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Zohran Mamdani nuovo sindaco di New York: la fine dell’era Trump?

Dalla Kampala ugandese alla Grande Mela, il primo sindaco musulmano e socialista di New York sfida la linea dura del presidente americano

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Trumo - Mamdani Trumo - Mamdani © nc
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“Donald Trump, visto che so che mi stai guardando, ho quattro parole per te: alza il volume”: questa frase, estrapolata dal discorso che Zohran Mamdani ha tenuto al Paramount Theater due giorni fa, dopo aver saputo di essere stato eletto sindaco di New York City, ha fatto il giro del mondo. Mamdani, in corsa con il Partito Democratico, ha ottenuto il 51,4% di voti, contro il 41,59% di Cuomo - in corsa da indipendente - e il 7,1% del repubblicano Curtis Sliwa. Il suo mandato inizierà il 1° gennaio 2026.

Mamdani è nato nel 1991 a Kampala, capitale dell’Uganda, paese dell’Africa orientale. Dopo una breve permanenza in Sudafrica, all’età di sette anni si trasferisce a New York. Suo padre, ugandese, è docente alla Columbia University di New York, mentre sua madre è una regista indiana. Dopo gli studi ha tentato la via della musica, ma la vocazione per la politica lo porta a unirsi al movimento socialdemocratico Democratic Socialists of America (DSA) e a partecipare a campagne elettorali, come quella di Tiffany Cabàn a procuratrice distrettuale della Contea di Queens, dove venne sconfitta da Melinda Katz. A ottobre 2024, dopo aver vinto le primarie democratiche contro Cuomo, annuncia di volersi candidare a sindaco di New York alle elezioni di novembre 2025.

Mamdani è così radicale che la sua idea di società è agli antipodi di quella che sta tentando di realizzare Donald Trump. Il presidente del paese ha infatti invitato gli abitanti della città che gli ha dato i natali a sostenere Cuomo, egli stesso democratico ma con valori più moderati. New York, che è sempre stata una fortezza democratica, ha però premiato Mamdani, voltando ancora una volta le spalle al tycoon - durante tutte le sue candidature a presidente, Trump non ha mai espugnato lo stato di New York -.

Mamdani è il primo sindaco di New York musulmano, e si definisce socialista. Qualche tempo fa lessi un articolo riportante che molti degli occidentali convertiti all’Islam avevano prima abbracciato il socialismo. Leader musulmani hanno addirittura coniato il termine socialismo musulmano, sostenendo che i valori occidentali di uguaglianza economica e sociale sono compatibili con gli insegnamenti del Corano e di Maometto. Mamdani è il perfetto esempio di questa commistione: pur essendo figlio dell’Occidente liberale, ha fede in una dottrina religiosa i cui seguaci hanno fatto - e continuano a fare - guerra all’Occidente, culminata l’11 settembre 2001.

Le idee però modellano la psiche della persona, tant’è che il taoismo sostiene che per diventare noi stessi dobbiamo prima diventare vuoti, ossia non credere in nulla. Ebbene Mamdani, da musulmano, può dichiararsi socialista poiché è una condizione che non va contro la sua religione, ma coerentemente con questa dovrebbe evitare di accostarsi in modo così deciso alla comunità LGBT. Lo scorso marzo il neosindaco ha sfilato al Pride di New York, manifestando il suo sostegno nei confronti delle persone omosessuali e di quelle che si riconoscono in un genere diverso da quello che la natura ha dato loro alla nascita, come i transgender e i non binari.

Quella di Mamdani non è solo una vicinanza di facciata; per citare alcune delle molte azioni da lui compiute, ha appoggiato la cancellazione della Walwing while trans ban, una legge entrata in vigore a New York nel 1976 e abrogata nel 2021, pensata per combattere la prostituzione di strada, ma che hacontribuito ad atti molestatori da parte delle forze dell’ordine verso le persone trans - specialmente afroamericane - e addirittura al loro arresto, spesso senza aver commesso il reato, ma per il solo fatto di essere trans. Il neo sindaco è stato anche co-firmatario del Gender Recognition Act, che snellisce la procedura per inserire sul documento un genere diverso da quello di nascita e che prevede l’opzione X, ovvero genere neutro.

