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Viaggio nei rifiuti. Organico-Compost: resa del 20%, ma processo ancora in perdita

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Il 60% è perdita naturale (acqua) e un altro 20% sono scarti che finiscono in discarica o ai termovalorizzatori. E il compost ottenuto viene ancora in gran parte regalato. Parliamone di domenica - Per il momento il ciclo che permettere di ottenere ammendante compostato (fertilizzante) dai nostri rifiuti organici è ancora in perdita economica; e la gran parte del prodotto ottenuto viene regalato (non essendoci un mercato ancora maturo). Anche se, dobbiamo dire, in una valutazione vanno conteggiati i costi che diversamente dovrebbero essere sostenuti per il conferimento in discarica e i vantaggi ambientali invece così ottenuti. Dopo un sopralluogo effettuato con Alia all'impianto di Montespertoli (simile a quello mugellano di Faltona) abbiamo cercato di ottenere risposte precise e il conto economico di 'quanto costa' trattare una tonnellata di rifiuto. Ci siamo riusciti però solo in parte, ecco il resoconto della nostra visita all'impianto e le risposte (purtroppo parziali e non precise dal punto di vista economico) ottenute: Che fine fanno i rifiuti che con tanto impegno (e a volte con qualche difficoltà) differenziamo? Quanto è sostenibile, anche economicamente, questo processo? Un tema molto attuale ed una legittima curiosità da parte dei cittadini; molto interessati specie in questi mesi nei quali sta partendo la raccolta porta a porta in Mugello. Per questo OK!Mugello ha scelto di lanciare un ‘viaggio’ nel ciclo dei rifiuti, composto da varie puntate (che seguono ad altrettanti nostri sopralluoghi agli impianti) dedicate alle varie tipologie di rifiuto. Per rendersi conto di persona di quello che accade, ed anche per tentare di fare un po’ di ‘conti in tasca’. Stiamo parlando di quantitativi significativi, basti pensare, ad esempio, che nel 2017 solo a Borgo San Lorenzo sono stati prodotte 10mila tonnellate di rifiuti urbani, raggiungendo una percentuale di raccolte differenziate del 43% (con il vecchio sistema dei cassonetti, naturalmente). La prima di queste puntate è dedicata ai rifiuti organici (per lo più composti dai nostri scarti di cucina – chiamata dai tecnici FORSU, cioè frazione organica dei rifiuti urbani-, sfalci e potature). Ciò che tutti sanno in materia è che dopo un processo - sconosciuto ai più - si trasformano in qualcosa di simile al terriccio (ed anche qui le idee sono in genere piuttosto confuse). Insomma, visto che all’impianto mugellano di Faltona erano in corso interventi di manutenzione, abbiamo organizzato con Alia una visita alla struttura di Casa Sartori, a Montespertoli, in cui è presente un impianto analogo e di taglia superiore.

