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Riflessione sulla Resistenza. Alfredo Altieri per OK!Mugello

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Festa della Liberazione - Resistenza nazifascista Festa della Liberazione - Resistenza nazifascista © sokolskij on Visualhunt.com / CC BY-NC-SA
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Il tributo della Toscana, per il numero degli eccidi subiti e dei suoi cittadini che ne furono vittime innocenti, è pesantissimo e sono innumerevoli i paesi, i borghi e le frazioni colpiti dai crimini contro l'umanità perpetrati dai nazifascisti.

Le ferite, anche a distanza di settantacinque anni continuano a sanguinare perché spesso, anche dopo la Liberazione i colpevoli non sono stati puniti e i tribunali hanno preferito assolvere o peggio non condannare, magari per insufficienza di prove, o perché si è accettata la tesi che molti si limitassero a eseguire ordini superiori. L'amnistia, per coloro che avevano avuto responsabilità nel regime repubblichino, concepita nello spirito di pacificazione degli animi, fu applicata in larga misura, fino a passar sopra anche ad alcuni crimini che venivano gabellati per fatti di guerra.

Non si doveva permettere nel dopo-Liberazione, che la colpa dei crimini compiuti deliberatamente dai nazifascisti senza nessuna umanità, potesse, poi, attraverso un processo di metamorfosi della memoria, gettare ombre anche dove non esistevano. Forse anche perché, non è stato evidenziato abbastanza che i boia nazifascisti non avevano nessun diritto e nessuna giustificazione di straziare donne, bambini e vecchi innocenti, presentando questi crimini come reazione alle azioni di guerra partigiane, questa era un cinica e infame menzogna, poiché le stragi rientravano in una precisa strategia, lucidamente elaborata e spietatamente messa in pratica.

Infatti, le azioni di guerra partigiana erano colte dai tedeschi come pretesto e come copertura alle loro infamie e per cercare di creare fratture profonde tra le popolazioni e il movimento partigiano. Le stragi, gli eccidi e le rappresaglie avevano lo scopo di preparare il terreno per l'arretramento delle truppe impegnate sulla linea del fronte ed evitare loro qualsiasi ostacolo allo svolgimento delle manovre. Ma tutto quello che veniva inflitto alle popolazioni inermi conferma un fatto essenziale e cioè che partigiani e civili erano un tutt'uno, uniti nella lotta contro il nemico invasore, protagonisti tutti, seppure in forme diverse, di una guerra patriottica per la liberazione del Paese.

Tutto questo non sempre è stato detto e scritto con la necessaria chiarezza, dando adito a furiosi attacchi mirati ora a negare la verità sull'Olocausto o, nel caso italiano, a minimizzare le responsabilità dei fascisti e dei repubblichini nelle persecuzioni razziali e nei rastrellamenti degli ebrei, oppure ridicolizzando l'apporto militare della Resistenza al conseguimento della vittoria sui nazifascisti. È vero, anche, che nel tempo un certo conformismo celebrativo ha assopito un dibattito che avrebbe dovuto essere più ampio e divulgativo e che tanti guai a prodotto soprattutto nei giovani, spesso non in grado di filtrare informazioni distorte e fuorvianti che riguardavano la Resistenza e la Liberazione.

Come tutte le storie degli uomini, anche fra i partigiani ci fu chi commise degli errori, anche molto gravi: ma la storia non può essere cancellata o manipolata, perché in quegli anni è avvenuto un fatto nuovo e straordinario per qualità e per dimensioni. Le classi meno privilegiate, gli operai e i contadini, accanto agli intellettuali, hanno affrontato la morte con una dignità morale, con un bisogno di giustizia e di pace, con una speranza nel futuro che venivano dal confronto quotidiano tra coscienza e oppressione, tra i principi elementari della fraternità che non conosce frontiere e la legge corruttrice del dominio dell'uomo sull'uomo.

ALFREDO ALTIERI


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