Per la stragrande maggioranza dei musulmani - compresi celebri studiosi dell’Islam - l’omosessualità è proibita. Tranne alcune eccezioni, tra cui la Giordania e la Turchia, nei paesi islamici l’omosessualità è considerata un reato, e quindi perseguibile perfino con pene corporabili, come accade in Qatar e in Algeria. In Arabia Saudita, Iran e Afghanistan vige addirittura la pena di morte. Nei paesi tolleranti si assiste comunque a una forte discriminazione da parte della popolazione e delle istituzioni.

Sono i libri sacri dell’Islam - o meglio, la loro interpretazione maggiormente accolta dal mondo islamico - a proibire l’omosessualità. Mamdani riesce a conciliare il suo aspetto spirituale con quello politico, che hanno differenti concezioni. Si potrebbe osare dicendo che Mamdani pone la religione in secondo piano rispetto alla sua vocazione per la politica. O che le buone azioni nei confronti della comunità LGBT sono state da lui studiate a tavolino per accaparrarsi i voti di membri e sostenitori. Sarà il suo mandato a far trasparire la verità, anche se spesso a prevalere è la fede religiosa - basti pensare al fatto che molte conquiste storiche come il diritto all’aborto, le unioni civili, le adozioni gay e il matrimonio omosessuale sono criticate e contrastate da coloro che guardano al mondo di oggi con la lente della religione -. La chiesa ad esempio - che sia cattolica, protestante o ortodossa - si batte affinché sia vietato l’aborto in ogni situazione, perfino in caso di stupro o di malformazione del feto.

Nel suo discorso di vittoria, Mamdani ha detto anche che New York City rimarrà una città di immigrati, riferendosi alla politica di espulsione dal paese di migranti irregolari che il presidente sta portando avanti da quando si è insediato per la seconda volta alla Casa Bianca. Attraverso l’Ice - l’agenzia federale americana che si occupa di immigrazione - Trump ha dato l’ordine di espellere gli irregolari, la cosiddetta Operazione Aurora. Questo ha portato a una serie di proteste che si sono succedute in molte città statunitensi; Los Angeles è stata quella con il più alto impatto mediatico per via dei disordini particolarmente intensi.

Mamdani rappresenta l’anti Trump per eccellenza. Il suo programma elettorale tende una mano al ceto povero della società attraverso politiche che lo favoriscono direttamente, mentre Trump, in coerenza con la destra repubblicana statunitense, agisce sul ceto ricco - defiscalizzandolo e lasciando libero il mercato dal controllo statale - in modo tale che generi lavoro a vantaggio dei più poveri. Mamdani si propone di portare a termine i seguenti risultati: salario minimo a trenta euro l’ora; mezzi di trasporto pubblico gratuiti; congelamento degli affitti a canone regolato - i cui beneficiari hanno un reddito basso -; una rete di supermercati pubblici con prodotti a basso costo; l’accesso a asili pubblici o convenzionati. Tali iniziative saranno finanziate anche dal gettito fiscale che proverrà dall’aumento della tassazione ai ricchi, ma il problema è che sulle modifiche fiscali lo Stato di New York ha il diritto di veto, e la governatrice Kathy Hochul si è già detta contraria.

