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Giusto o sbagliato? I dubbi e il pensiero di un giovane lettore

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Giusto o sbagliato? I dubbi e il pensiero di un giovane lettore Giusto o sbagliato? I dubbi e il pensiero di un giovane lettore
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Una email firmata “Marco dal Mugello, 19 anni”. A differenza di coloro che ci confezionano riflessioni personali, Marco ha deciso di allontanarsi dalla dualità giusto/sbagliato, e ha messo sui piatti della bilancia le opinioni di ogni schieramento in lotta, in situazione di perfetta parità. Non ha espresso giudizi, ma seduto sul ciglio della montagna ci ha descritto il panorama. Ritengo importante la sua lettera in quanto sussume una tematica che ha sempre caratterizzato l’uomo evoluto del linguaggio: l’importanza delle parole. Sono le parole a farci pensare. Umberto Galimberti ci ricorda che i greci non avrebbero mai partorito i grandi filosofi che conosciamo se non avessero avuto un vocabolario sterminato di parole. Lo stesso vale per i tedeschi e non per i latini, che possedevano un vocabolario povero. Ogni fazione utilizza le parole - quasi fossero lame affilate - per esprimere le proprie rivendicazioni, e tutte hanno un indice più o meno elevato di ragionevolezza, nessuna esclusa. Sono arrivato alla conclusione che piuttosto che schierarsi, e portare vessilli, bisognerebbe osservare con attenzione il quadro completo delle questioni. Senza uno sguardo disinteressato, insegnano i maestri chassidici, non si avrà alcuna risoluzione positiva del problema, qualunque esso sia.

“Buongiorno, mi chiamo Marco e ho diciannove anni. Sono uno studente di filosofia, ma negli ultimi mesi studiare è diventato faticoso. Al liceo avevo voti alti, forse perché ero abituato a riflettere sulle verifiche e le interrogazioni, e non sulla società in cui vivo. La realtà che vivevo un tempo era limitata al sabato sera in discoteca, al calcio, alle fidanzate, e alla matematica che non mi è mai riuscita. Adesso la discoteca e il calcio mi hanno stufato. La fidanzata è la solita da un anno, non devo più applicarmi in matematica, e la realtà è diventata quella che leggo sui giornali. Non saprei indicare quando è avvenuto il suddetto cambiamento; non c’è un evento preciso che mi ha condotto dal giornalaio sotto casa ad acquistare un quotidiano. Forse sto maturando, anzi senza forse, e mio nonno dice che quando si matura gli interessi di un tempo divengono superficiali, e la mente approda su nuovi e più ampi territori. Dice anche che maturare è un processo che avviene senza che ce ne accorgiamo, come quando un giorno ci svegliamo e notiamo che la capigliatura del giorno prima, folta e castana, adesso è fine e canuta. Il giorno prima sono vent’anni prima.

Mi sento spaesato, perciò vi scrivo. Non ho dimestichezza con i giornali e l’informazione, in fondo leggo da tre mesi, però ho l’amara impressione che la società sia come uno stadio di calcio, diviso da tifoserie avversarie che si lanciano insulti – nel migliore dei casi -. Si sceglie una squadra per cui tifare e le altre sono spazzatura. La mia teoria è l’unica valida, le altre sono frutto dell’ipocrisia, del tornaconto, dell’ignoranza. Del male. Non vi pare anche a voi così? Ho cominciato la mia avventura nell’informazione in piena pandemia, e le prime pagine dei giornali riportavano notizie sul covid-19 e sulle armi per contrastarlo: il vaccino e le misure di contenimento. Ebbene, i sostenitori del green pass affermano che chi si vaccina protegge non soltanto sé stesso, ma anche gli altri – i vaccinati diffondono in misura ridotta il virus – e che sia giusto escludere dalla vita civile chi non vuole correre il rischio irrisorio della vaccinazione. I non vaccinati rischiano maggiormente di finire in terapia intensiva, ingombrando così gli ospedali, e trasmettono il virus fino a dieci volte di più di chi ha deciso di immunizzarsi.

I contrari al green pass, che definiscono la misura illiberale e anticostituzionale, difendono il primato della libera scelta. Sono contrari alla coercizione governativa di un trattamento sanitario che considerano inefficace. La loro tesi è supportata da un’ampia bibliografia, la quale dimostra che i vaccinati sono contagiosi quanto o poco meno dei non vaccinati, e che l’efficacia del vaccino si riduce del 70% dopo quattro mesi.

