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Ricercatori fiorentini trovano nel Sahara l'antenato del coccodrillo americano

Pubblicata su Scientific Reports la relazione. Nel gruppo di lavoro c'è anche l'Università di Firenze

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Lorenzo Rock dell'Università di Firenze nel Sahara Lorenzo Rock dell'Università di Firenze nel Sahara © Met
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La ricostruzione in 3D dei resti del cranio di un coccodrillo, ritrovato ad As Sahabi (Libia) e conservato per quasi un secolo presso il Museo Universitario di Scienze della Terra (DEVE) Università della Sapienza di Roma, ha permesso di individuare nel rettile sahariano l' antenato degli attuali coccodrilli americani.
I risultati dello studio, sviluppato da Massimo Delfino dell'Università di Torino in collaborazione con l'Università di Firenze e altri utenti italiani, sono stati pubblicati sulla rivista Rapporti scientifici, utilizzati da ripercorrere milioni di anni di storia evolutiva.

Dopo una lunga traversata dell'Oceano Atlantico, l'esploratore scorge in lontananza la terra ferma, un continente fino a quel momento sconosciuto, dove presto però sarebbe stata scritta una nuova storia. Sembra la narrazione dell'approdo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo circa 500 anni fa, eppure si tratta di quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista Rapporti scientifici grazie a quale viene ricostruito un tassello della storia evolutiva dei coccodrilli. È possibile infatti che alcuni esemplari di coccodrilli siano partiti circa 7 milioni di anni fa dal Nord Africa, e abbiano verosimilmente attraversato l'Oceano Atlantico per arrivare nelle coste del Sud America, dove si sono adattati e diversificati fino alle specie di Crocodylus, che ancora oggi abitano il continente americano.
La ricerca colloca il reperto africano del Miocene, identificato come Crocodylus checchiai, alla base dell'originale evolutivo dei coccodrilli americani.

Il lavoro, sviluppato da Massimo Delfino dell'Università di Torino e coordinato da Raffaele Sardella, Direttore del Museo Universitario di Scienze della Terra (DEVE) della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con l'Università di Firenze, ha permesso di ricostruire in 3D i cinque crani fossili ritrovati agli inizi degli anni '30 nel corso di una spedizione scientifica in Libia, in una località del Sahara settentrionale chiamata Come Sahabi. Il fossile studiato è stato conservato nelle collezioni del museo romano per quasi un secolo.

“L'esemplare di Crocodylus checchiai - spiega Raffaele Sardella - è il cranio meglio conservato di questa specie vissuta nel Miocene, oltre 7 milioni di anni fa, in Africa, quando il Sahara era un territorio molto diverso da come appare oggi, popolato da grandi mammiferi e ricco di corsi d'acqua ”.
"Abbiamo visto che il coccodrillo di As Sahabi condivide con le specie americane numerose particolarità anatomiche" - commenta Massimo Delfino, del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino. “Ma non solo, abbiamo confrontato, grazie a specifici software, i dati protetti con le caratteristiche anatomiche di altre specie sia esistenti che fossili con lo scopo di svolgere una analisi filogenetica che ha chiarito che questa specie è presente una sorta di anello di congiunzione fra le specie africane e quelle americane ”.
“Il nostro è un risultato di estrema importanza - afferma Lorenzo Rook dell'Università di Firenze - che valorizza le collezioni storiche di un giacimento paleontologico unico per la comprensione dei popolamenti faunistici dell'area circum-mediterranea alla fine del Miocene”.

Attraverso l'uso di scansioni tomografiche gli utenti hanno ottenuto le immagini 3D sia all'interno, sia dell'esterno del cranio. Le dimensioni della testa hanno permesso di stabilire che il coccodrillo fosse di età adulta e lungo poco più di 3 metri.
“Usa di queste tecnologie - aggiunge Dawid A. Iurino, ricercatore del team che ha elaborato il TAC, pubblicato sul cranio libico, ora all'Università di Perugia - apre grandi prospettive nel campo della ricerca paleontologica e utilizza di parametri elementi altrimenti impossibili da osservare”.

I risultati dello studio trovano infatti confermato anche da un punto di vista cronologico. Nel Nuovo Mondo infatti, i fossili più antichi di Crocodylus risalgono all'inizio del Pliocene (5 milioni di anni fa) risultando ben più recenti della specie studiata. è quindi possibile che durante il Miocene alcuni esemplari di C. checchiai (o una forma affine e ancora sconosciuta) abbiano attraversato l'Oceano Atlantico approdando sulle coste del sud America.
L'attraversamento di un così ampio tratto di mare, che nel Miocene era comunque più breve di oggi, potrebbe apparire sorprendente, ma tra i coccodrilli sono presenti specie in grado di tollerare l'elevata salinità dell'acqua marina e di attraversare ampi tratti di mare aperto sfruttando le correnti di superficie. Studi con tracciamento satellitare condotti su alcuni esemplari di coccodrillo marino australiano (Crocodylus porosus), hanno rivelato come, sfruttando le correnti, questi rettili sono stati registrati in diversi giorni oltre 500 km in mare aperto.
I risultati dello studio rappresentano un Importante contributo per ricostruire la storia evolutiva e la paleobiogeografia dei coccodrilli, ovvero le modalità e i tempi con i quali questi rettili hanno colonizzato i continenti diversificazione raggiungendo la loro attuale distribuzione geografica.

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