Mario Primicerio © Manuelarosi per Wikipedia
Se n’è andato, nella notte fra il 29 e il 30 maggio 2025, nella sua casa affacciata sull’Arno, Mario Primicerio: aveva 84 anni, un’esistenza spesa fra la matematica, la politica e – soprattutto – la pace. Fisico di formazione, poi ordinario di Meccanica Razionale all’Università di Firenze, era amato dagli studenti per le lezioni limpide e la curiosità contagiosa. Dai corridoi accademici alle aule consiliari il passo fu naturale: nel 1995 divenne il primo sindaco di Firenze eletto direttamente dai cittadini, guidando Palazzo Vecchio fino al 1999 con uno stile sobrio, intransigente sull’etica pubblica e attento alle periferie.
Ma la cifra umana di Primicerio precede e supera la politica. Giovanissimo incontrò Giorgio La Pira, di cui fu stretto collaboratore: insieme volarono ad Hanoi nel 1965 per un’ambasciata di pace in piena guerra del Vietnam. Da allora la diplomazia dal basso divenne il suo terreno d’elezione: missioni in Medio Oriente, nelle Americhe, nei Balcani, sempre con l’idea che le città – più ancora degli Stati – possano tessere dialoghi che i governi faticano a immaginare.
La stessa attenzione la riportò a Firenze nei giorni drammatici dell’alluvione del 1966, coordinando giovani volontari e studiosi stranieri: i «mud angels» che salvarono il patrimonio artistico sono anche figli della sua tenacia civile. Negli anni Novanta istituì il “Fiorino d’Oro” come simbolo di gratitudine cittadina: un gesto che rivelava la sua idea di comunità fondata sul riconoscimento del merito e del servizio.
Appena un mese fa il Consiglio comunale gli aveva assegnato il Giglio d’Oro per l’impegno ultradecennale in favore della pace. Il riconoscimento lo aveva commosso, non per vanità – ne era privo – ma perché testimoniava la continuità di un cammino iniziato accanto a La Pira e proseguito fino all’ultimo giorno.
Oggi Firenze perde un maestro mite e fermo; la comunità scientifica un ricercatore che credeva nella ricaduta sociale della matematica; i costruttori di ponti un compagno di viaggio infaticabile. Ci resta il suo esempio: la politica come servizio e la scienza come responsabilità. Nel silenzio del suo studio, fra appunti di equazioni e fotografie di viaggi di dialogo, rimane la traccia discreta di un uomo che ha saputo coniugare rigore e speranza. Addio, professore, sindaco, amico: il tuo sorriso severo continuerà a custodire l’anima civile di Firenze.


