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Alfredo Altieri ricostruisce le vicende della Liberazione del Mugello. Per non dimenticare

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Festa della Liberazione - Resistenza nazifascista Festa della Liberazione - Resistenza nazifascista © sokolskij on Visualhunt.com / CC BY-NC-SA
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Sono rimaste poche le persone che hanno vissuto direttamente le vicende della guerra e della Liberazione. Essi ci hanno trasmesso la memoria di quei tragici fatti, unitamente al messaggio di giustizia, di libertà e di democrazia che furono difese spesso con la vita, e del loro impegno sul campo contro ogni prevaricazione, repressione e tirannia. Il rischio, reale, oggi, è quello di perdere il messaggio essenziale, perché è sempre più difficile via via che passano gli anni, “spiegare” e far “capire”, soprattutto ai giovani, che gli orrori perpetrati dal nazifascismo sono veri e documentati.

Nella convinzione che questo patrimonio di inestimabile valore, la Liberazione, abbia sempre bisogno di essere ricordata e riportare alla giusta attenzione chi ha combattuto e dato la vita per il nostro futuro, vale la pena tornare indietro nel tempo, all'estate del 1944 quando, anche i Comuni del Mugello vennero liberati, fra i quali Borgo San Lorenzo e Vicchio e farne un breve riassunto.

BORGO SAN LORENZO. La popolazione visse i tumultuosi avvenimenti seguiti al colpo di stato del 25 luglio 1943, con sollievo e gioia per la caduta dell'odiato regime, che si manifestò il giorno seguente con una grande manifestazione, nel corso della quale vennero distrutti i simboli e le scritte inneggianti al fascismo. Va detto, anche, che per prevenire vendette dei perseguitati e reprimere eventuali disordini, i carabinieri arrestarono alcuni manifestanti, anche, se, ai partiti antifascisti era stato concesso di uscire dalla clandestinità e di riprendere i contatti con le varie realtà sociali del Comune.

Sia il Partito Comunista che il Partito d'Azione erano molto attivi e la loro parola d'ordine era: resistere con ogni mezzo all'occupazione tedesca. A Borgo si costituì la Brigata Lavacchini, al comando di Donatello Donatini, che si distinse subito per la sua audacia, con un attacco ai silos del Consorzio Agrario, dove fu sottratta una grande quantità di grano frutto degli ammassi forzati.

A Ronta si organizzò un gruppo partigiano che faceva capo a Giustizia e Libertà, che prese corpo nella chiesa di Pulicciano, sotto i buoni auspici di don Bresci e la mente operativa di Fulvio Tucci e altri rontesi, che poi divenne la 2ª Brigata “Carlo Rosselli” di Giustizia e Libertà, tutta mugellana.

Per tutto l'inverno del 1944 i partigiani borghigiani effettuarono un difficile lavoro di rifornimento e di collegamento con le brigate operanti nella zona di Gattaia e Monte Giovi e nell'assistenza alle famiglie sfollate nella zona di San Cresci, dopo il terribile bombardamento alleato del 30 dicembre 1943 a Borgo, che provocò un centinaio di morti tra i civili e che aveva imposto l'evacuazione del paese. Questa attività di supporto logistico si rivelò non solo preziosa ma determinante, quando, dopo il successo dell'attacco dei partigiani al paese di Vicchio, fu necessario contrastare la dura reazione dei nazifascisti, che obbligarono le Brigate a ripiegare verso la Falterona e il Pratomagno.

Nel mese di marzo fu istituito a Borgo San Lorenzo il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), presieduto da Donatello Donatini, del quale facevano parte anche Danilo Dreoni, Luigi Niccolai, Attilio Fredducci, Antonio Comucci e Ismaello Ismaelli. Quest'ultimo “leggendario” contadino del triangolo Ronta-Panicaglia-San Giovanni, fondatore delle Leghe Bianche mugellane, che nella Guerra di Liberazione collaborò con la Brigata Carlo Rosselli che operò nel medio e alto Mugello.

