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29 giugno 1919. La tragedia del terremoto del Mugello. Seconda puntata

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29 giugno 1919. La tragedia del terremoto del Mugello. Seconda puntata 29 giugno 1919. La tragedia del terremoto del Mugello. Seconda puntata © n.c.
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Nella foto qui sopra: Case completamente sventrate alla Mirandola (Vicchio) - (Seconda parte, clicca qui per la prima parte). Era una dolce e assolata domenica di fine giugno dell’anno 1919; la Grande Guerra (1915/1918) era da poco terminata e ancora tante famiglie piangevano i loro morti , i suoi dispersi, i loro grandi invalidi, ma la vita doveva andare avanti fra tante difficoltà di ordine sociale (giunse anche la febbre spagnola che fece tante vittime) in mezzo alla miseria e alla fame, alla crescente disoccupazione che fece degenerare non pochi scontri con le forze del’ordine con gruppi di dimostranti, fra contadini e pigionali, che reclamavano un posto di lavoro e un pezzo di pane decoroso. Era un giorno di domenica e davanti alle tante chiesette sparse in tutta la vallata moltissimi contadini con le loro famiglie assistevano alla funzioni religiose per la festa di San Pietro e Paolo, rari momenti di aggregazione settimanale prima di riprendere la strada verso il podere qualche volta distante anche alcuni chilometri. L’orologio batteva da poco le dieci quando una scossa assai violenta che si ripetè dopo poco tempo, pari al settimo grado della “Scala Mercalli” prese d’infilata l’arco dell’Appennino dal monte della Giuvigiana al monte Faviglie, dal gioco di Villore al monte Peschiera fino al Muraglione e ancora più su alla cosidetta Terra del Sole. Se questa vasta zona fu l’epicentro del sisma e dove si ebbero più vittime e danni, anche tutto il Mugello e la Val di Sieve non restò immune e i comuni maggiormente colpiti in ordine di intensità e di danni alle persone e alla cose furono Vicchio di Mugello, Dicomano, Borgo San Lorenzo, San Godenzo, Marradi, Firenzuola, Scarperia, Barberino, Londa, San Godenzo e in parte anche Rufina e Pontassieve. Mentre i grossi centri del basso Mugello si organizzarono in maniera decente per i primi soccorsi, nelle lontani frazioni appenniniche ma più che altro nei casolari sperduti dell’Alto Mugello e del Santerno, fu una tragedia nella tragedia. Le case coloniche crollarono con relativa facilità seppellendo uomini ed animali nelle stalle; diverse frane ostruirono le strade poderali e vicinali e le difficoltà per cercare aiuti furono talmente tante che non pochi contadini morirono per le ferite riportate senza possibilità di prestargli un minimo di aiuto. Se nel comune di Borgo San Lorenzo una delle frazioni più colpite fu San Pietro a Casaglia con tre morti e decine di feriti, così anche San Giovanni Maggiore, Panicaglia, Il Salto, Santa Maria a Pulicciano, Ronta, Razzuolo e la Madonna dei Tre Fiumi e in parte Luco, Grezzano e Figliano, le maggiori distruzioni si ebbero nel comune di Vicchio di Mugello epicentro di questa autentica tragedia. Villore e Corella, Ampinana e Pilarciano, Vespignano e Pesciola, Muccianello e San Cassiano in Padule, Rostolena e Gattaia, Casole e Rupecanina ed altri piccoli villaggi e casolari sperduti, così come lo steso abitato di Vicchio di Mugello, che ebbe alcune vittime e molti danni in paese fra cui il crollo in parte dell’antica Pieve di San Giovanni Battista (furono purtroppo perse le opere in affresco della cupola del grande Galileo Chini, che le realizzò ai primi del ‘900). Ma anche nella piana della valle ci furono vittime e danni segnatamente a Santa Maria a Vezzano e Piazzano, così anche nella parte Sud-Ovest verso il Monte Giovi, Arliano, Cistio, Campestri, Sant’Ansano e Montepulico, che risentirono notevolmente della violenta scossa tellurica; case crollate, strade interrotte, gente terrorizzata che vagava per i campi, mancanza di acqua e medicinali. Quando cominciarono a giungere da Firenze le prime colonne di soccorso dell’Esercito e della Croce Rossa, i funzionari addetti si accorsero che in diverse frazioni furono gli stessi abitanti che dopo i primi momenti di terrore iniziarono con solerzia e senso del dovere l’opera di aiuto verso i compaesani più colpiti e questi episodi furono evidenziati da tutta la stampa mettendo in risalto non solo la lentezza dei soccorsi la segnatamente la grande volontà, la generosità, l’altruismo di tutti gli abitanti del Mugello che si organizzarono talmente bene (grande fu l’opera prestata da tutti i “fratelli” e le “sorelle” delle Misericordie mugellane) da suscitare meraviglia e non poco stupore degli ufficiali dell’Esercito e del Genio Militare. La ricostruzione, fortunatamente fu abbastanza celere e in tutti i paesi più colpiti furono costruite numerose baracche con tutti i servizi igienici e quindi senza tanta burocrazia e per dare lavoro a tante gente ecco tre Cooperative Edili (chiamate la Rossa socialista, la Bianca Popolare e la Verde liberale -ndr), iniziarono a costruire su progetti del Genio Civile, molti stabili antisisma, talmente stabili che anche ai giorni nostri testimoniano l’ottimo lavoro che fu effettuato all’epoca, di cui quello in via Francesco Pecori Giraldi dove lo scrivente di queste note ci ha abitato per 30 anni. Ci è giunge in questi giorni sul nostro tavolo il libro dell’amico Adriano Gasparrini, sul terremoto del Mugello, che lo ha dedicato quasi completamente al territorio del comune di Vicchio di Mugello dove il sisma fu più violento, causando il maggior numero di vittime, che furono oltre 60, senza contare i feriti. Di questa preziosissima testimonianza, che raccoglie anche immagini fotografiche inedite, alcune delle quali tratte dal nostro archivio (le abbiamo prestate molto volentieri all’amico poichè Adriano Gasparrini è uno dei rari che ha l’educazione civica e il garbo di ringraziare), avremo modo di riparlarne ancora con tutti i dettagli in merito, poiché sarà presentato sabato 29 giugno 2019 (giorno del terremoto 100 anni orsono), nella Pieve di San Cassiano in Padule (ore 18,15) a Le Caselle. (Continua -2)

 

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