Papa Francesco © Wokipedia
Oggi tutti lo piangono, per prassi. Lacrime di coccodrillo aggiungo.
E’ davvero nauseante che anche a un Pontefice spetti la sorte di qualsiasi essere umano: diventare buono e indimenticabile da morto.
In realtà Papa Francesco, all’anagrafe Jorge Mario Bergoglio è sempre stato un divisivo. Un Pontefice contradditorio amato più fuori che dentro il Vaticano.
Fin da quel 13 marzo 2013 quando è stato eletto al soglio di Pietro, primo nella storia a dire semplicemente “buonasera!”, a prendere il nome di Francesco e a convivere con un Papa emerito solo all’apparenza defilato ma in realtà parecchio ingombrante.
Fra gli spifferi del Vaticano si raccontò ben presto che molti Cardinali si pentirono ben presto di averlo eletto nelle segrete stanze della Cappella Sistina.
Dopo il lungo pontificato di Giovanni Paolo II che cambiò il Novecento e il trauma delle dimissioni di Benedetto XVI serviva uno tranquillo.
Un Papa di transizione, mansueto e facilmente condizionabile che facesse da ponte fra le due anime: quella tradizionalista e quella avanguardista.
Ma sbagliarono.
Bergoglio non è mai stato quello che volevano fosse.
E' stato un Papa che non si è mai risparmiato e a cui non è mai mancato il coraggio di prendere posizioni forti e decise.
Spesso anche un po' troppo tranchant anche su temi importanti: come le guerre, la povertà, la migrazione, l’aborto, l’omosessualità e la libertà di espressione.
Iniziò il Pontificato andando in missione a Lampedusa mettendo subito i puntini sulle I di quello che sarebbe stato.
Da quello scoglio ai confini dell'Europa lanciò strali contro chi voleva fermare la povertà e la migrazione.
Del resto aveva scelto di chiamarsi Francesco per stare dalla parte degli ultimi.
Il tema dei migranti è stato al centro della sua missione pastorale, ma di fatto le sue parole ripetute infinite volte hanno, secondo gli oppositori, sdoganato il traffico degli esseri umani poiché se da una parte faceva (per l'appunto) il Papa e ripeteva che era doveroso salvare uomini e donne in mare per carità cristiana non si è speso con altrettanto decisione in anatemi contro chi sfrutta quella disperazione degli ultimi.
Papa Francesco è stato un Papa amato più dai non credenti che dai cattolici.
Un rivoluzionario oppositore di quelli che lui definiva gli “indietristi” ovvero i nostalgici della chiesa che fu.
Uomini di curia a lui così lontani e con cui non ha mai voluto avere niente a che fare né da vivo con la scelta di vivere a Santa Marta né da morto con la scelta di essere sepolto a Santa Maria Maggiore.
Essere il Papa preferito dai non credenti non gli ha permesso però di avvicinarli alla Chiesa, ma anzi lo ha portato ad avere molti nemici in comune con chi non crede.
E' qui il grande bluff?
Di certo è che dopo i suoi 12 anni di pontificato la Chiesa sarà diversa.
Le sue frasi da innovatore nelle parole e conservatore nella dottrina sono pietre scolpite.
Parole più da uomo della strada che sacre che lo consegnano all’eternità più come icona laica che come “santo subito”.
Un passaggio cruciale del suo pontificato fu il luglio 2013 quando durante il volo di ritorno dal viaggio a Rio de Janeiro pronunciò la famosa frase: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?”.
Una frase che tolta dal suo contesto (la domanda complessa del giornalista era sulle lobby gay in Vaticano) fece sobbalzare in un evviva i paladini dell’apertura Lgbtq+ trasformando Bergoglio in un idolo laico con il poster da appiccicare nei salotti buoni con la citazione di quella frase celebre alla pari di “I’ve a dream" di Martin Luther King o “Ich bin en berliner" di John Kennedy.
Rimasero solo parole perché l’atteggiamento della Chiesa di Roma continua a ritenere l’unica unione possibile quella tra uomo e donna e la scivolata della "frociaggine" ha fatto il resto.
