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Storie di violenze e crimini dal Mugello del 1300

Due aneddoti e due storie raccontate a OK!Mugello da Alfredo Altieri

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Medioevo Medioevo © Alex Yomare
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La storiografia medievale di “casa nostra” si è focalizzata soprattutto sulle contrapposizioni e sulle lotte per il potere politico nella città di Firenze nel corso del tempo tra guelfi e ghibellini, dove, violenze e sopraffazioni erano all'ordine del giorno. È nota la scintilla finale che fece esplodere la lotta fra le due fazioni a Firenze, quando, nella notte del Calendimaggio del 1300, un giovane rampollo dei Donati tagliò in pubblico il naso a un altrettanto giovane della famiglia dei Cerchi e l'odio si tramutò in lotta politica senza quartiere.

Ma anche nel Mugello del Trecento, che spesso viene raffigurato come una pacifica oasi contadina, non era immune da violenze, soprusi e soverchierie. Riporto due fatti che ho tratto dal “Diplomatico” dell'Archivio di Stato di Firenze.

Nel gennaio del 1301 il giudice Lapo di Nozzo da Borgo San Lorenzo fu accusato da Tebaldo di messer della Casa del suo diretto coinvolgimento in un grave fatto criminoso. Messer Lapo insieme al fratello Dolcino, a messer Bandino di Guezzo e Covone di Ser Giacomino tutti di Borgo San Lorenzo furono incolpati di aver fatto irruzione nel Palazzo Comunale, dove dimoravano gli avvocati della Repubblica Fiorentina minacciandoli di morte e prendendoli in giro con male parole.

Messer Lapo, in particolare, si era scagliato violentemente contro Donato degli Arrigucci, che aveva afferrato per la camicia, strattonandolo e colpendolo ripetutamente con schiaffi e pugni con la minaccia: “Faccio dono a Dio di amputarti il naso, datemi un coltello perché voglio tagliarli il naso...”. Il proposito criminale fortunatamente non ebbe seguito perché fu fermato in tempo dai presenti. Lapo di Nozzo fu arrestato, processato e condannato a pagar 100 lire di multa.

Un altro episodio luttuoso avvenne il 15 maggio 1344 nei pressi di Vicchio e il giudice fiorentino messer Filippo, dopo aver esaminato l'accusa di omicidio inoltrata dal figlio di Buto di Guido da Aglioni, che incolpava Ugolino di Puccio e Puccio di Pero entrambi del comune di Vespignano e Giovanni e Guido di Cenni del popolo di San Pietro a Vezzano, di avergli ucciso il padre Ser Buto, furono condannati.

Il documento ci dice come i quattro uomini insieme ad altri complici rimasti ignoti, con alla testa Ugolino di Puccio tutti armati con lance, spade e coltelli, avevano assalito violentemente Ser Buto uccidendolo. Il giudice viste le prove schiaccianti e ascoltate le corrette testimonianze, condannò i quattro assassini in contumacia con la condanna a morte per decapitazione e alla distruzione e appropriazione dei loro beni.

Sedici anni dopo, il 9 novembre 1360, con atto rogato dal notaio Ser Pistorese di Gianni da Molezzano del popolo di San Bartolo a Molezzano, il figlio di Ser Buto, Benvenuto, si riappacificò con Guido del fu Cenni del popolo di Santa Maria a Vezzano e si scambiarono l'Opuscolus Pacis.

In questo caso un lieto fine anche se a distanza di anni, sancito da una Carta della Pace.

Alfredo Altieri

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