Da venti giorni l’argomento pandemia, che abbiamo assorbito come i fumi tossici delle fabbriche delle nostre città, è stato accantonato. Siamo ancora in pandemia? L’OMS non ha dichiarato la sua fine, ma nessuno sembra farci più caso. I ristoranti sono aperti, le scuole anche. Perfino le discoteche, dove è più facile evitare una spinta del contagio, hanno spiegato le vele.

La guerra in terra europea ha soppiantato il covid. Putin, il presidente russo, dopo aver mobilitato l’esercito ai confini dell’Ucraina, ha deciso di passare all’attacco. Soldati in mimetica, carri armati, missili, molotov. Palazzi lacerati, fuga di civili, comunicazioni interrotte. Decessi.

Ci eravamo illusi che la guerra, almeno in occidente, fosse un brutto ricordo, e che il combattimento corpo a corpo nel XXI secolo fosse appannaggio dei paesi poveri. Il mondo ricco si serve della diplomazia, usa le buone maniere, abbassa la testa settanta volte sette pur di non scatenare una guerra.

Che ci serva da lezione.

La guerra è insita in ogni essere umano; Ares è un dio come tutti gli altri, e non possiamo più commettere l’errore di credere che sia sufficiente un abito costoso e pulito a farlo desistere dallo scagliare la lancia verso il nemico. Occhi vigili che sappiano captare il pericolo, di questo abbiamo bisogno.

Per farla breve: gran parte degli Oblast (l’equivalente delle regioni italiane) ucraini di Luhans’k e Donec’k sono occupati dal 2014 dai separasti filorussi, che da quell’anno combattono una guerra – la così detta guerra del Donbass - contro l’esercito ucraino. I separatisti chiesero un referendum di indipendenza dall’Ucraina, che fu negato dal governo. Il referendum si tenne comunque nell’agosto del 2014, e la Repubblica Popolare di Lugansk e la Repubblica Popolare di Doneck proclamarono l’indipendenza. L’Ucraina è un paese instabile, con una popolazione eterogenea, e ha la sfortuna di trovarsi in mezzo a due blocchi contrapposti: l’Unione Europea e la Russia, il primo a stampo democratico, governato da una pluralità di partiti, il secondo a stampo autoritario, governato dal solo partito al potere, Russia Unita, di Putin. Molti i motivi che hanno scatenato la furia del presidente russo: la situazione in Donbass, il calo del consenso dei suoi cittadini, passato dall’80 al 60%, ma soprattutto l’avvicinamento dell’Ucraina alla NATO, il suo nemico numero uno.

A dicembre Mosca ha presentato un documento con una serie di richieste alla NATO, tra le quali spiccano la non espansione in altri paesi – impedire perciò all’Ucraina di farne parte – e lo smantellamento delle basi militari nelle ex repubbliche sovietiche, nella NATO dal 1997. Com’era prevedibile, le richieste sono state rifiutate.

La stampa occidentale si è schierata contro Putin. Ministri europei un tempo a lui vicini, come Matteo Salvini, si sono detti contrari alla sua iniziativa militare. Della stessa linea si professa la maggioranza dei cittadini occidentali. Non così in altre parti del mondo, come la Cina, che si è schermita da ogni considerazione in merito.

Spulciando in qua e là ho trovato articoli che prendono le distanze dal pensiero comune e che mi hanno dato modo di riflettere sulla complessità della questione. Gli articoli di cui parlo accusano l’occidente di ipocrisia, servendosi di alcuni esempi. Riporterò di seguito quelli che più mi hanno colpito. Quando in Catalogna venne indetto il referendum di indipendenza - referendum non approvato dal governo centrale spagnolo - che finì in un bagno di sangue, le forze della sinistra europea difesero a spada tratta il popolo catalano. Per quale motivo non fa lo stesso con i territori di Lugansk e Donec’k, abitate da cittadini che si sentono più vicini alla Russia che all’Europa? Se ogni popolo ha il sacrosanto diritto di autodeterminarsi, come mai le regioni separatiste dell’Ucraina non hanno avuto l’appoggio delle forze progressiste europee, strenue difenditrici i della libertà? Forse per il loro avvicinamento alla Russia, paese lontano dai propri usi e costumi? Se non è questa ipocrisia…

Putin accusa il governo ucraino di nazismo, e viceversa. Sappiamo che una buona parte dei combattenti ucraini in Donbass sono ultranazionalisti vicini a posizioni filonaziste, e Putin con la sua invasione ricorda un certo cancelliere tedesco dagli occhi di ghiaccio, che galvanizzato dal suo esercito di ferro occupò la Polonia, altro paese baluardo. Sorvolando sull’ossimoro slavi nazisti, dove sta la verità?

