OK!Mugello

Confcommercio: "in provincia di Firenze a rischio 22mila posti di lavoro"

Abbonati subito
  • 504
La protesta in piazza della Repubblica La protesta in piazza della Repubblica © n.c
Font +:
Stampa Commenta

Questa mattina a Firenze e in altri Comuni del territorio si è tenuta una manifestazione che ha visto partecipare negozi, bar e ristoranti di Firenze e provincia aperti dalle 10.30 alle 13 per sensibilizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sulla necessità di far ripartire le attività (35mila quelle fiorentine sospese per il periodo di lockdown) e di varare misure concrete di sostegno al settore, per evitare il peggio.

Secondo l’indagine Confcommercio-Format Research a livello provinciale sono a rischio 3 miliardi di euro di valore aggiunto e 22mila posti di lavoro.

Sono 35mila in provincia di Firenze le imprese del terziario ferme per il “lockdown”, che hanno visto i propri ricavi completamente azzerati – o quasi – e che ora, col protrarsi dell’emergenza sanitaria, si sentono ogni giorno di più a rischio sopravvivenza. Per raccogliere il loro grido di allarme, Confcommercio Toscana ha organizzato oggi (lunedì 4 maggio) una mobilitazione che anche a Firenze e provincia ha visto coinvolti moltissimi negozi, bar e ristoranti, oltre ogni aspettativa. Serrande alzate, porte aperte, luci accese: pur senza far entrare i propri clienti, gli imprenditori del terziario hanno voluto sensibilizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sulla necessità stringente di ripartire, così come è stato concesso ad altri settori, economici, e su quella di misure concrete di sostegno al settore (come contributi a fondo perduto, moratoria fiscale, aiuti per pagare affitti e bollette) per evitare il peggio.

A Firenze la mobilitazione ha avuto il suo clou nella conferenza stampa che si è svolta di fronte al Caffè Gilli in piazza della Repubblica. Ad aprire gli interventi il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni con il presidente della Confcommercio fiorentina Aldo Cursano. Presenti anche il sindaco Dario Nardella e il presidente della Camera di Commercio di Firenze Leonardo Bassilichi, che hanno sposato le ragioni della protesta schierandosi a fianco dei commercianti e manifestando l’impegno per accogliere le loro richieste. Sono intervenuti inoltre il presidente dell’Associazione Ristoratori Fiorentini Marco Stabile, gli imprenditori Francesco Sanapo e Marco Valenza a nome dei colleghi delle caffetterie, il presidente provinciale Silb (Sindacato Italiano Locali da Ballo) Riccardo Tarantoli e per il commercio su area pubblica Tatiana di Mambro, vicepresidente provinciale di Fiva Confcommercio.

Secondo l’indagine commissionata da Confcommercio all’istituto Format Research, per il 2020 sono a rischio il 10% del valore aggiunto complessivo del terziario provinciale (ovvero 3 miliardi di euro), 22mila posti di lavoro e 7mila imprese di commercio, ristorazione, ricezione turistica, servizi alle imprese e alla persona, logistica.

“La crisi economica nata dall’emergenza sanitaria è ben più dura di quelle che abbiamo vissuto nel 2008 e nel 2011. Ci sono settori che, come il turismo, hanno azzerato il loro apporto alla ricchezza regionale e il contraccolpo sarà durissimo”, commenta la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini, “per questo oggi abbiamo dato voce a quella parte del terziario che è stata esclusa dalla ripartenza. Si tratta, non dimentichiamolo, di imprenditori con famiglie, figli, genitori anziani: nessuno vuole mettere in pericolo la propria salute. Ma possiamo garantire standard elevati di sicurezza e quindi vogliamo e, soprattutto, dobbiamo tornare a lavorare per garantire un futuro alle nostre imprese e ai nostri dipendenti. E rivolgo un appello ai nostri clienti: non dimenticateci, abbiamo bisogno della vostra solidarietà, potremo risollevarci solo grazie a voi”.

“C’è tanta voglia di ripartenza”, sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, “oltre due mesi di inattività hanno minato duramente gli equilibri economici delle nostre aziende, ma non ancora il nostro spirito. Oggi ci siamo mobilitati perché non c’è motivo di tenere altre due settimane ferme alcune attività, mentre altre già sono ripartite. Perché una profumeria o un ferramenta possono lavorare ed un negozio di casalinghi, per esempio, no? Crediamo sia più pericoloso mettere insieme decine di centinaia di operai nelle fabbriche che non autorizzare ad entrare nei nostri negozi, un cliente alla volta, rispettando tutte le misure di prevenzione. Non vorrei che qualcuno avesse già decretato la morte di decine di migliaia di imprese commerciali, che rappresentano la spina dorsale di un modello sociale italiano, che ci distingue dagli altri. Non vogliamo diventare un Paese che vive di Amazon, commercio elettronico e delivery”.

“Per i ristoranti e pubblici esercizi in genere è più importante il “come” riaprire, rispetto al “quando””, aggiunge il presidente della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) Confcommercio Aldo Cursano, presidente della Confcommercio fiorentina, “se dovessimo riaprire con gli stessi costi di prima, e gli incassi più che dimezzati dalle misure di prevenzione e dalla paura del virus, sarebbe un bagno di sangue”, spiega. “Vogliamo ripartire presto, ma servono misure di sostegno importanti. Per questo abbiamo chiesto spazi pubblici gratuiti nei quali distanziare meglio i nostri tavolini e mantenere gli stessi coperti di prima, sgravi sulle locazioni, la deducibilità fiscale delle spese di ristorazione e la riduzione dell’Iva, e soprattutto la decontribuzione delle spese del personale”.

Alla mobilitazione hanno partecipato anche le rappresentanze degli ambulanti, riunite di fronte allo storico mercato fiorentino di Sant’Ambrogio. “Siamo gli invisibili del commercio”, denunciano dalla Fiva (Federazione Italiana Venditori Ambulanti)-Confcommercio, “un negozio chiuso si nota, ma dei nostri banchi non resta traccia. Qualcuno di noi ha dovuto sospendere il lavoro addirittura dalla fine di febbraio e ancora molti mercati sono sospesi anche per la parte alimentare. Le nostre sono molto spesso imprese familiari, non abbastanza strutturate per resistere a questi mesi di mancati incassi. Abbiamo bisogno di sostegni concreti, come l’esonero da Cosap e Tari e liquidità a fondo perduto, ma soprattutto vogliamo tornare a fare i mercati all’aperto, che hanno tutti i requisiti per poter diventare luoghi sicuri per la spesa”.

Lascia un commento
stai rispondendo a