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17 febbraio 1600, Giordano Bruno al Rogo. Ma dov'è oggi il libero pensiero? Una bella riflessione

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Nell’anniversario del rogo di Campo dei Fiori del 17 Febbraio 1600 potrebbe essere un esercizio curioso chiedersi se lo spirito di Giordano Bruno aleggi ancora tra di noi, sotto forma di quel libero pensiero che il Nolano simboleggia per antonomasia, sapere se è in salute o se la passa male.

Partendo da quell’accadimento è bene precisare prima di tutto un aspetto del nostro genere, che chiameremo “umano” e che tendiamo spontaneamente a tenere lontano dai nostri pensieri, soprattutto quando assistiamo alla brutalità di certi fatti di cronaca, violenze e crudeltà varie provenienti da alcuni avamposti lontani dal nostro Occidente (rispetto a quale Oriente?).

Gli uomini sono talvolta crudeli e bestiali. La storia ci insegna che siamo anche questo, abbiamo solo posto in mezzo un bel po’ di tempo e di progresso, ma siamo anche questo. A compiere tutto ciò siamo stati noi. Si sono evoluti i mezzi, ma non il fine.

Sappiamo che nelle piazze si affollavano i popolani attorno ai ceppi accesi, schierati e senza un dubbio, seduti alla destra del potere costituito e di fronte all’additato, avendo ragione, d'altronde era la maggioranza.

Tutto bene? No. In mezzo si è sempre (in)distinto il franco tiratore, silenzioso, senza il potere del voto desiderato, che si immaginava da solo anche se non lo era. Prima di presentarsi in piazza, nella sua mente, aveva tagliato la testa e la coda, gli estremi, e si era fatto semplicemente delle domande, aveva dei dubbi. Tuttavia, scorreva fisicamente con la fiumana per inerzia, impotenza e spesso paura, si sentiva debole, isolato. Taceva fuori, ma non dentro.

Poi il pensiero moriva sotto quel peso, non avendo la forza di uscire, si mimetizzava e quindi si conformava.

A spettacolo concluso il potere costituito guardava dall’alto, nessuna levata di scudi, le uniche voci forti e decise erano quelle dei soliti zelanti, che per esibizionismo e compiacenza sottolineavano la giustizia fatta, esposta, allineata. La claque.

Oggi dove troviamo quel franco tiratore popolatore di piazze accese, che si era posto delle domande o forse aveva semplicemente trovato monotono e banale fermarsi al pensare comune e condiviso?

Potrebbe venirci in soccorso il tema più divisivo e dibattuto degli ultimi mesi, il vaccino. In fin dei conti quando alla domanda si può rispondere solo con un si o con un no le fazioni si creano spontanee, la fede si consolida, si sedimenta, le posizioni si fanno imponenti e importanti. Non c’è spazio per un Antonio Lubrano, un Socrate o qualche surrogato vario.
Ecco dove lo troviamo, al bar davanti ad un caffè, in silenzio, ad assistere ad una testa ed una coda che si azzannano forti delle loro certezze per un greenpass o una terza dose, un Bassetti o un Montagnier. Davanti alla tv, perso dentro un talk. Impegnato nella lettura dei tanti commenti a qualche post o notizia sull’argomento.

Ovunque si ripete. Stessa storia, stesso posto stesso bar.

Prendiamo ad esempio il famoso pensiero attribuito erroneamente a Voltaire, che esortava a dare la vita per difendere il pensiero altrui anche se contrario al proprio. Se conducessimo un sondaggio sui favorevoli a tale concetto non vedremmo un consenso tanto lontano dal 100%. La certezza invece che tale percentuale scenda vicino allo 0% se dovesse essere messa in pratica dagli stessi soggetti sarebbe totale. Tra l’altro qui non si parla di giustificare l’associazione di Dio all’Universo davanti alla Santa Inquisizione del 1600, ma di green pass nel 2022.

Anche se a mancare fossero i grandi personaggi della nostra storia, il contesto li renderebbe molto diversi.

Diogene. Ai tempi i mezzi di comunicazione erano quel che erano, e lui faceva quel che poteva nel diffondere l’idea della sofferenza premiatrice. Oggi come avrebbe potuto esimersi dallo sfruttare l’opportunità di parlare in un solo momento a milioni di persone? Lo avrebbe fatto.

Immaginate un tipo curioso, con una candela in mano, nudo e dentro una botte seduto nel salotto di Barbara D’Urso che farfuglia concetti strani. Attorno gli ospiti scelti ad hoc per ridicolizzare ogni aspetto e darlo in pasto al pubblico, ben attenti a non soffermarsi su quel che realmente cerca di comunicare. Poco importa se gli ospiti non lo comprendono o non devono comprenderlo, non lo devono fare, troppo noioso, si perdono i tempi televisivi, il telespettatore cambia canale. Non è stato invitato certo per questo.
A seguire, collegamento esterno da Assisi, il figlio di un uomo ricchissimo ha scelto di privarsi di tutti i suoi averi per una nobile causa.

Dopo la pubblicità.

Ogni epoca ha avuto i suoi centri di potere e i suoi relativi metodi repressivi. Oggi non si brucia né si crocifigge, non si esilia o scomunica, si manovrano semplicemente a dovere i mezzi di comunicazione. L’ostracismo virtuale è un’arma e un deterrente enorme per coloro che desiderano apparire o comunicare. E poi perché spingere le persone a ragionare o a farsi domande? Diventerebbero di difficile gestione, meglio un’omologazione e qualche cane da guardia ben posizionato.

Nonostante tutto, questo libero pensiero, se pur malandato e provato c’è, esiste. Circola tra coloro che vogliono approfondire, conoscere, avere confronti leali, parlare con chi ha orecchie per ascoltare. Non può questo avvenire per caso facendo zapping, ma parlando con la persona amata, con un amico, con un figlio o con il padre. Non ci sono scorciatoie nella costruzione di un libero pensiero. 

Riprendendo Nelson Mandela “Non c’è nessuna strada facile per la libertà”.

Autore articolo: Sir. Lor.
 

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