animali selvatici © Fabu
Le Commissioni Territorio-Ambiente e Sviluppo Rurale del Consiglio Regionale della Toscana hanno approvato un piano faunistico venatorio che prevede la distinzione dei territori rurali in “zone vocate” e “zone non vocate” alla presenza di animali selvatici. Quindi, nelle zone non vocate – che sono quelle coltivate – cinghiali, caprioli e affini non possono entrare: devono restare fuori. Nelle aree a vocazione di fauna selvatica, la presenza di queste specie è consentita, ma in numero non eccessivo.
L’idea partorita dalla Regione Toscana, che riguarda da vicino anche i nostri territori mugellani, non è male sulla carta.
Ma, nella nostra ingenuità, ci chiediamo: come si farà a convincere cinghiali e caprioli a non accedere alle zone “non vocate”? Con dei cartelli? Temiamo però che gli ungulati – e forse anche i lupi – abbiano qualche difficoltà a leggere, visto che, malgrado gli appelli del Ministro Valditara, permane tra loro un elevato tasso di dispersione scolastica e analfabetismo.
Forse sarebbe meglio una campagna mediatica affidata ai TikToker e agli YouTuber più popolari del momento.
E come si stabilirà che, nelle zone vocate, le bestie sono già troppe e non ne possono più entrare?
Magari con dei robusti e scorbutici buttafuori, posizionati al confine, pronti a chiedere l’invito a cinghiali e caprioli che vogliono entrare. Una sorta di numero chiuso, con clientela selezionata come nei locali vip della Versilia.
Infine, una domanda:
Per accedere nelle zone in cui è consentita la presenza di fauna selvatica, sarebbe consigliabile un dress code, per filtrare ancor meglio gli invitati?