Accogliere i migranti era dunque un suo mantra. Del resto lo ribadiamo, di mestiere faceva il Papa. E di cose "rivoluzionarie" a favore degli ultimi Francesco, nel segno di quel nome ingombrante che si portava, ne ha fatte davvero tante come accogliere in Vaticano famiglie di rifugiati siriani, fare installare docce, barbieri e dormitori per i senza tetto proprio sotto il colonnato del Bernini, aprire le porte del Vaticano alla vaccinazione gratuita per migranti e poveri durante la pandemia e potremmo andare avanti ancora.
Un progressista così amato dalle sinistre laiche, green e woke a tal punto da fare affermare a Massimo D’Alema che Bergoglio era il “più grande leader della sinistra”.
La situazione geopolitica mondiale attuale è figlia del bergoglismo?
In parte sì, perché se bussare alle porte dei più ricchi da parte dei più poveri è un’evoluzione dei tempi quelle spinte migratorie, al di là e al di qua dell’oceano sospinte anche dalle parole del Papa si sono fatte più intense e quando sono state chiamate al voto le democrazie europee e americane hanno voltato le spalle ai progressisti.
Un fallimento?
Certamente Bergoglio muore col cruccio di non aver “risolto” le due guerre in corso a cui teneva molto, ma anche qui ha vinto la sua umoralità.
Tanti dei potenti che oggi lo piangono e che verranno a Roma a chinare il capo davanti alle sue spoglie mortali lo attaccarono fortemente quando, al momento dell’invasione della Russia all’Ucraina affermò la cruda realtà dei fatti ovvero che la “Nato abbaiava alle porte della Russia”.
Lo costrinsero a puntualizzare edulcorando il concetto con la spiegazione che "nelle situazioni complesse non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli”. In pratica una supercazzola.
Ripetiamo Bergoglio più che rivoluzionario si conferma contraddittorio, come quando da una parte porge (nuovamente) le mani alla comunità Lgbtq+ con la “fiducia supplicans” in cui permette la benedizione delle coppie irregolari anche formate da partner dello stesso sesso salvo poi ribadire categoricamente che "il matrimonio è un'unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli.”
Prima tira il sasso e poi nasconde la mano?
Il risultato è che riesce a fare arrabbiare gli uni (la comunità woke) e gli altri (i curiali che gliela giurano).
All'apparenza progressista, ma anche qui contraddittorio nei fatti anche sulla questione aborto.
Nel corso del suo viaggio in Belgio lo definì "un omicidio e i medici che lo praticano sicari” ma poi va a trovare Emma Bonino abortista per eccellenza definendola “una grande italiana”.
Che Papa Francesco si sia fatto molti nemici dentro la chiesa più che fuori è cosa nota, del resto i veleni sotto i colonnati di San Pietro sono di casa.
Girano da anni documenti anonimi firmati Demos con critiche alle sue decisioni come quella sulle restrizione della liturgia preconciliare che come scrisse padre Georg Gänswein nel suo libro in cui si tolse dmolti sassolini dalle scarpe fece “lacrimare il cuore di papa Ratzinger”.
In quei documenti si afferma senza mezzi termini che “alcuni aspettano il nuovo papa” mentre altri si chiedono se "Francesco non sia un po’ fuori di testa”. I famosi chiacchiericci a cui alluse più volte.
Che ne sarà dopo Bergoglio che ha cercato di “blindare” la sua successione battendo il record di nuovo cardinali elettori scelti per il conclave?
Difficile dirlo.
Che ha nemici ad Occidente è noto e in prima linea dopo la morte dell’australiano George Pell è il cardinale americano Raymond Burke, ma con lui c’è anche tutta l’Africa a cui non è mai andata giù l’apertura alla benedizione gay.
Basta quindi con le lacrime di coccodrillo di circostanza. Se muore un papa se ne fa un altro dice un vecchio adagio.
Chi sarà e dove porterà la chiesa difficile dirlo?


