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J. Recensione e storia dello spettacolo di Miniati

Uno spettacolo scritto nel 1999 e ancora attuale

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Miniati in J Miniati in J © N. C.
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Al Teatro Corsini di Barberino del Mugello, grazie all'Associazione Culturale Catalyst che gestisce il teatro, è tornato in scena -venerdì 25 marzo- per la seconda volta in pochi mesi, l'attore Massimiliano Miniati con la sua  pièce semiseria “J”, un monologo da lui scritto, diretto e interpretato. Nello spettacolo, Massimiliano è coadiuvato dalla “spalla” Dafne Tinti e da quattro voci fuori campo, Riccardo Rombi, Carolina Torta, Daniela Morozzi e Gaia Nanni. I costumi sono di Enrica Moscariello.

Massimiliano Miniati era assente dalle scene ormai da molti anni, ma tutti noi che lo abbiamo sempre seguito ci auguriamo che “J” sia il primo di una lunga serie poiché Max ha ancora molte emozioni da regalarci.

E' l'anno 1999 quando Massimiliano Miniati, attore, regista, commediografo, scrittore e giornalista scrive – in occasione dell'avvento del nuovo millennio - il testo teatrale “J”: un racconto che narra la storia di un bravo ragazzo, un po' emarginato, che viene fatto “precipitare” sulla Terra per volontà divina.

Il giovane ragazzo dai lunghi capelli biondi e con indosso una tonaca bianca personifica la fede pura, la quintessenza del cristianesimo ed è stato inviato dal Padre sulla Terra per risvegliare le coscienze obnubilate dei peccatori, per indicare loro la strada verso la salvezza.

Ma, una volta sulla Terra, il povero J si trova del tutto spaesato e profondamente a disagio in un luogo particolarmente cambiato dall'ultima volta che vi ha abitato -circa 2000 anni fa- quando era venuto per salvare il genere umano. 

Sotto gli occhi increduli delle persone, che lo scambiano per un anticonformista, J inizia a camminare alla ricerca di un tempio per pregare, che però non riesce a trovare: i templi non esistono più e quindi si dovrà accontentare di una chiesa.

Pur deluso per non essere stato ancora riconosciuto e affranto dal dolore per le offese ricevute a causa del suo aspetto (“capellone, tagliati i capelli!”), il giovane non perde la speranza e si mette alla ricerca di una piazza, dove solitamente si trova il mercato. Una volta trovata la piazza, e quindi il mercato, J vorrebbe comprare del pane e del pesce ma si sente rispondere che per farlo ci vogliono i soldi. I soldi?

Non resta che implorare il “Babbo” su nel cielo per farseli mandare! Dopo aver comprato un pane e un pesce, il giovane predicatore itinerante si esercita nella sua specialità (di un tempo): la loro moltiplicazione e distribuzione. Ma il povero J non trova riscontro alle sue gesta e, dopo questa insolita “operazione”, arriva la Polizia Municipale a intimargli il divieto di tale distribuzione poiché assolutamente vietata dalla legge (per motivi igienico-sanitari e fiscali).

Persino il “camminare sulle acque” (estremo tentativo per farsi riconoscere) non ha successo, anzi il poveretto viene cacciato in malo modo dai pescatori che temono lo spavento per i pesci e che gli danno anche del buffone (“a camminare sopra codesta acqua densa di melma siamo buoni anche noi!”).

Una storia, quella scritta dal Miniati che ha preso la strada dell'immaginario e del fantasioso fin da subito, con l'entrata in scena di Jesus in persona. Pur facendo riferimento ai Vangeli, lo spettacolo pullula di tanti altri personaggi comuni ai quali l'autore dà voce per tutta la sua durata. Massimiliano ci fa godere di una pièce che tiene il ritmo in modo eccellente, che un po' diverte e un po' commuove. Anche il pubblico ha fatto la sua parte, grazie all'empatia dell'attore con gli spettatori, i quali hanno collaborato volentieri divertendosi molto. 

Il Gesù del Miniati potrebbe essere definito un Messia dal volto umano che non riconosce più l'uomo, benché ancora lo cerchi, dopo tutte le disgrazie che stanno accadendo nel mondo.

L'attore rammenta più volte i “chiodi” che si trovano nel suo corpo, che ci fanno ricordare che J è morto per noi ma questo purtroppo non è bastato. Nell'opera della redenzione qualcosa non ha funzionato: infatti siamo ancora qui in questa valle di lacrime.

La scenografia è scarna, ma essenziale per l'immaginazione: tre gradini e un pannello posto sul fondale che accoglie proiezioni video in sincrono col sentire del protagonista.

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