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Cava Paterno, il punto sulla 'terra dei fuochi' mugellana. Parliamone, di domenica

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Cava Paterno, il punto sulla 'terra dei fuochi' mugellana. Parliamone, di domenica Cava Paterno, il punto sulla 'terra dei fuochi' mugellana. Parliamone, di domenica
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Anche i materiali presenti sotto il capannone sono “incompatibili a livello ambientale con la destinazione d’uso" prevista per l’area della Cava di Paterno. Questo è quanto risulta dalle analisi condotte da Arpat sui campioni effettuati sul materiale depositato all’interno del capannone. Il campione ricavato è ancora troppo esiguo per avere dei risultati significativi sulla caratterizzazione del materiale presente, anche a fronte dell’estrema variabilità del rifiuto, ossia le diverse tipologie di materiale presente, ognuna con i suoi valori. Dalle analisi alcuni risultati si sono attestati sopra la soglia consentita altri sotto, ma ciò che interessa è che dai test di cessione effettuati (esami relativi al rilascio di sostanze contaminati in ambiente), quella “roba” sotto il capannone dovrà essere tolta e smaltita perché inconciliabile con la destinazione a verde pubblico che avrà il sito. Un sogno che ci auguriamo si realizzi presto, la messa in sicurezza e la bonifica del luogo, e la sua restituzione a bene pubblico e a memento storico per il futuro. Vicino al Carzola e al Cerretana, alle pendici di Montemorello, il quale è riconosciuto sito d’interesse comunitario, la Cava, ora che la situazione sembra si stia sbloccando, ha tutte le possibilità per riscattarsi. Ciò viene confermato anche da un tavolo tecnico tra Comune di Vaglia, Arpat e Regione Toscana per iniziare gli interventi di messa in sicurezza che dovrebbe tenersi a breve e nel quale verranno decise le azioni prioritarie. Negli atti processuali, viene confermato che l’attività messa in opera dalla Calce Paterno fosse costruita intenzionalmente. In particolare si legge dalla relazione Arpat che “i rifiuti sono stati conferiti in forma organizzata e continua” con l’intenzione di dare loro “definitiva collocazione” in loco, configurandosi come vera discarica abusiva. “Privatizzazione del profitto, socializzazione del costo” è stata definita dall’assessore all’ambiente di Vaglia Riccardo Impallomeni la logica di fondo che ha costituito la macchina-Paterno. Costruire la propria fortuna sulle spalle, e forse sulla vita, dei propri concittadini, conoscenti, perfino amici e quel che è peggio sulle generazioni future. Perché se il costo in termini di salute potrà essere arginato, quello in termini ambientali e di più economici sarà sostenuto per molto tempo. E, in ogni caso, rimangono soldi che sono sottratti dalle tasche dei cittadini e che avrebbero potuto trovare impiego nell’aggiunta o nel miglioramento di servizi nell’interesse di tutti. Questi ultimi risultati, in esclusiva per Ok!Mugello, si aggiungo a quelli sui valori ricavati dalle analisi radiometriche sui sacconi, i “big bags”, posizionati sul piazzale esterno. A seguito di ciò - la notizia è uscita negli scorsi giorni su La Nazione, a firma del Direttore di questo giornale Nicola di Renzone- l’Arpat e il responsabile del dipartimento di Firenze Alberto Tessa, hanno deciso di inserire parametri più severi per i livelli di radiazioni, nichel e silicio, sotto i quali dovrebbero rimanere i materiali contenuti nei sacconi per non costituire pericolo. Ma anche per i sacconi, come per il materiale al coperto, i valori usciti dalle rilevazioni sono stati variabili: alcuni sotto il limite consentito ed altri sopra. Ed è per questo che è stato deciso di dividerli in due gruppi, sopra e sotto il livello, per effettuarne l’adeguato smaltimento. Senza risposta rimangono però le domande relative alle persone che sono entrate in contatto con il materiale, dai lavoratori ai residenti nelle case costruite vicino alla cava a quelli che hanno la casa realizzata con la Calce di Paterno. Dalle analisi risulta che oltre i due metri non esiste contaminazione, quindi il pericolo ci sarebbe per chi vi è entrato in contatto, ossia i lavoratori. Ma altre conferme si avranno solo con ulteriori analisi su tutto il materiale stoccato nel sito. I proprietari della cava (Ottaviani), qua il link all’articolo, fino ad oggi sono stati condannati nel processo con il Comune di Vaglia per l’omessa messa in sicurezza della Cava e la mancata bonifica. Mentre per la responsabilità sull’occultamento dei rifiuti presenti nel perimetro dell’azienda non ci sono sviluppi. Nella foto (Germogli): era il luglio del 2014 quando si tenevano i primi sopralluoghi nel capannone

 

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