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L'uomo con le Cinque Medaglie. La storia del mugellano Flavio Masi

Fu lui, rientrato dall'Africa, a portare per la prima volta il dattero a Palazzuolo

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Flavio Masi (1893-1996) festeggia, a Riolo Terme, il suo centesimo compleanno. Lo affiancano i nipoti Mario Poli (1934-2010) e Angiolo (1943) Flavio Masi (1893-1996) festeggia, a Riolo Terme, il suo centesimo compleanno. Lo affiancano i nipoti Mario Poli (1934-2010) e Angiolo (1943) © OK!Mugello
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C'era un uomo che, sulla giacca della festa, portava appuntate cinque medaglie. Erano le medaglie guadagnate dal palazzuolese Flavio Masi durante l'arco di una vita fra una guerra e l'altra che era stato chiamato a combattere, un po' per fame e un po' per sacro dovere.

La prima guerra combattuta l'aveva fatta, appunto, per fame e l'avevano mandato in Libia, “volontario” data l’età, a combattere gli ottomani che occupavano quello scatolone di sabbia. La storia, ingrata, non sottolineerà che egli ebbe il merito di introdurre la consumazione del dattero in quel di Palazzuolo (frutto che egli portò con se dentro lo zaino). Forse reputerà trascurabile questa innovazione alimentare per l'Appennino, ma sapere perche' mangiamo quel frutto esotico non mi sembra meno dolce del suo sapore.

La seconda e la terza medaglia le aveva guadagnate nella Grande Guerra, durante la resistenza nell'isola che verrà chiamata col sinistro nome "dei morti" perche' la piena del Piave in quel luogo riversò i corpi dei caduti per la difesa dei sacri confini.

In quel lembo di terra lui, insieme a un manipolo di disgraziati, diventarono l'avamposto più orientale della difesa della linea del Piave e in quel cumulo di terra l'Osteria dei fratelli Zianin dove erano asserragliati, il cuneo italiano in terra straniera. Resistettero tre giorni, poi li andarono a prendere con un autoblindo e, come licenza, una notte con la famosa "Bella Rosin" sosia, si diceva, della bella attrice Francesca Bertini.

La quarta medaglia in Africa orientale. Suo vanto quello di essere entrato ad Addis Abeba al seguito di Graziani ... il giorno dopo ad Impero già fondato. La sua colonna si era persa nelle colline abissine. Infine la medaglia della resistenza. Più che per resistenza al nazista, per resistenza all'ingiustizia che aveva colpito lui, così tante volte chiamato dalla Patria, togliendogli la pace del desco familiare. Per rabbia salì sui monti e ci rimase ben oltre il 25 aprile, convinto che non sarebbero bastati gli alleati a portare la tanto sospirata pace, ma che sarebbe servito un più determinate aiuto da parte degli italiani. Beata illusione.

Sostanzialmente pigro si sposò con una donna che già aveva una figlia, cosa che lo esentò dal generane una sua, anche se questa un triste giorno decise di togliersi la vita. Con la senilità decise di dover avere qualche acciacco e comprò un bastone bianco asserendo di essere cieco anche se era risaputo che chiunque avesse perso un ago in un pagliaio avrebbe chiamato lui per ritrovarlo. Troppo vitale per essere vecchio decise di morire ben oltre i cento anni, convinto che la vecchiaia fosse una cosa che non faceva per lui. E che quella dei vecchi fosse una categoria alla quale non aveva mai sentito di appartenere veramente

Gianfranco Poli

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