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Giovanni e Banco dalla Scharperia, maestri vetrai dimenticati

Non solo ferri taglienti in quel di Scarperia

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Giovanni e Banco dalla Scharperia, maestri vetrai dimenticati Giovanni e Banco dalla Scharperia, maestri vetrai dimenticati
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Se visitiamo lo splendido Duomo dell’Assunta a Pisa, quello in Piazza dei Miracoli proprio accanto alla torre pendente, oppure la Cappella Pazzi in Santa Croce, non possiamo fare a meno di ammirare le splendide vetrate quattrocentesche che arredano e illuminano la struttura. Ad esempio, possiamo scorgere a Pisa un Cristo raffinato che sorregge un enorme globo formato da 20 cerchi concentrici colorati, oppure a Firenze la vistosissima “vetrata di Sant’Andrea” nella Cappella Pazzi che lascia davvero a bocca aperta per la sua eleganza.

Ebbene, è giunto il momento di svelare che, pensate, questi capolavori del Quattrocento sono il frutto del lavoro di una famiglia mugellana, e in particolare di due personaggi purtroppo dimenticati, Giovanni e Bartolomeo detto “Bancho” dalla Scharperia.
Proprio così, il castello mugellano da poco fondato da Firenze con il nome di Castel San Barnaba non sfornava solo preziosi coltellinai, ma anche artigiani raffinati.

Dovete pensare che le creazioni in vetro rappresentavano all’epoca un vero e proprio lavoro d’”élite” di cui ben pochi erano capaci. Erano loro i veri ARTISTI del Quattrocento, erano loro a prendere le commesse migliori dal clero e dalla nobiltà e poteva capitare che fossero sempre loro a chiamare poi in subappalto dei baldi giovanotti come il Ghiberti, il Baldovinetti e il Ghirlandaio per fare dei disegni da riprodurre sulle colorate vetrate. D’altra parte, da quando nel 1415 il castello scarperiese era stato ampliato per ospitare il Vicario, il potere amministrativo e giudiziario fu in parte decentrato da Firenze proprio nel centro mugellano. Il Vicario aveva, infatti, all’epoca giurisdizione sulle podesterie di Barberino di Mugello, Borgo San Lorenzo, Campi, Carmignano, Dicomano, S. Godenzo, Sesto, Fiesole e Vicchio. Così, il borgo fortificato aveva visto accrescere le capacità produttive, commerciali e artigianali. Attratti dalle commissioni fiorentine, a un certo punto i due vetrai si trasferirono in città, dove già lavoravano i cugini Goro e Lunardo (Leonardo) detto “il Lastra”, maestro vetraio impegnato da qualche tempo nella Fabbrica del Duomo. Sappiamo così che Giovanni nel febbraio 1436 andò a lavorare nel Duomo di Firenze come maestro legnaiolo e costruì tre telai “per gli occhi grandi del tamburo” e le vetrate della navata principale. … (omissis)… I lavori pisani nel Duomo costituiscono ancor oggi l’esempio più significativo e corposo dell’abilità di bottega dei Della Scarperia.

Della vita privata dei vetrai mugellani sappiamo veramente poco. Nati presumibilmente intorno al 1410, i due fratelli ebbero entrambi una lunga vita e camparono fino alla fine del XV secolo, quando avevano ormai circa novant’anni. Negli ultimi anni di vita, Pisa fu la loro casa. E’ abbastanza inspiegabile che questi personaggi abbiano subito l’oblio della storia, visto la notevole bravura e l’importanza che ebbero al loro tempo. E se qualcuno pensa che io esageri e sia campanilista (capita spesso), anche questa volta ha torto marcio perché io mi limito a riportare il risultato di precise ricerche mie o di altri. D’altronde, a me piace parlare di Mugello, magari se scrivessi di Arezzo diventerei un campanilista… aretino! Per farla breve, quanto ho raccontato è almeno in parte il risultato di studi approfonditi effettuati alcuni anni or sono dall’Università di Pisa e in particolare dal professor Vittorio di Feliciantonio, studiosi “neutrali” e competenti che si sono mossi su indicazione dell’Istituto per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali.

E proprio dall’analisi accurata dei documenti ufficiali di pagamento pisani di metà Quattrocento, sono emerse queste preziose indicazioni che certificano la presenza importante, attiva e continua della bottega dei “della Scharperia” nella creazione di vetrate e decori d’eccellenza in un luogo così prestigioso. Bartolomeo e Giovanni furono dunque artigiani sopraffini e molto ricercati, al pari di pittori e scultori, artigiani insuperabili da non dimenticare che erano nati e avevano imparato l’arte proprio nel nostro Mugello.


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