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Mugello 2030. Conoscere, ricordare, comprendere il futuro. Cronaca

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2030: quale il significato di questa data, sulla quale si basa il titolo (e il contenuto) dello spettacolo informativo tenutosi ieri sera (1 marzo) al Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo? Il 2030 sarà, secondo molti esperti, il punto di non ritorno per la terra: il punto dal quale, se si proseguirà con l’odierno stile di vita consumistico e irresponsabile, sarà difficile tornare indietro per porre rimedio ai terribili danni causati al nostro pianeta. Cambiare il comodo stile di vita a cui tutti noi siamo abituati è difficile, certamente, ma comunque possibile, soprattutto grazie ad eventi come quello che ieri sera ha avuto luogo nel teatro borghigiano, il quale si è posto lo scopo di sensibilizzare, attraverso interviste, racconti, musica ed interventi teatrali, riguardo al tema delle riqualificazioni energetiche e degli adeguamenti strutturali. Lo spettacolo si è aperto con tre attori rappresentanti un vizio di cui, in merito ai temi sopra citati, molti di noi sono vittime: l’ignoranza. Partendo dalla consapevolezza di questa condizione, il pubblico si è predisposto all’ascolto. Il primo ad intervenire è stato Umberto Fedi, ambasciatore dell’Associazione Nazionale Tutela Energie Rinnovabili (Anter), la quale attraverso il suo programma educativo “Il Sole in classe”, è attiva nelle scuole per trasmettere ai bambini e ai ragazzi un atteggiamento rispettoso nei confronti dell’ambiente: l’obiettivo è quello di istruire le nuove generazioni, di modo che, nel futuro (di cui saranno le protagoniste), esse sappiano già come funzionano le rinnovabili e possano conseguentemente costruire un mondo migliore. Successivamente, sono intervenuti Paolo Omoboni, sindaco di Borgo San Lorenzo, Federico Ignesti, sindaco di Scarperia e San Piero e Davide Menetti, direttore del Banco Fiorentino, ovvero i rappresentanti di quelle istituzioni e di quei mezzi senza i quali è tecnicamente impossibile investire sulle rinnovabili: la pubblica amministrazione e le risorse finanziarie. Tutti si sono detti più che d’accordo con l’idea di compiere maggiori investimenti sulle politiche ambientali, sottolineando, a pesare dell’ovvia difficoltà di tali misure, la grande volontà che vi è nel compierle. E’ stata poi la volta dei racconti di Massimo Certini (storico e giornalista) e di Andrea Innocenti (fotografo, giornalista e, come lo ha definito il presentatore ed ideatore dello spettacolo “giramondo”). Attraverso le foto e i racconti di Massimo, è stato possibile portare alla scoperta alcuni elementi del vasto patrimonio artistico e architettonico di cui è dotata la nostra terra, il Mugello, come ad esempio la Chiesa di San Niccolò, il terzo edificio mugellano di culto cristiano. Nella parte finale del suo intervento, Massimo Certini ha sottolineato la difficoltà che vi è, purtroppo, nel valorizzare e preservare ciò che si possiede, non considerando i probabili pericoli derivanti dalla non-cura del patrimonio architettonico e la nostalgia provata da lui (e, dopo le sue parole, da tutta la sala) per la bellezza e l’integrità di cui la natura era dotata in passato, quando le giornate erano scandite esclusivamente dai ritmi naturali, invece che, come accade oggi, dai fastidiosi rumori e dagli sgradevoli odori della modernità. Andrea Innocenti, invece, ha mostrato delle foto scattate durante un suo recente viaggio in Mongolia, in cui ha immortalato le abitazioni degli abitanti di quelle terre: le yurte. La yurta è un’abitazione (dotata di tutte le comodità essenziali all’essere umano) costituita da uno scheletro di legno e da una copertura di tappeti di feltro di lana di pecora, al cui centro vi è un’apertura sul tetto che consente di far uscire il fumo del braciere. Lo spesso strato di lana di cui è rivestita tale abitazione mobile funge da isolante, riuscendo a trattenere il calore in maniera straordinaria, consentendo così, con poche quantità di legna (la quale, in Mongolia, è difficile da trovare e, di conseguenza, carissima) un riscaldamento più che sufficiente. Ovviamente, come ha simpaticamente precisato Andrea, la sua soluzione non è quella di importare il modello abitativo mongolo in Italia, ma di suggerire lo sviluppo di