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OK!BIO: Dalla Regola di San Benedetto alle Bio Abbazie

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OK!BIO: Dalla Regola di San Benedetto alle Bio Abbazie OK!BIO: Dalla Regola di San Benedetto alle Bio Abbazie © n.c.
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Qualche anno fa, era il 2015, Papa Francesco diffuse l’enciclica “Laudato Sì”, dedicata alla cura della casa comune, del Creato, ovvero della natura e dell’ambiente in cui viviamo, la cui tutela emerge come sempre più urgente, visti i cambiamenti climatici incombenti, che mettono a rischio l’abitabilità di ampie aree del nostro pianeta, provocando migrazioni e problemi per l’agricoltura e la produzione del cibo. Un pianeta che abbiamo ricevuto in prestito e che dobbiamo riconsegnare alle generazioni future.

Molti sono stati i commenti favorevoli all'Enciclica e le Edizioni Paoline a suo tempo la distribuirono con Famiglia Cristiana in un'edizione contenente una “Guida alla lettura” scritta da Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food, dichiaratamente “non credente”. La cura della casa comune é dovere e interesse di tutti: richiede l'intelligenza, la dedizione e la passione di ognuno di noi.

Siamo tutti coinvolti nel fallimento dei modelli economici e sociali che ci hanno accompagnato nel secolo appena trascorso ed è necessario recuperare i valori più alti per ricreare fiducia nel futuro. Un futuro che dovrà essere più sobrio e conviviale, più solare e sostenibile. Ecco perché la scelta esplicita di “difendere il creato” diventa motivo di rinnovato interesse. Anche perché una cultura senza religione, e una religione senza cultura, elide la “sete e la fame di giustizia” di una comunità, favorendo il radicamento di comportamenti cinici e disperati, come ci ricorda il teologo Vito Mancuso. La religione è una questione che ci impegna tutti, a prescindere dalla nostra scelta di fede, dal credere, o non credere, in un Dio. Albert Einstein alla domanda “Qual'é il significato della vita umana o di quella, in genere, di ogni creatura?” rispondeva affermando che cercare una risposta a tale quesito significa essere religiosi.

La lettera pastorale del Pontefice richiama San Francesco, di cui ha assunto il nome e il cui cantico dà il titolo all'Enciclica e la introduce «Laudato si, mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».

Se il Santo di Assisi è noto per il “Cantico delle creature” e il suo amore verso tutte le manifestazioni di vita (tutti ricorderete la predica agli uccelli o l'episodio del “lupo di Gubbio” che terrorizzava gli abitanti e fu ammansito dal Santo, tanto che “frate lupo vivette due anni in Agobio; ed entrava dimesticamente per le case, a uscio a uscio, sanza fare male a persona e sanza esserne fatto a lui; e fu nutricato cortesemente dalla gente”), non mancano nella storia della Chiesa altri esempi di Santi che hanno lasciato la loro testimonianza di attenzione e rispetto per la natura. Uno di questi è sicuramente San Benedetto da Norcia (Norcia 480 circa - Montecassino, 21 marzo 547) fondatore dell’ordine dei Benedettini e precursore di San Francesco, che nacque successivamente, nell'anno 1181.

I monasteri benedettini sono stati centri spirituali, culturali ed economici fin dalla fondazione, attorno al 529, del cenobio di Montecassino a opera di San Benedetto. La Regola benedettina ha stabilito l'autonomia di ogni monastero e il suo legame con il territorio in cui è insediato, così da prevedere una crescita e un progresso comuni, del convento e della regione circostante. Il motto “Ora et labora” (prega e lavora) sottolinea l'importanza che i Benedettini attribuiscono, oltre che alla vita contemplativa, anche al lavoro manuale. San Benedetto ha proposto uno stile di vita che incoraggia i monaci a rinunciare alle cose superflue e a accontentarsi di quello che il territorio nel quale vivono può offrire. L'agricoltura e l'artigianato godono della massima attenzione per garantire l'autosufficienza, ovvero l'indipendenza economica del Monastero.

Il Monastero di Plankstetten (D), seguendo la Regola benedettina e scegliendo di “Ritornare alle origini”, ha deciso di convertirsi ai metodi dell'agricoltura biologica, tanto da essere oggi conosciuto come la “Bio Abbazia”. 

Il Monastero è situato nel comune di Berching, al centro della Baviera, a circa 30 km da Norimberga, inserito in un territorio rurale che sta cercando un suo percorso di crescita sostenibile. Nell'Abbazia la produzione agricola (in prevalenza coltivazione di luppolo e cereali, che alimentano la produzione di un'ottima birra artigianale) è certificata secondo le regole dell'agricoltura biologica, così come l'allevamento del bestiame. Sono stati creati dai monaci un hotel, un ristorante, un forno per la preparazione del pane e della pasticceria, un laboratorio per la lavorazione della carne, oltre a un vero e proprio supermercato biologico, che serve il territorio e contribuisce alla valorizzazione dei prodotti della regione. Un vero e proprio villaggio autosufficiente, in cui non manca una fornita libreria con testi antichi, che offre ospitalità ai molti visitatori che stanno iniziando a frequentare il territorio, attirati dai percorsi ciclabili o dalla possibilità di tour nei corsi d’acqua del canale Meno-Danubio (aperto nel 1992). L'Abbazia è così ritornata a essere motore di sviluppo spirituale, culturale e anche economico per il territorio, seguendo le regole dell'agricoltura biologica. Il Monastero Plankstetten offre, attraverso il funzionamento del suo modello produttivo - economico, la dimostrazione che i cicli ecologici della produzione agricola e forestale, trasformazione e consumo dei prodotti, possono raggiungere la piena sostenibilità attraverso l'agricoltura biologica.

Aggiungo ancora una nota su questo interessante esempio di Monastero: nella cantina dei vini biologici, che sta sotto al supermercato, assieme ai vini della regione anche quelli dei monaci del Monte Athos, distanti sul riconoscimento del primato del Vescovo di Roma, ma sicuramente vicini nella cura della casa comune.

Anche in Italia non mancano esempi simili, come ad esempio il Monastero di Siloe, collocato in un angolo ancora selvaggio della Maremma toscana, dove i monaci benedettini impegnano la loro giornata lavorativa nella coltivazione, tra le tante produzioni, di peperoncini, legumi cereali e altre erbe, seguendo le regole della biodinamica. Qui non siamo in un'antica Abbazia e le mura del convento sono state costruite secondo le norme della bioarchitettura.

Sul sito della Comunità si può leggere, a conferma dell'impegno per l'ambiente: “La Comunità di Siloe e il Centro Culturale San Benedetto hanno aderito ad una rete di centri per l'etica ambientale. Con la stesura di una “Carta di Intenti” si condivide l'esigenza di una azione congiunta, tesa a favorire, sostenere e promuovere la transizione ad una nuova modalità di presenza dell'uomo sul pianeta. Lo scopo è insomma la crescita di un nuovo umanesimo ecologico, che intrecci la custodia dell'ambiente con quella delle relazioni interumane e con un'attenzione forte per le generazioni future”.

Torneremo a raccontarvi di altri Monasteri e di altre esperienze, in Italia e all'estero e chiudiamo con le parole di Papa Francesco che nella sua Enciclica, riferendosi alla Terra dice: “Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla … Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.

 

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