Cosa avrà voluto dire Mamdani con New York rimarrà una città di immigrati? Che tutelerà con maggior forza gli irregolari? Probabile, ma frasi del genere potrebbero far diventare New York una meta ambita più di quanto non lo sia già, creando disagi e situazioni difficili da sostenere. Nel 2023 la città è stata messa a dura prova, subendo un aumento vertiginoso degli arrivi: nella sola estate di quell’anno furono centomila. Aumentare i servizi assistenziali è doveroso, ma spesso non basta: servono fondi e un’organizzazione efficace non solo nel breve periodo, ma anche nel lungo, regolarizzando gli irregolari e immettendoli nel mercato del lavoro. E poi è inutile nascondere la testa sotto la sabbia: non ci può essere posto per tutti.

Se Trump rappresenta la punta più estrema dell’intolleranza, del blocco totale, Mamdani - almeno da come traspare dalle sue parole - rappresenta l’estremità dell’accoglienza, dell’apertura incondizionata. I due atteggiamenti danneggiano la società e l’economia americana in modo diverso; Trump, con i suoi arresti così plateali - come quelli avvenuti nella Chinatown di New York circa due settimane fa, dove una trentina di agenti dell’Ice, mascherati e con le armi puntate, hanno arrestato venditori ambulanti provenienti dall’Africa occidentale - imbarbarisce la società. Molti irregolari lavorano, ed espellerli sarebbe un duro colpo per l’economia, oltre che una procedura di una difficoltà inaudita, visto che si parla di undici milioni di individui. Mamdani invece potrebbe ignorare i disagi portati da una incontrollata immigrazione irregolare.

L’ex presidente Obama propose due leggi: una, del 2012, abbreviata in DACA - che fu approvata e prevedeva per chi fosse entrato illegalmente nel paese da bambino di ottenere un rinvio di espulsione di due anni (rinnovabili) e un permesso di lavoro - e l’altra, del 2014, abbreviata in DAPA - che non venne approvata e che concedeva la permanenza in paese agli irregolari che vivevano negli USA dal 2010 e avevano figli cittadini americani o residenti permanenti legali -. La DACA venne abrogata da Trump nel 2017, anno in cui divenne presidente la prima volta.

Trump considera tutti gli immigrati irregolari dei criminali da espellere poiché un pericolo per la sicurezza. E che tra questi - per una serie di ragioni non per forza ascrivibili al carattere intrinseco della persona, ma a seguito delle condizioni precarie in cui sono costrette a vivere - ci siano criminali come spacciatori e facinorosi, è innegabile. Dove si concentra un alto tasso di immigrazione irregolare si assiste a un incremento di reati di vario tipo. L’Italia è un esempio emblematico: i tanti clandestini che pullulano oramai le città italiane creano disagio alla popolazione locale, che assiste inerme all’aumento di furti, risse, spaccio di sostanze stupefacenti, stupri.

Riuscirà Mamdani, che ha l’aria da buon samaritano, ad affrontare le sfide legate all’immigrazione irregolare che gli si porranno davanti? Come pensa di fornire il supporto necessario a chi non è in regola, visto che leggi sull’immigrazione negli USA sono federali e non statali o cittadine? Nel settembre 2024 il quotidiano Il giornale di New York ha pubblicato un articolo in cui veniva riportato che il 75% degli arrestati a Manhattan - il cuore di New York - è composto da immigrati irregolari che intasano il sistema di giustizia penale cittadino. Mamdani porrà il problema in cima alla sua agenda, o lo piazzerà in secondo piano, come d’altronde fanno innumerevoli politici di sinistra occidentali?

La via di mezzo è sempre stata poco praticata in politica. Per acquistare e rafforzare la propria identità l’uomo tende a polarizzare le proprie posizioni, che nel seguente editoriale sono state identificate in Trump e Mamdani. Vista la grande disparità di potere tra i due, non può esserci alcuna sfida, ma Mamdani ha la grande occasione di sfidare Trump, dimostrando agli americani che esiste un’altra strada oltre a quella dell’intolleranza percorsa dal presidente, che non deve essere quella della tolleranza totale, ma, appunto, della valutazione accurata e delle conseguenti strategie per portare serenità e soddisfazione agli newyorkesi.

Paolo Insolia

 

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