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Il terremoto in Mugello. Racconti dal diario di Enrichetta Cecchini (e non solo)

Terza parte. Racconti da Rupecanina e Vespignano

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Il terremoto in Mugello. Racconti dal diario di Enrichetta Cecchini (e non solo) Il terremoto in Mugello. Racconti dal diario di Enrichetta Cecchini (e non solo) © n.c.
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Mentre nel Mugello, dopo il tremendo terremoto del 29 giugno 1919, l’opera di soccorso era in piena efficienza, grazie anche alla Croce Rossa Italiana, alla Fratellanza Militare, alle Confraternite di Misericordia oltre ai reparti della Sanità Militare (l’ospedale del Mugello a Luco fu il centro dei ricoveri da tutto il territorio), da sotto le macerie degli abitati ma più che altro dai casolari alpestri si contavano i morti e i dispersi che furono, secondo le stime ufficiali quasi trecento. Una catastrofe nella catastrofe visto e considerato che proprio il 1919, dopo la fine dell’altrettanto catastrofica Grande Guerra nel 1918 e non per ultimo la febbre spagnola che causò migliaia e migliaia di morti (nel Mugello quasi duecento), fu l’anno di una grave crisi sociale con una disoccupazione che raggiunse il massimo storico con i primi fermenti massimalisti e le prime rivendicazioni salariali che sfociarono in scontri fra opposte fazioni politiche con fatti ed episodi, accaduti sul territorio mugellano, luttuosi e dolorosi. Tornando a questo evento naturale che cambiò anche il modo di vivere in certi usi e costumi, terminiamo questo cappello iniziale pubblicando alcuni passi del diario manoscritto di Enrichetta Cecchini, (“Ricordi e Ricerche del terremoto del 1919”), la cui famiglia abitava - ed abita ancora - in un bel casolare a Malnome sopra la Chiesa di Rupecanina nel comune di Vicchio di Mugello. Ecco alcuni passi: “ - …. ricordo che Egidio in mezzo a quel polverone, cercò la via di casa ma vicino alla cantonata scorse i calcinacci celesti dal salottino ( la parete esterna era parzialmente crollata), ne raccattò qualcuno per giocare, dopo qualche attimo sentì le grida disperate della mamma che lo chiamava, l’aria si era fatta scura per il rovinio e in quella scarsa visibilità la raggiunse e la prese per il vestito; “sono qui mamma”. Della numerosa famiglia patriarcale, quel pomeriggio erano rimaste a casa solo la mamma e le zie Marianna ed Assunta. La mamma e la zia Marianna ancora convalescenti per la febbre spagnola andarono a riposarsi nella stessa stanza e, dopo aver pregato più del solito per lo scampato pericolo, messa al posto d’onore l’immagine di sant’Egidio, protettore dei terremotati, vestito con la tunica romana, alzava un vessillo dove c’era scritto “oggi” e calpestava un corvo che gracchiava “domani”, e in lontananza si vedevano edifici crollati. La zia Marianna prese il giornale e disse alla mamma “senti padre Alfani dice…” Non disse più nulla perché tutto sembrò schiantarsi.La zia Asssunta dopo il rosario e le raccomandazioni a Sant’Egidio, si sedette al focolare ovviamente spento per finire la lettura di un libro, cercava di far presto perché la zia Marianna lo “voleva rileggere”. Si trattava del “il sepolto del Monte San Michele” non ho visto il libro, non conosco l’autore però le mie zie mi avevano raccontato la trama. Dunque leggeva ma il sonno la colse sulle ultime pagine , fu svegliata da uno scatenio infernale e dal profondo del Medio Evo, un sasso enorme le sfiorò la testa e riempì il focolare. Un macigno come questo faceva restare di stucco a pensare con quanta fatica era stato portato a quell’altezza. Da bande opposte alla casa, le tre donne si ritrovarono in cima alle scale e riuscirono a raggiungere la Piazzola, passando sopra le rovine delle scale ( perché la parte interna della casa subì pochi guasti, ma le pareti esterne rovinarono in diversi punti).La visibilità era quasi zero e in quell’oscurità irrespirabile, la mamma con tanta angoscia chiamava il bambino, che fortunatamente era vicinissimo ed incolume come abbiamo visto. In quella tragedia, gli eroi di Malnome furono la zia Assunta e il babbo, che incuranti del pericolo tornarono molte volte in quel bailame, per portare in salvo almeno l’indispensabile. Fecero questo lavoro anche per le altre famiglie, perché il terrore paralizzava le persone. Il Padre (Luigi Cecchini) e sua moglie Angiola Assirelli mi dicevano:” quella robicciola che abbiamo ce la portata fuorti loro due”, Molto bene descriveva la situazione lo zio Tonio: “ Voi che siete venuti dopo non potete capire. Noi s’è visto la fine del mondo”. Proprio in questi ultimi giorni ci giunge una testimonianza dagli amici Luciano e Francesco Tarchi il cui padre aveva pochi mesi di vita durante il terremoto, ecco i loro ricorodi di famiglia. “ - Siamo tutti figli di un miracolo. Il miracolo della vita. L’amore fra due persone e la volontà di Dio, si fondono, dando origine ad una nuova vita. Un fatto importante per la nostra famiglia. Il 29 giugno 1919 il grande terremoto che si abbattè sul Mugello, fece crollare parte del tetto della casa nelle campagne di Vicchio di Mugello, a “Il Piano” - Vespignano, dove viveva mio padre, Attilio Tarchi, che aveva quasi tre mesi di vita (nato il 2 aprile 1919). Crollò parte del tetto e, come ci raccontava la nostra nonna Rosa, lui rimase sotto ai detriti e contro ogni speranza, fu ritrovato sano e salvo coperto da due embrici che si erano incastrati a capanna, proteggendolo dai detriti che cadevano dal tetto. Purtroppo una parente di Firenze, che era venuta a trovare la giovane madre Rosa, per la paura uscì frettolosamente dalla cucina uscendo fuori dalla casa e fu travolta e tragicamente schiacciata dalla caduta della colombaia. La giovane madre (nonna Rosa) rimasta accanto al tavolo di cucina, rimase illesa e ricordando quel tragico momento, sottolineava sempre che nei bicchierini di vin santo, appena versato per l’ospite, c’era solo un poco di polvere. Quel giorno disastroso, come diceva nostro padre, “Lui era nato una seconda volta”. Noi, Luciano e Francesco Tarchi, siamo nati grazie a quel piccolo miracolo, che ha salvato il babbo Attilio da quel tremendo terremoto. Le nostre due famiglie, i nostri 4 figli, Matteo, Ilaria, Leonardo e Viola Tarchi discendono dal miracolo dell’amore ed anche da questo secondo miracolo. Con il finale del diario manoscritto della famiglia Cecchini e dei fratelli Tarchi sul terremoto del Mugello del 29 giugno 1919, nella prossima puntata ed ultima puntata, porteremo a conoscenza una storia triste, di un ragazzino di Borgo san Lorenzo che dopo tre anni di sofferenze (uno spezzone di una trave gli rovinò addosso durante il terremoto, causandogli una ferita al polmone ), morendo santamente a soli 16 anni dopo tante sofferenze. (Continua 3 ) (Archivio A.Giovannini)

 

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