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La beneficenza, gli eventi ed i compensi. Parliamone di Domenica, con Marco Paoli

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Parlando di arte mi sovviene una riflessione a seguito di un post di un vecchio amico borghigiano, Saverio Zeni che rispondendo a un mio commento sul web cita Platone in una sua celebre frase sull’arte. Dice il filosofo che “l'artista lo si riconosce proprio per la donazione della sua arte che niente chiede se non una semplice gratificazione (applauso che sia). Altrimenti è mercimonio, commercio, lavoro, sfruttamento”

Già in passato ebbi a cimentarmi con questa frase, quando “organizzatori di eventi” volevano convincermi a esibirmi perché la loro era una “vetrina importante”.  Ora, c’è da dire che da Platone in poi un po’ di acqua è passata sotto i ponti sia in campo filosofico che artistico.  E che l’arte fortunatamente ha cambiato la sua connotazione nell’evoluzione della cultura e della società.

Credo anche che l’amico abbia voluto in qualche modo esercitare una provocazione usando quelle parole. All’epoca di Platone pochi erano coloro che potevano permettersi un qualsiasi grado di istruzione, ancora meno erano coloro che potevano trovare il tempo di cimentarsi nell’arte. Non di meno ce ne erano e i risultati sono ancora ben visibili. Nel corso dei secoli la figura dell’artista ha perso un po’ della sua romantica aurea di donatore di talento per divenire il frutto di una libera e a volte difficile scelta.

Altre filosofie o teorie recitano che “artista è colui che non solo ha il talento, ma anche il coraggio per vivere in funzione del medesimo e vivere della propria arte” A questa seconda scuola di pensiero hanno evidentemente aderito moltissimi artisti nel corso dei secoli. Da Michelangelo a Giotto, famosi oltre che per la grandiosità delle loro opere anche per la sostanza dei loro compensi (in fiorini e once d’oro) al grande Leonardo, a Piero Della Francesca. E poi in altri ambiti Shakespeare, Moliére, Goldoni, Balzac, Voltaire, Dichens, Dostojevskij che vedendosi per un periodo pubblicati gli scritti a puntate sui giornali “allungava” (per nostra fortuna) le sue trame. Per arrivare ai nostri anni con Picasso, Dalì, Mirò, Chagall, le star di Holliwood ecc ecc ecc. Per contro i romantici amano citare quegli artisti che, morti in povertà, alimentano il mito dell’artista che vive di arte, pane e acqua (che hanno un costo anch’essi).

Per quanto mi riguarda, penso che l’arte voglia applicazione, studio e dedizione. Credo che l’artista debba votarsi all’arte che ama e che debba trovare il modo di viverne. Come diceva il grande maestro  Gordon Graig “lascerà padre, madre, casa e terre se ostacolano il cammino della sua arte”; rinuncerà all’ambizione personale e al successo effimero, non tenderà al guadagno facile e piacevole, e chiederà in cambio solo che si ricostituisca la sua famiglia, e la libertà, il benessere, il potere che le erano propri” Insomma, l’artista vero, chiederà solo che venga riconosciuto il giusto valore della Propria opera.

Bene, a questo punto concludo con un auspicio una riflessione e con una domanda. Leggo spesso elogi ad artisti che in qualche ambito o evento hanno prestato la loro opera gratuitamente, in cambio solo del piacere di esibirsi senza “ pretendere compensi ” Nel mio piccolo anch’io contribuisco volentieri ad eventi solidaristici. L’auspicio è che questi artisti volontari vengano messi nelle condizioni di esibirsi nelle migliori condizioni possibili, a tutela della loro dignità.  La riflessione obbligatoria è che questi artisti evidentemente hanno di che vivere se possono “lavorare” gratuitamente. La domanda è invece questa, ma tutta l’economia che gira intorno a questi eventi in cui  artisti che lavorano gratuitamente fungono da richiamo per il pubblico,  l’economia legata a sponsor privati, stand, sponsor tecnici, donazioni liberali e quant’altro a beneficio di chi va?

CuI prodest?

Marco Paoli Attore Regista.

Note sull'autore: Attore e regista teatrale nonché autore di diversi testi teatrali. Porta avanti da oltre 12 anni un progetto nominato "Home Theater- Teatro a domicilio". Diplomato presso il "Centro di avviamento all'espressione" di Firenze dirette da Orazio Costa e al Laboratorio 9 di Sesto Fiorentino si occupa di teatro da oltre 25 anni. Ha diretto il Teatro San Leonardo di Viterbo per 16 anni dal 1995 al 2010. Si è occupato inoltre della gestione del Teatro Unione di Viterbo per tre stagioni. Inoltre ha collaborato alla gestione dei Teatri di Barberino di Mugello e Pieve Santo Stefano. Attore, regista, autore ha prodotto oltre 60 spettacoli teatrali. Ha diretto il laboratorio teatrale permanente "Lo spettacolo possibile" di Viterbo. Dal 2013 è direttore artistico del Cantiere Teatrale "Senza Fissa Dimora" del Villaggio San Francesco di Scarperia (FI)

 

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