L’occidente - con a capo gli Stati Uniti - che condanna l’assalto di Putin è un po’ come Lupin che sporge denuncia contro il ladro che gli ha svaligiato casa. Ci siamo dimenticati della guerra del Vietnam? Della guerra in Medio Oriente voluta da Bush dopo l’11 settembre che ha fatto strage di civili inermi con l’appoggio della NATO? Ci piace raccontarci che l’occidente è democratico, eppure nessuno avrebbe mai creduto che nel paese simbolo della democrazia, a cui tutti guardano in modo teleologico, un giorno migliaia di manifestanti avrebbero assaltato il Campidoglio, la sede del parlamento a Washington. Solo Stephen King potrebbe partire da un incipit tanto macabro. Eppure è successo lo scorso anno, dopo la sconfitta di Donald Trump. Il presidente repubblicano uscente accusò i democratici di brogli elettorali, e invitò il suo elettorato a marciare verso il Capitol Hill a combattere per la verità. L’imperativo “combattete!” nel paese più armato al mondo – anche qui, alla faccia della democrazia – sarebbe da usare con estrema cautela. E la segregazione razziale, in vigore fino alla metà degli anni sessanta del Novecento negli stati del sud?

Bisogna dire che la civiltà è una conquista, non un dono. All’essere umano è stato donato il Logos, ma il suo prodotto finale, la meta ultima a cui aspira, la civiltà perfetta, si sviluppa nel tempo. Anche la natura è un dono, ma il giardino è un prodotto dell’uomo. Il giardino ha bisogno di cure quotidiane. Lo stesso la civiltà. Ora, se per noi occidentali la democrazia è una conquista, sappiamo che in altre parti del mondo è vista con sospetto. Troppa libertà può nuocere alla collettività. I cinesi sono contenti di vivere in un paese autoritario. L’autorità, secondo loro, mantiene l’ordine naturale delle cose. Noi non possiamo pretendere di essere i giustizieri del pianeta esportando a suon di bombe ciò che riteniamo essere un progresso, come è accaduto in Afghanistan per oltre vent’anni. Dare il buon esempio senza sconfinare negli affari altrui, di questo dobbiamo essere capaci.

Ma è proprio così? Davvero dobbiamo abbandonare le donne afgane al loro triste destino di donne senza volto, dipendenti dai mariti, private della dignità del lavoro? Davvero dobbiamo lasciare piede libero all’Isis? Possiamo fare finta di non vedere intere popolazioni stritolate dalla morsa di capi illiberali, come quella ungherese e bielorussa, governate rispettivamente da Viktor Orban e Alexander Lukashenko? E gli eserciti invece? Andrebbero smantellati? Siamo evoluti noi occidentali, perciò dovremmo essere allergici alle armi e dare il buon esempio. Ma in caso di attacco? Facciamo come disse il buon Gesù: <<Porgi l’altra guancia?>>

Affermiamo con forza che politica e culto devono restare separati perché siamo consapevoli che la realtà immanente ha regole diverse da quelle scritte in un libro che mira alla trascendenza delle creature divine. In nome del buon esempio dovremo smetterla di consegnare armamenti all’esercito ucraino e disinteressarci di un paese europeo, bramato da un presidente che avvelena i suoi dissidenti e limita la libertà di stampa?

Che confusione.

Fazioni ovunque; il Logos diviso in mille parti. Plotino docet.

Una questione sulla complessità degli eventi mi riguarda da vicino, e vorrei parlarvene.

Nel territorio mugellano si discute da anni della costruzione di un impianto eolico. Otto turbine alte 168 metri andrebbero a posarsi su 5,4 ettari di terreno.

Gli impianti eolici comprendono il vasto universo dell’energia pulita, che non inquina e non sottrae risorse al suolo terrestre. Gli scienziati lo urlano da decenni: bisogna fare in fretta. Se non abbandoniamo le fonti di energia inquinante - carbone e petrolio in primis - tra qualche decennio l’eccessivo riscaldamento climatico soppianterà ogni forma di vita. Siamo in ritardo, ma gli accordi globali sulla transizione ecologica stanno dando buoni frutti, anche se modesti.

