Fontebuona. La strana storia della ‘Cappellina’ che ‘nessuno vuole e nessuno se la piglia’ © n.c.
C’era una volta una chiesina costruita con tanto amore da un gruppo di volontari di paese, come regalo per la comunità di Fontebuona (un regalo ricco delle radici del territorio poiché costruito con i sassi del torrente Carza). Gli anni passavano, le persone cambiavano e la chiesina era ancora lì, esposta a intemperie e incuria della gente ad aspettare che qualcuno aprisse la sua porta anche solo per celebrare una messa. Le prime conseguenze degli agenti atmosferici e dell’indifferenza della gente iniziarono ad essere visibili. Segno che il tempo stava trascorrendo anche per lei. Diversi decenni dopo muore il proprietario. Sul testamento si legge: “Offro in dono alla curia questo mio bene”. Visita del cardinale: per la famiglia proprietaria tutto sembra pronto per la formalizzazione del passaggio di proprietà di quel bene che tra l'altro non possono e non vogliono tenere. Proprio quando tutto sembra per concludersi per il meglio però… crolla il tetto. Il sindaco fa quanto a lui possibile per mettere in sicurezza il luogo: Recinzioni e rimozione del materiale pericolante. Un giorno la famiglia aprendo la cassetta della posta trova una lettera. Mittente? La Curia. Alla luce dei gravi problemi riscontrati alla chiesa ed alla canonica di Vaglia la curia ha deciso di intervenire finanziando questi lavori e pertanto non è più interessata al recupero della cappella di Fontebuona, rinunciando così alla donazione della medesima. Inaspettato retro front. Alla famiglia viene concessa un’ultima possibilità: “Organizzate una colletta in paese per il recupero della ‘Cappellina’ e accetteremo la donazione”. Iniziano le prime riunioni di paese a cui però partecipano le solite 4/5 persone (prete e proprietari compresi!). Impossibile il raggiungimento dell'obiettivo. Anno 2018: Tutto è sempre fermo, tranne la "Cappellina". Lei no, lei si muove accarezzata dal vento e dalla pioggia. La sua situazione è peggiorata e la proprietaria ed i futuri eredi sono preoccupati per eventuali ulteriori crolli e danni a persone o cose. “Stiamo cercando un modo per non avere più responsabilità sul bene”, ci dicono. Qualcuno in paese ancora spera in un suo restauro: “Sarebbe bello rivederla almeno simile a come era un tempo. Mi ricorda la mia infanzia quando aiutavo mio zio a portare i sassi del torrente per costruirla. E’ qualcosa che fa parte delle nostre radici.” Si conclude (per ora) così la storia di una sfortunata "chiesina" costruita pensando di fare del bene per la comunità ma destinata a morire in solitudine. L’indifferenza al momento sta vincendo sulla nostalgia; chi sa però cosa le riserverà ancora il destino?