Nei mesi successivi, con l'esercito alleato che avanzava lentamente, i partigiani intensificarono i loro attacchi per salvare il bestiame dalle razzie dei tedeschi in ritirata, per sottrarre il raccolto del grano alle requisizioni e compiendo vari e coraggiosi episodi di sabotaggio. Quando l'11 settembre gli Alleati arrivarono a Borgo, il Comune era sotto il controllo delle forze partigiane che, come avevano cercato di evitare le devastazioni dei tedeschi, si adoperarono per impedire le rappresaglie indiscriminate contro i fascisti rimasti in paese.

Alle elezioni amministrative del 1946 fu riconfermato il sindaco eletto dopo la Liberazione, Giuseppe Maggi.

VICCHIO. La notizia della caduta di Mussolini si diffuse subito a Vicchio ed ebbe il suo culmine quando, gli operai pendolari di ritorno da Firenze, dettero vita a un corteo improvvisato lungo il viale della stazione fino al centro abitato e alcuni antifascisti misero sul balcone del Comune la bandiera tricolore.

Purtroppo, dopo una breve speranza di pace, seguì l'occupazione nazista. La popolazione si prodigò con uno straordinario moto di solidarietà verso i soldati che avevano abbandonato le divise e gli ex prigionieri fuggiti dai campi di prigionia, fornendo vestiti, cibo e protezione.

Fu subito chiara la necessità di contrapporre risposte armate all'invasione tedesca e anche a Vicchio nacquero piccoli nuclei partigiani: uno a Villore, sotto la guida di Orlando Recati, che in seguito fu arrestato e deportato in Germania. Un altro gruppo fu organizzato a Malnome, sopra Gattaia, da Bruno Gasparrini, che nel mese di gennaio si unì ai partigiani stanziati sul Monte Morello dando vita alla formazione Checcucci.

Nei primi mesi del '44 esisteva già a Vicchio il C.L.N., dove c'era anche un rappresentante dei coloni, Ottavio Grifoni, a riprova dello stretto legame tra lotta partigiana e mondo contadino, che caratterizzò la resistenza vicchiese e mugellana.

Il 25 febbraio 1944, circa 250 contadini protestarono sotto il palazzo comunale contro le angherie dei fascisti e la manifestazione innestò una serie di azioni di sabotaggio dei partigiani; finché, il 6 marzo, ebbe luogo l'attacco e l'occupazione del centro abitato del paese da parte delle formazioni Checcucci e Faliero Pucci; un episodio importante della Resistenza, che consentì di allentare la pressione fascista sulla città di Firenze. La reazione fu immediata. Centinaia di militi della Guardia Nazionale Repubblicana giunti dalla città invasero Vicchio e molti furono gli arresti: alcuni giovani furono processati a Firenze; sette condannati a morte e cinque di questi fucilati il 22 marzo al Campo di Marte a Firenze.

Malgrado soprusi, assassinii e brutalità di ogni genere l'attività partigiana era incontenibile e godeva del totale appoggio dei contadini e nel luglio i partigiani con una azione mirata sabotarono la raccolta del grano, impedendo ai nazifascisti di approvvigionarsi. Anche questa volta la repressione fu durissima: a Padulivo fra il 10 e l'11 luglio, le SS della Goering catturarono e fucilarono 15 ostaggi.

La Liberazione di Vicchio avvenne sotto il controllo del Comitato di Liberazione Nazionale e coincise con l'offensiva degli Alleati contro la Linea Gotica nella prima decade di settembre. I danni causati al paese dalla guerra furono ingentissimi sia alle infrastrutture civili, alle abitazioni e alle maggiori testimonianze architettoniche e culturali; furono rase al suolo le due antiche torri medievali poste agli ingressi del centro abitato.

Il C.L.N. nominò la Giunta comunale che fu presieduta dal sindaco Guido Boccaletti e alle elezioni amministrative del marzo 1946 il blocco Socialcomunista ebbe 44612 voti e la DC 1312.

Chiudo con l'appello del martire polacco Julius Fucik impiccato a Berlino nel 1943, che scrisse: “Vi chiedo una sola cosa, se sopravvivete a quest'epoca, non dimenticate. Non dimenticate, né i buoni né i cattivi. Raccogliete con pazienza le testimonianze di quanti sono caduti per loro e per voi...”.

Alfredo Altieri

 

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