un’importante qualità: l’autosufficienza. Altrimenti, essendo troppo abituati alla bambagia e al lavoro già svolto, come possiamo pensare di esser in grado di poter far fronte a una possibile (ovviamente non auspicabile) problematica ambientale futura? Sono seguite poi le incantevoli esibizioni artistiche della linguista Caterina Suggelli (esperta, tra le altre cose, di comunicazione internazionale) e della scrittrice Giulia Finocchi. Caterina ci ha teneramente ricordato il significato di Memoria (dal latino “memo”, ossia “ciò che si ricorda”), perché, come affermato da lei stessa, “ogni cosa ha memoria”. Il dovere che tutti noi abbiamo verso il futuro parte dal rispetto della memoria, poiché memoria significa innanzitutto possibilità di comprensione e di crescita. Essa serve, in poche parole, a non ripetere gli stessi errori e a migliorarsi. E’ la consapevolezza di chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando e dove vorremmo andare. Una riflessione importante quella di Caterina, tanto logica quanto difficile da attuare per costruire un mondo migliore: ricordarsi degli errori del passato per non ripeterli in futuro. Giulia, invece, ci ha deliziati con brevi racconti di soluzioni alternative di costruzioni: di terra, di argilla, di canne, di paglia… Molto resistenti, a dispetto di ciò che si potrebbe inizialmente (ed erroneamente) pensare. Infatti, a 90 km da Parigi vi è una casa in paglia che è molto antica e, nonostante l’età, versa ancora in ottime condizioni: conta quasi 100 anni, essendo stata costruita nel lontano 1921! Dopo vari intervalli musicali in cui si sono esibiti i musicisti Alfredo Vestrini, Leonardo Baggiani e Nicola Genovese e le incantevoli esibizioni delle artiste di Socialisarte, sono stati poi intervistati il Professor Ario Ceccotti, l’ingegnere Mario Rossi e Giacomo Corti, rappresentante del Consiglio Nazionale delle Ricerche: tutti grandi esperti di terremoti, che, attraverso spiegazioni, video, immagini e dimostrazioni pratiche con appositi marchingegni, si sono adoperati per far comprendere al pubblico alcune nozioni base del complesso ambito della sismologia, con particolare riferimento a come si generano i terremoti e a cosa può influire sul contenimento o meno dei danni (i quali variano a seconda della tipologia di scosse in relazione al tipo struttura, in base alla morfologia del terreno…) Infine, per concludere, a quasi 100 anni dal terribile terremoto che il 29 giugno 1919 colpì il Mugello con i suoi 6.2 di magnitudo, è stata data memoria di quei terribili istanti, attraverso l’emozionante lettura ed interpretazione (ad opera degli artisti della compagnia teatrale “teatro idea”) di alcune testimonianze dell’epoca: momenti toccanti, in cui tutto il teatro ha doverosamente commemorato i dolori sofferti dai propri avi mugellani. Una serata speciale, in cui, attraverso leggerezza e serietà al tempo stesso, si è cercato di sensibilizzare su dei temi che da sempre acquisiscono maggiore importanza, perché riguardano la cosa più preziosa che abbiamo: il nostro futuro, il nostro domani. Perché, come recita la poesia di Mario Benedetti (ricordataci ieri sera da Caterina Suggelli): “ho un domani che è mio e un domani che è di tutti. Il mio termina domani, però sopravvive l’altro”. Di fatto, soprattutto per questo è necessario impegnarsi alla riconversione dei propri stili di vita: per i propri figli, per i propri nipoti, per tutte le generazioni che verranno… Per garantire loro un futuro degno da vivere. Al momento dei saluti, il principale organizzatore, ideatore e presentatore della serata (Francesco Lamporesi), ha voluto svelarci cosa gli ha fornito l’input per ideare questa iniziativa (che è anche il motivo per cui sulla locandina dell’evento è stata ritratta l'immagine di una bambina sull’altalena): un giorno, mentre era sull’altalena, Francesco si è accorto di tante cose a cui prima non prestava attenzione. Ha acquisito, sostanzialmente, un’altra prospettiva. Pertanto, a volte, collocarsi (soprattutto dal punto di vista mentale) su un’altalena, ossia porsi nella condizione di un ritorno all’infanzia, può essere utile: può aiutarci ad ascoltare e quindi ad apprendere, così come solo i bambini, nella loro consapevole ingenuità e ignoranza (nel senso, ovviamente, di non-conoscenza), sanno fare.

 

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