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Storie di teatranti del Mugello ai tempi del covid-19

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Teatro Teatro © Rob Laughter
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Ci sono giunte in redazione molte lettere, pensieri, riflessioni di voi lettori che, dovendo responsabilmente stare chiusi in casa per combattere il covid-19, avete avuto la bella idea di condividerle con OK!Mugello a favore di chiunque le legga. Iniziamo così la pubblicazione di queste lettere e vi stimoliamo ulteriormente a scrivere i vostri pensieri e inviarli a [email protected] per la pubblicazione.

Il teatro si è fermato, le date, programmate da tempo, sospese fino a data da destinarsi. Forse questo annuncio, in concomitanza alla chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, i cinema, ogni attività che preveda vicinanza tra le persone, ha creato un senso di ansia anche tra i più scettici: anche chi da tempo sosteneva “E’ solo una influenza” ha cominciato a lavarsi le mani più spesso, a guardare con sospetto e un malcelato fastidio chi tossiva senza mettersi la mano alla bocca, a seguire le notizie alla televisione, e, senza troppo farsi notare, anche sul cellulare.

Le strade sono deserte, gli uffici e i negozi visitati con circospezione e disagio dai pochi coraggiosi, non ci si avvicina l’un l’altro, non ci si sfiora. Il mondo si ferma e uno stato di ansia ci pervade. In fondo nessuno di noi ha mai provato questa insicurezza, la guerra e le carestie non fanno parte del nostro vissuto: gli anziani ce li hanno raccontati ma erano storie vecchie e le notizie delle guerre, le foto dei disastri, le vediamo ogni giorno ma anche quelle sono lontane da noi, succedono ad altri. La paura della malattia invece è qui, oggi.

Se capitasse a me? Come me ne accorgo? Cosa faccio?”.

Per queste riposte lascio la parola agli esperti, in questo momento così difficile vorrei parlare di altro. Ad esempio, se volessimo per un attimo non pensare alla paura, alle enormi ripercussioni che questa paura sta portando all’economia, alle personali difficoltà di chi deve gestire un negozio o una qualsiasi altra attività al pubblico, al lavoro enorme ed encomiabile di medici e infermieri.. se per un attimo volessimo pensare a qualcosa che ci rende felici a cosa penseremmo? Cosa fate per affrontare queste giornate? Vi dedicate al bricolage, sistemate i libri negli scaffali, scrivete storie, giocate con i vostri bambini o con i gatti, piantate fiori? Io parlo di teatro, io vivo di teatro, lo respiro e proprio in questi momenti cerco di pensarci intensamente, come un mantra mi ripeto “Devo imparare la parte, devo imparare la parte, devo imparare la parte”. Anche se tutto si è fermato, anche se gli spettacoli sono annullati, dobbiamo continuare a pensarci, a provare, a prepararsi per quando potremo tornare in teatro, questa speranza ci rende più vivi.

Così mi viene in mente una storia.

Erano in primi anni 90 e c’era una ragazza che stava affrontando un momento molto difficile della propria vita, il peggiore che si possa immaginare. Suo fratello Luca scriveva testi per una compagnia di amici che iniziava a fare commedie. Avevano conosciuto una russa di nome Olga Melnik che dicevano fosse una regista molto brava. Una sera suo fratello le disse “Dai vieni alle prove, passi la serata”.

La regista metteva un po’ di soggezione, mi guardava con i suoi occhi azzurri e freddi e se provavo a fare domande rispondeva bruscamente “Tu non parlare, tu fare!"

Ricordo quelle sere con tanta emozione perché senza sapere niente di teatro mi trovai proiettata in un mondo dove tutto poteva essere e dove riponevo ogni mio pensiero, non esistevo più, io dovevo fare e basta. Così è iniziato il mio amore per il teatro, tante persone sono passate dalla mia vita, tante scuole di teatro, tanti spettacoli, tanti teatri, alcuni bellissimi, altri freddi e sporchi. A volte ci portavamo una stufa dietro perché si moriva di freddo a spogliarsi nei camerini… ma quando si alzava il sipario anche il teatro più schifoso e scalcinato cambiava volto e diventava la nostra casa accogliente.”

Questa è la storia di questa ragazza, che ormai ragazza non è più, ha conosciuto e si è sposata con Riccardo, insieme hanno una compagnia. Credo questa sia la storia di molte persone che coltivano i propri sogni come una cosa molto rara e delicata.

Lei non sarà mai una attrice ma solo una persona che ama il teatro, cioè una “amatoriale”. Nella vita “vera” fa la cassiera in banca e tante storie, tanti spettacoli sono nati proprio dal suo lavoro che offre infiniti spunti e situazioni da rivivere in teatro. Perché in fondo cosa è il teatro se non lo specchio della vita?

Non disprezziamo chi non fa il teatro per professione, a volte il destino e il caso scelgono diversamente.

Chi dedica il proprio tempo libero e ogni energia al teatro è semplicemente una persona che ha una passione e di questi tempi c’è tanto bisogno di passioni e motivi grandi per rendere il mondo migliore.

FRANCESCA PALLI

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