Qui vengono conferiti i rifiuti organici e biodegradabili provenienti dai comuni dell’Empolese - Valdelsa, dalla provincia di Pistoia, dal Chianti, e di parte delle province di Firenze di Prato, raccolti sia porta a porta che mediante cassonetti stradali. I rifiuti verdi vengono conferiti in buona parte direttamente da giardinieri, o comunque soggetti che effettuano manutenzione di parchi e grandi giardini. Si tratta di due flussi in ingresso che vengono mantenuti inizialmente separati. La FORSU passa attraverso un trituratore lacerasacchi, miscelata con del rifiuto verde, e posta in biocelle. Il verde, invece, viene stoccato in area esterna e sottoposto successivamente ad una tritovagliatura dalla quale si ricava un prodotto: l’ammendante vegetale non compostato, che viene ceduto ad una azienda del territorio per la produzione di terricci. La frazione più legnosa viene utilizzata come strutturante miscelandola alla frazione organica FORSU, che intraprende il percorso delle biocelle. Questo strutturante è necessario per favorire la porosità della massa di materiale inserito all’interno della biocella, dove verrà sottoposto ad un primo trattamento aerobico per oltre 14 giorni. Il processo, supervisionato dal programma e controllato dagli operatori dell’impianto, consente di far maturare il materiale insufflando aria, umidificandolo e garantendo in questo modo il corretto sviluppo di quella colonia di microorganismi che consento la corretta degradazione dei componenti organici più complessi. Una sorta di metabolismo controllato ed accelerato. Finita questa prima fase, il prodotto in uscita viene sottoposto a vagliatura, così da rimuovere le macroplastiche eventualmente presenti, vista anche la minore umidità rispetto al rifiuto organico raccolto. Il prodotto vagliato da due biocelle viene quindi inserito nuovamente in biocella per essere sottoposto ad un ulteriore processo aerobico controllato per ulteriori 14 giorni. Terminata anche questo seconda fase, il materiale viene analizzato, prelevato e nuovamente vagliato e raffinato al fine di eliminare tutte quelle componenti (anche organiche, come frammenti legnosi, o microplastiche) ancora presenti ed inadatte al futuro utilizzo in agricoltura, o nel florovivaismo. Abbiamo ottenuto l’ammendante compostato misto, il cd. compost. Fin qui il racconto della nostra visita all’impianto. Vediamo ora, però, un po’ di numeri e un po’ di cifre per poter ragionare davvero sulle scelte ambientali ed ecologiche dei nostri comuni. Prima di tutto vediamo la resa di tutto questo processo: i tecnici Alia ci spiegano che, sul totale dei rifiuti trattati (per l’impianto visitato si parla di circa 100mila tonnellate l’anno) c’è una perdita di processo del 60% (una degradazione naturale rappresentata in larga parte dall’acqua che lascia il materiale come umidità od, in parte, percolando nelle griglie di raccolta sotto le celle e re-immessa nel processo di umidificazione), un 20% di scarti che vengono inviati in impianti finali (termovalorizzatori o discariche), composti per lo più da ciò che nella raccolta differenziata finisce per errore, od impropriamente, oltre a quel materiale che non è compostabile in un processo industriale di ampia scala, ed un 20% di prodotto: l’ammendante compostato misto, che volgarmente chiamiamo terriccio. Spiega un ingegnere Alia: "Entrano cinque chili di rifiuti ed otteniamo un chilo di terriccio pronto per il campo". Tutto questo processo - contrariamente a quanto alcuni pensano - è però ancora lontano dall’essere economicamente remunerativo. Da Alia spiegano che quel 20% di prodotto finale ottenuto viene, in buona parte, regalato, non esistendo ancora un mercato maturo in tale senso. Aggiungono però da Alia: "Uno dei prossimi obiettivi, grazie anche allo sviluppo delle linee di digestione anaerobica, è quello di rafforzare il processo con l’ottenimento di altri prodotti – il biometano – ed in tal modo, strutturare la filiera industriale e conseguentemente il mercato". Oggi però, da una valutazione squisitamente matematica, siamo di fronte ad un processo in cui i costi sono superiori ai ricavi. Da Alia aggiungono ancora: ed in effetti, tutti i processi di trattamento dei rifiuti necessitano di una tariffa da applicare ai rifiuti in ingresso). Il compostaggio è, però, uno dei processi industrialmente meno costosi, più economico rispetto alle tariffe complessive per il conferimento dei rifiuti in discarica. Infatti - e per fortuna – queste vengono gravate delle cd. ecotasse – finalizzate a monetizzare i costi ambientali che le generazioni future dovranno direttamente sobbarcarsi per gestire le discariche inattive, ma potenzialmente critiche per oltre cinquantenni dalla loro chiusura. Infine, esistono anche dei costi ambientali indiretti, di più difficile calcolo, ma qualitativamente percepibili – si pensi alla qualità dell’aria nelle aree metropolitane urbanizzate, od al cambiamento climatico – e tali da obbligarci a dare nuove vite ai nostri rifiuti.

 

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