festa della Liberazione © nc
Ottant'anni fa, la Toscana si liberava dalle catene dell'oppressione, un giorno di gioia e di speranza scolpito nella memoria collettiva. A seguire, pubblichiamo il testo di Alfredo Altieri, che con parole vibranti sottolinea l'importanza cruciale di quella data, un monito per non dimenticare mai il prezzo della libertà e i valori fondanti della nostra Repubblica.
LA RESISTENZA IN TOSCANA
La Resistenza in Toscana si presenta come un fenomeno storicamente assai ricco e complesso, ma ciò che emerge con più forza è la vicenda umana e civile delle popolazioni, i martirii, le sofferenze subite per la fame, per gli sfollamenti, le rappresaglie, i bombardamenti, la scia di tragedie provocate dai nazisti in fuga.
A ottant'anni di distanza, però, il giudizio su quel periodo è ancora divisivo, perché non si è mai fatto fino in fondo i conti con la storia. Il problema del dopo-fascismo non era e non è la vendetta contro le singole persone, ma bensì la condanna implacabile di atrocità, che non potevano restare nella coscienza e nella memoria delle popolazioni che le avevano subite come qualcosa di fatale, provocato da un destino inarrestabile.
Non si doveva, perciò, lasciare che si scatenassero meccanismi, magari inconsci, che facessero pensare a quelle strazianti tragedie, come a fatti voluti da un fato sovrannaturale. Nell'Italia del dopo-Liberazione non si doveva permettere che la colpa dei crimini compiuti dai nazifascisti deliberatamente e senza nessuna umanità, potesse, poi, attraverso un processo di metamorfosi della memoria, gettare ombre anche dove non dovevano sussistere. Le ferite di quel periodo stentano a rimarginarsi, forse perché non è stato sottolineato con la forza necessaria, che i boia nazifascisti non avevano nessun diritto e nessuna giustificazione per straziare donne, bambini e vecchi innocenti e che il tentativo di far passare questi crimini bestiali, come reazione, magari impulsiva, alle azioni di guerra partigiane era un'infame, cinica, atroce menzogna poiché in realtà le stragi facevano parte di una precisa strategia, lucidamente elaborata e spietatamente messa in pratica.
Perché gli ordini di incendiare case e villaggi, di impiccare, di torturare e di uccidere i “complici” dei partigiani, fossero anche donne e bambini venivano direttamente da Hitler fin dai primi giorni dell'occupazione nazista in Italia, ancor prima che il movimento partigiano iniziasse la lotta; né va taciuto che Hitler aveva promesso la più ampia impunità, qualunque fossero le atrocità commesse dai suoi uomini.
Le azioni di guerra partigiane erano colte dai tedeschi come pretesto e come copertura per le loro infamie, che venivano usate con l'obiettivo di creare fratture profonde e insanabili tra popolazioni e movimento resistenziale. L'obiettivo era quello di seminare il terrore per paralizzare la guerriglia partigiana, che diventava sempre più forte nelle retrovie, nel momento in cui la linea del fronte stava arretrando. Le stragi, gli eccidi e le rappresaglie dovevano preparare il terreno per l'arretramento delle truppe combattenti impegnate sulla linea del fronte e per evitare che si presentasse qualsiasi ostacolo o complicazione nello svolgimento di queste manovre.
Negli ultimi anni i tentativi di deformare l'immagine della Resistenza e di screditarla ha avuto una certa efficacia, anche perché i canali di diffusione di massa, alle volte, non si sono preoccupati di analizzare la metodologia usata nella divulgazione. E vale ricordare, che la Resistenza in Toscana non fu un moto improvviso: fu il risultato di una lunga opposizione pagata prima da pochi con il carcere, il confino e con le condanne del tribunale speciale; poi, dopo l'entrata in guerra di Mussolini e i disastri che ne derivarono, un movimento capace di coinvolgere vasti settori di cittadini. E a proposito dell'Antifascismo, questa parola è sinonimo di pace, di libertà, garante dell'involucro di una democrazia sia diretta che rappresentativa (referendum e parlamento), poggiante sull'indispensabile indipendenza della magistratura; tutti principi che si incarnano nella nostra Carta Costituzionale nata dalla lotta di liberazione.
Alfredo Altieri


