OK!Mugello

Ronta e gli 'scalpellini'. Una tradizione con radici nel 1300

Ecco perché, e l'interessante scoperta storica di Alfredo Altieri

Abbonati subito
  • 1079
Scalpellini di Ronta (vedi didascalia nel testo) Scalpellini di Ronta (vedi didascalia nel testo) © Alfredo Altieri
Font +:
Stampa Commenta

Nella prima metà del Novecento il lavoro dello scalpellino in Mugello contava numerosi addetti, ma in alcune zone questa forza lavoro era quasi alla pari con quella contadina. Ronta (frazione di Borgo San Lorenzo) ne è un esempio.

In questo paese mugellano i maestri scalpellini erano molti e molto richiesti per la loro valenza, e in determinati periodi dell'anno si assentavano dal paese anche per lunghi periodi. E non solo per lavorare in Toscana e in Italia, la loro opera era ricercata anche in Francia, Svizzera, Germania non come comune manovalanza, ma su esplicita richiesta in quanto depositari di quest'arte, o se vogliamo di questo particolare mestiere.

Va sottolineato come la pietra serena del luogo fosse di ottima qualità, adatta per molte applicazioni lapidee e idonea a tante realtà edilizie e per questo motivo molti dei palazzi, delle case e delle chiese di Firenze hanno usufruito, nel tempo, della pietra e delle maestranze rontesi. I lavori affidati a questo artigiano erano i più vari: pavimentazioni di strade e piazze, portali, colonne e angoli dei palazzi per ingentilire le abitazioni, camini e lapidi in pietra e altro ancora.

A Ronta, restano di questi artisti-artigiani due splendide opere, sono due tabernacoli in pietra serena uno, seicentesco, che racchiude l'immagine miracolosa dell'Oratorio della Madonna dei Tre Fiumi; l'altro nella sagrestia della chiesa di San Michele a Ronta dello stesso periodo.

Mi sono sempre chiesto come e perché in questo piccolo paese avesse preso piede e si fosse sviluppata questo tipo di attività, ossia l'estrazione e la lavorazione della pietra, che non poteva essere legata solamente al fatto di avere la materia prima, le cave, a portata di mano. Alla domanda fa riscontro una risposta curiosa, imprevedibile e storicamente molto lontana.

Nel 1351, dopo che la fortezza di Pulicciano aveva resistito eroicamente all'attacco di Giovanni d'Alessio detto l'Oleggio al soldo dei Visconti in guerra contro il Comune fiorentino si provvide, due anni più tardi, al riordino e al rafforzamento delle fortificazioni del castello. A tale scopo venne fatta una specie di società con più imprenditori che erano Simone della Scarperia, Albertino di Franco da Como e Bartolo di Lorenzo di Ronta, tutti maestri di pietra. Sappiamo che i lavori per il nuovo cassero, la riparazione della cisterna e altri interventi atti alla difesa si rivelarono molto complicati; nacquero degli attriti fra i componenti la società per una serie di ragioni e alla fine la società fu sciolta.

Perché questo breve episodio storico è importante? Perché il nome di Albertino di Franco da Como suscitò in me molta sorpresa; indicava come l'uomo provenisse dal luogo dove trassero origine i maestri comacini, operanti già nel VIII secolo. Essi erano costruttori, muratori, scalpellini raggruppati in corporazioni, che contribuirono alla diffusione dell'arte romanica in Italia e in Europa.

Fortuna ha voluto, poi, che rovistando nell'Archivio di Stato di Firenze, tra i Protocolli del notaio Ser Ottaviano della Casa, che vanno dal 1322 al 1357, fra le tante notizie riportate ho trovato scritto che Pietro di Tura e Nuto di Meglio entrambi di Ronta erano due valenti scalpellini e che Martino di Mazzeo e tal Benino che abitavano in paese dal 1328, erano entrambi maestri scalpellini che provenivano da Como e qui si erano accasati.

Ecco svelato il quesito: gli scalpellini rontesi erano stati avviati a questo particolare lavoro, nientemeno che dai famosissimi maestri comacini a conferma, che nella storia degli uomini quasi nulla è dovuto al caso.

Alfredo Altieri

Nella foto: Lavori in una cava di Ronta all'incirca alla metà del Novecento: si riconoscono a sinistra Costantino Ferri detto il Bello e a destra Ferdinando Cinti detto Stroncapali (foto Ferri)

Lascia un commento
stai rispondendo a