video di risse fuori dalle scuole e di sparatorie ce ne sono a bizzeffe sul web. E gli uomini forti e senza scrupoli, disposti a tutto per il potere, vincono le elezioni, come Putin e Trump - innumerevoli contestatori russi del primo sono morti in circostanze sospette, come la giornalista Anna Politkovskaja e l’attivista e politico Aleksej Navalny, mentre il secondo, se non fosse stato eletto di nuovo presidente, con tutta probabilità sarebbe stato condannato per avere, nel 2020 e a seguito della sconfitta contro il candidato democratico Joe Biden, esortato i suoi sostenitori a assaltare il Campidoglio con l’intento di non far certificare la vittoria all’allora ex vicepresidente Mike Pence e con l’idea, non supportata da alcuna prova, di brogli elettorali -.
Viviamo un’epoca storica che, mattone su mattone, sta ribaltando i valori cristiani su cui si fonda l’Occidente. Di recente è stato coniato un termine per sbeffeggiare chi predica il Bene: buonista, in riferimento a chi promuove non la chiusura, bensì l’accoglienza nei confronti dei migranti. Chi predica la pace, i diritti delle minoranze, l’accoglienza verso gli stranieri poveri, viene guardato con diffidenza e stizza, come fosse un ingenuo che non è consapevole di come vanno le cose in questo mondo, o peggio qualcuno che promuove la malavita - negli ultimi anni sono stati molti gli scandali riguardanti truffe commesse da cooperative e centri d’accoglienza in Italia -. E’ come se ci fossimo tutti rassegnati a come gira il mondo, e di conseguenza non rimane che concentrarsi sul proprio benessere, e non su quello comune.
La rassegnazione a una realtà in cui i migranti non possono trovare asilo in Europa perché non c’è ricchezza per noi, figuriamoci per loro, la pace è un’utopia poichè gli esseri umani sono cattivi di natura - e perciò bisogna armarci per affrontarel’imminente conflitto contro paesi nemici - , gli omosessuali non possono essere accettati dalla società perché nella Bibbia vengono condannati da dio stesso, ci fa credere di essere astuti, superiori agli ingenui che lottano per un mondo migliore. E se fosse questo il motivo principale, rimasto forse inconscio, per il quale la classe operaia si è spostata a destra, lasciando orfana di figlia la sinistra?
Il ragionamento potrebbe essere: visto che la sinistra predica l’utopia - la ridistribuzione equa della ricchezza, la conversione alle energie rinnovabili, l’accoglienza dei migranti, la convivenza pacifica tra culture diverse - meglio affidarci alla destra, consapevole dell’impossibilità di un cambiamento radicale e perciò più concreta, rispetto alla sua controparte, negli obiettivi da raggiungere.
Attenzione: il seguente non vuole essere un discorso moralistico. E’ inevitabile, e anche giusto, che un paese si armi se minacciato da un altro che non rispetta il diritto internazionale, così come lo è porre un freno all’immigrazione.
Il punto è che è facile, partendo da queste premesse, arrivare a perdere ogni forma di umanità. Il motivo è la paura di essere sopraffatti e annientati dal nemico, o dal diverso. E i pacifisti e i buonisti vengono tanto detestati perché concorrono, secondo questa mentalità di chiusura, a tale sventurata possibilità. Ma al di sopra delle intricate dinamiche della società e della politica, si stagliano le due sostanze con le quali la nostra coscienza fa i conti tutti i giorni: il Bene e il Male. Papa Francesco, massimo rappresentante del primo, era l’emblema del buonismo: ha sempre esortato l’accoglienza dei migranti, affinché costruissero un futuro dignitoso nei paesi d’asilo. A lui non interessava la situazione economica del paese accogliente - se l’accoglienza fosse quindi possibile o meno, e con qualimezzi e intenzioni - , ma che venisse dato loro il miglior aiuto possibile, con il maggior sforzo possibile, poiché è giusto così, punto.
