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Pasolini, cinquant’anni dopo. Il mistero e l’eredità di una voce scomoda

La verità giudiziaria stabilì che Pasolini fosse stato ucciso dal diciassettenne Pino Pelosi, in un contesto di natura...

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L’ultima notte di Pasolini di Paolo Cochi L’ultima notte di Pasolini di Paolo Cochi © Paolo Cochi
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A mezzo secolo dalla morte di Pier Paolo Pasolini, avvenuta nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’Idroscalo di Ostia, il suo caso continua a dividere studiosi, magistrati e opinione pubblica. Cinquant’anni dopo, quella fine violenta rimane una ferita aperta nella coscienza civile italiana, simbolo di un Paese che ancora si interroga sui rapporti tra cultura, potere e verità.

Poeta, regista e intellettuale tra i più lucidi e controversi del Novecento, Pasolini stava lavorando al suo progetto più ambizioso, Petrolio: un romanzo incompiuto che intrecciava politica, economia e corruzione, anticipando molte delle contraddizioni del potere italiano. Tra le sue pagine, frammentarie ma visionarie, alcuni studiosi hanno intravisto riferimenti a personaggi reali e a trame industriali legate all’ENI e al petrolio. “Io so, ma non ho le prove”, scriveva nei Scritti corsari, frase che è diventata il simbolo della sua sfida intellettuale al potere.

La verità giudiziaria stabilì che Pasolini fosse stato ucciso dal diciassettenne Pino Pelosi, in un contesto di natura privata. Ma col passare degli anni quella versione è stata più volte contestata: le ferite sul corpo, le discrepanze nei verbali, le successive ritrattazioni di Pelosi hanno alimentato l’ipotesi di un omicidio di gruppo, forse orchestrato per ragioni che andavano oltre la sfera personale.

A rilanciare il dibattito è oggi il libro L’ultima notte di Pasolini di Paolo Cochi, Nino Marazzita e Francesco Bruno, che rivaluta gli atti giudiziari e solleva nuovi dubbi sulle indagini dell’epoca. Gli autori contestano la pista esclusivamente sessuale e invitano a leggere il delitto nel contesto politico e sociale dei Settanta, quando lo scrittore indagava temi scottanti come il potere economico e la trasformazione morale del Paese.

Rimane così irrisolta la domanda che attraversa mezzo secolo di ipotesi e silenzi: Pasolini morì per un incontro finito in tragedia, o fu eliminato per ciò che aveva scoperto?

Al di là del mistero, la sua voce continua a interpellare il presente. Pasolini resta il testimone più acuto di un’Italia inquieta, capace di denunciare le derive del consumismo e la perdita di valori collettivi. Cinquant’anni dopo, il suo sguardo corsaro continua a chiedere al Paese di non smettere di cercare la verità.

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