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Firenze ricorda la strage di via D'Amelio al giardino Caponnetto

Toccante momento di ricordo davanti alla lapide dedicata al capo del pool antimafia...

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Il ricordo della strage di via D'Amelio Il ricordo della strage di via D'Amelio © Ok?News24
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Era caldo oggi pomeriggio, come lo era quel 19 luglio 1992  a Palermo in via D'Amelio quando alle 16,58, un'autobomba esplose uccidendo il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l'agente Antonio Vullo.

L'attentato, compiuto a soli 57 giorni dalla strage di Capaci, dove perse la vita Giovanni Falcone, fu un attacco diretto al cuore dello Stato da parte della mafia che aveva dichiarato guerra alla magistratura antimafia.
Borsellino era consapevole di essere nel mirino dopo la morte dell’amico e collega Falcone. Aveva continuato il suo lavoro con determinazione, consapevole dei rischi, e pochi giorni prima dell'attentato aveva incontrato i vertici delle forze dell’ordine per accelerare le indagini su Cosa Nostra.

Il luogo dell'attentato era quello dove viveva la madre di Borsellino. L'autobomba, una Fiat 126 rubata, fu fatta esplodere da remoto mentre il magistrato si avvicinava al portone. La potenza dell'esplosione fu devastante.

La strage è al centro di uno dei più controversi e discussi depistaggi della storia giudiziaria italiana. Solo anni dopo, grazie alle rivelazioni di altri pentiti come Gaspare Spatuzza, è emersa la reale dinamica dell’attentato e il coinvolgimento di esponenti mafiosi come Totò Riina, Matteo Messina Denaro e Salvatore Biondino.

Ancora oggi restano zone d’ombra, in particolare sul movente e su eventuali complicità istituzionali: chi fornì informazioni così precise sui movimenti del giudice?
Perché la famosa agenda rossa di Borsellino, che conteneva appunti cruciali, sparì pochi minuti dopo l’attentato?

La strage di via D’Amelio è diventata un simbolo della lotta alla mafia e del coraggio di chi ha pagato con la vita il proprio impegno per la verità e la legalità.
Ogni anno, il 19 luglio, l’Italia ricorda Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. Ma il miglior modo per onorarli resta la ricerca continua della verità.

Anche a Firenze ogni anno, nei giardini dedicati non a caso proprio il 19 luglio del 2003 ad Antonino Caponnetto che quel pool antimafia ha guidato a Palermo dando un impulso decisivo all’azione giudiziaria contro Cosa Nostra negli anni Ottanta 
Per i più giovani Antonino Caponnetto che con Giovanni falcone e Paolo Borsellino leggeranno nei libri di storia come eroi civili dell'antimafia dopo il ritiro, ha fondato la Fondazione Caponnetto e ha girato l’Italia per parlare con i giovani di giustizia, legalità e coraggio.
Nel 2003, a Firenze, è stata istituita in suo onore la Scuola di formazione alla legalità. Il suo esempio resta uno dei più alti modelli morali della Repubblica Italiana.
Nello stesso anno in cui è nata la Fondazione Caponnetto con Salvatore Calleri che di Caponnetto stato un allievo è stato a lui dedicato il giardino del lungarno del Tempio dove spesso si riposava in anonimato e in cui ha portato a compimento l sua ultima inchiesta.

Ed è qui che ogni anno la Fondazione Caponnetto celebra una cerimonia laica ricordando tutti gli eroi civili della lotta alla mafia. Mafia che come hanno sottolineato Salvatore Calleri, il senatore Scalia e l'onorevole Ls Porta non è stata sconfitta ma si è trasformata.

L'obiettivo è sempre il solito di ogni 19 luglio sconfiggere le mafie e non abbassare la guardia anche se la stessa oggi non si manifesta come nel periodo delle stragi del 1992-93.

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