L’impianto eolico del Mugello coprirebbe il fabbisogno di energia per circa 100.000 persone, e eviterebbe l’emissione annuale di 40.000 tonnellate di anidride carbonica. Tutto molto bello e colorito, se non fosse che un progetto del genere andrebbe a deturpare il territorio. Un territorio verde e incontaminato. Costruirlo significa abbattere alberi e verzure, e i plinti a sostegno delle colonne potrebbero creare interferenze con le sorgenti dell’appennino. E poi, chi vorrebbe mai affacciarsi dalla finestra della cucina e vedere un mostro di 168 metri d’altezza poggiato sui delicati crinali della zona? L’associazione Mugello in movimento si dice contraria all’impianto anche per una questione di carattere geografico: i crinali non sono abbastanza ventosi. <<Distruggere la natura in nome della natura?>> domanda Maurizio Gori, il presidente dell’associazione. Un conto è costruire un parco eolico nella zona di Van, in Turchia, a un’altitudine di circa 1700 metri senza anima viva, un altro conto a fianco dei centri abitati. La transizione energetica è certamente un fatto positivo, ma dal dibattito sull’impianto eolico nel Mugello capiamo che nulla è trasparente e senza macchia. Occorre buonsenso e un alto grado di intelligenza e lungimiranza per affrontare questioni così delicate, ma soprattutto ascoltare le richieste della popolazione. I problemi relativi alla transizione energetica riguardano settori più estesi. Un minerale essenziale per la produzione delle batterie delle auto elettriche è il cobalto, che le impedisce di prendere fuoco. Ebbene, il 95% del cobalto si trova nel sottosuolo della Repubblica Democratica del Congo, e i bambini che lo raccolgono nelle miniere in mano a aziende cinesi vengono pagati una miseria, a cottimo, e assumono droghe per non sentire la fame. Aziende occidentali come la Tesla e la Apple collaborano con queste aziende, che si sono rese colpevoli di avere fatto sloggiare gli abitanti delle cittadine adiacenti ai siti di estrazione. Macchine non inquinanti a spese della vita di bambini poveri? Pale eoliche a spese dell’ambiente? Provo a zittire la mente e a lasciarmi condurre da un sapere più affidabile dei pensieri dell’io.

Grazie dell’attenzione.
Marco dal Mugello, 19 anni.

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Commenti 4
  • Mugelli Giampiero

    Grazie Marco, pure per la tua riflessione sui mulini a vento di don Chisciotte spesa distruttiva e inutile del nostro bel Mugello per qualcosa che non ne vale la pena. Ma i soldi, la politica e la mafia è una unica associazione, è una delle tante malattie di questa povera repubblichetta italiana bistrattata. Sono un settantaquattrenne, una generazione in estinzione. Ho amato la mia ITALIA non coloro che l'hanno rappresentata dal 48 in poi perché è stata distrutta dalla loro avidità negli anni settanta fino al 92 poi vendendola allo straniero, dividendo il popolo italiano in democratici e in antidemocratici. Tocca a voi generazioni future riportare l'Italia sul podio e nel posto che gli compete nel mondo. Grazie

    rispondi a Mugelli Giampiero
    mar 22 marzo 2022 11:14
  • Mugelli Giampiero

    Marco. Grazie, hai dato una lezione di buon senso e di logica ai visionari, pure a coloro che sono indirizzati politicamente e pianificati che vedono solo attraverso gli occhi e ragionano con la testa altrui. Ricordo la Libia quando i francesi e gli americani bombardarono quella nazione per portare la democrazia fu un disastro per l'economia italiana. Le bombe americane hanno portato e portano la democrazia nel mondo perciò sono bombe buone non colpiscono donne e bambini. Gli americani e la NATO vogliono avere le mani in pasta in ogni pollaio pretendono con le minacce e le forza. Questa sporca guerra doveva essere fatta anni indietro fu Tramp ad evitarla; forse uno dei pochi presidenti americani da salvare

    rispondi a Mugelli Giampiero
    mar 22 marzo 2022 10:56
  • Claudio Martin

    Grazie Marco. Un bel argomentare

    rispondi a Claudio Martin
    mar 22 marzo 2022 08:52
  • fabio cocchi

    Siamo in tempo di guerra e torna il vecchio detto “O con me o contro di me”. Chiunque abbia dei dubbi all’appoggio incondizionato alla Nato viene attaccato e messo a tacere, vedi la censura subita pochi giorni fa dalla deputata europea Francesca Donato per le sue osservazioni critiche sulla Nato. Dici bene, ci siamo dimenticati della guerra del Vietnam, della guerra in Medio Oriente voluta da Bush e aggiungerei anche il colpo di stato in Cile del 1973 promosso dalla Cia perché i cileni avevano eletto democraticamente Salvador Allende. Dov’era l’europa poche settimane fa, quando migliaia di donne e e bambini si ammassavano al confine della Polonia in fuga da tante guerre dimenticate e la Polonia, paese della Nato, li respingeva con getti di acqua gelata? Non ho più spazio, ma complimenti

    rispondi a fabio cocchi
    lun 21 marzo 2022 01:04