L’intento del papa, di questo papa, era di far prevalere la parola di Gesù e dei profeti in ogni circostanza, come le sue continue dichiarazioni di cessate il fuoco a Gaza e in Ucraina. Per il Santo Padre l’attacco di Hamas del 7 ottobre non poteva mai giustificare la reazione di Israele, con la quota di cinquanta mila civili uccisi dalle bombe. Sapeva, dalle parole scritte nel Nuovo Testamento, che la guerra è sempre peccaminosa, e che va sempre evitata. La grandezza di Francesco risiede nel suo essere flessibile. Aveva capito che la chiesa ha bisogno di un necessario rinnovamento se vuol continuare a esistere e a rappresentare uno luogo di ristoro, sia fisico che spirituale, dove chiunque viene accettato così com’è, con le sue debolezze e il suo carattere. Persino gli omosessuali, considerati peccaminosi dalla dottrina cristiana. Nella Fiducia supplicans - la dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede pubblicata nel dicembre del 2023 - Bergoglio dichiara lecita la possibilità di benedire le coppie dello stesso sesso. Il gesto, precisa, non è da intendersi come un’approvazione dell’unione, ma come una benedizione - non liturgica - verso le persone che la formano. Seppur minima, è una forma di accoglienza e di apertura di non poco conto.
La sua vicinanza nei confronti della comunità Lgbt è stato un passo in avanti storico per la chiesa. Il papa ha chiarito che Dio è padre e non rinnega nessuno dei suoi figli, pur continuando a pensare che il matrimonio gay debba essere vietato. D’altronde il rinnovamento è un processo lungo e tortuoso, ma il papa ne è stato un ulteriore acceleratore. Era convinto che la chiesa deve connettersi al presente e tendere una mano a tutti. Si sono date per scontate le esortazioni di Bergoglio alla pace, alla tolleranza, alla compassione e al comportarsi rettamente. Il pensiero comune è: vabbè, è il papa, è ovvio che predica la pace e le azioni giuste. Eppure non è sempre stato così. In passato la chiesa cattolica ha compiuto azioni non degne del porgi l’altra guancia insegnato da Gesù, come le crociate, ovvero le campagne militari avvenute nel Vicino Oriente tra l’XI e il XIII secolo per la riconquista della Terra Santa, all’epoca sotto il dominio musulmano.
E che dire poi dell’Inquisizione, l’istituzione ecclesiastica che per centinaia di anni torturò e condannò a morte eretici, pagani, omosessuali, praticanti di stregoneria?
Bergoglio è l’araldo del Bene, della bontà al cubo, e oggi è raro assistere a tanta commozione per un personaggio così. Spesso la bontà è intesa come un’azione atta a un secondo fine, e non come un gesto disinteressato. La morte del papa ha ridestato le coscienze a perseguire il Bene, e a non lasciarci corrompere - emulandone le gesta - da coloro che compiono gesti ignobili, sponsorizzando se stessi senza provare alcuna vergogna. Un esempio è Fabrizio Corona, il celebre re dei paparazzi, che un mese prima della morte del papa argentino dichiarò che fosse passato a miglior vita da due mesi, e che l’audio con la sua voce rivolto ai fedeli registrato in ospedale fosse un falso. Quando poi riapparve, Corona dichiarò essere un sosia. Individui senza un briciolo di umanità come Corona sono purtroppo diventati esempi da seguire. Fama e ricchezza sono qualità ambite, ma la tristezza e l’amore provati per la morte di Bergoglio ci fanno ben sperare.
Il Bene vince, è lui che la vera guida dell’uomo. E se il Male sembra ogni volta sul punto di prevalere, ci sarà sempre un papa come quest’ultimo che ci indicherà la via del Bene, che non per forza deve combaciare con una dottrina religiosa, ma che è connessa al cuore di ognuno. Riposa in pace Papa Francesco, e grazie infinite per questi dodici anni. Non ti dimenticheremo mai.
Paolo Insolia


